La settimana scorsa ho (ri)letto l’edizione aggiornata del saggio di Guido Barbujani, L’invenzione delle razze, Grandi Tascabili Bompiani, 236 pagine invece di 170, 11 euro, sconti vari in rete e spedizione pure gratis. Lo raccomando per superare indenni il prossimo 14 luglio. D’estate la morfologia altrui si vede meglio anche nelle sue variazioni stagionali. Per esempio Cecilia rientra da una settimana al mare color cioccolato fondente e sembra un’immigrata dallo Sri Lanka.
Edizione aggiornata al maggio 2018. Quante cose non si sapevano quand’era uscita la prima, 12 anni fa. Chi l’avrebbe detto che abbiamo geni di neanderthal e 8000 anni fa gli europei avevano la pelle nera?
Sugli inventori di razze – inferiori, ça va sans dire – la mia citazione preferita resta quella di Darwin:
- L’uomo è stato studiato più di qualsiasi altro animale, eppure c’è la più grande varietà di giudizi fra le persone competenti, riguardo a se possa essere classificato come una singola razza oppure due (Virey), tre (Jacquinot), quattro (Kant), cinque (Blumenbach), sei (Buffon), sette (Hunter), otto (Agassiz), undici (Pickering), quindici (Bory de St-Vincent), sedici (Desmoulin), ventidue (Horton), sessanta (Crawford) o sessantatré secondo Burke.
Le classifiche erano altrettanto assurde delle precedenti, ma le persone competenti non si sono lasciate scoraggiare. Secondo il calcolo di Molnar,
- nel XX secolo si toccano, in alcuni casi, le duecento razze.
E ciò nonostante la “monumentale opera di Renato Biasutti” che le aveva accorpate in 53.
Ho riaperto il libro perché degli IbeC segnalano i deliri di razzisti, xenofobi e invasati da Effetto Cassandra, e dei non IbeC quelli di Matteo Bordone, uno tendenza “son razzisti gli altri”, su twitter. Alcune perle:
- la razza è una variante regionale della specie.
La distingue a occhio nudo, moglie e buoi essendo rigorosamente di casa e tutti quanti stanziali dal giorno della loro comparsa sul pianeta. Anime compassionevoli tentano di spiegargli le basi. Non ci arriva.
- Uff la fatica. Tra noi e gli animali non c’è differenza, se parliamo di biologia. Ed esistono varianti regionali, popolazioni, razze di moltissimi animali.
Ci sono razze di pochi animali d’allevamento, forse li confonde con le piante commestibili. Il suo problema sono i diversi da lui che non stanno al loro posto:
- L’orgoglio afrodiscendente non può stare insieme a “non esistono le razze”. Capisci cosa intendo?
Si capisce, si capisce. Confonde l’orgoglio nero o gay con una rivendicazione di superiorità razziale, mentre è quella di diritti umani che per definizione sono di tutta la specie.
- Ho chiesto come si tenga insieme l’orgoglio delle razze con l’assenza delle razze.
Lo confonde con l’orgoglio, la difesa e a volte la nostalgia di una cultura comune. Ieri sera s’è rassegnato a usare “etnia” al posto di “razza”. Prima che combini con l’etnologia quello che ha appena combinato con altre discipline, interviene Gvdr animato da spirito didattico
E, già che ci sei, guarda che hai infilato una serie di strafalcioni di genetica, evoluzione, … da paura. Non so su che fonti ti fossi preparato alla discussione, ma fossi in te tornerei a studiare i fondamentali. Sono più che felice di suggerirti qualche titolo.
Giulio, L’invenzione delle razze. Divertente, auto-ironico, chiaro, scritto bene, pieno di piccole sorprese e con un ottimo apparato bibliografico.
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Da Climalteranti, c’è un post su clima e migrazioni di uno studente in antropologia.
A proposito delle molestie sessuali all’istituto Max Planck per l’astrofisica, Nature pubblica l’editoriale “No place for bullies in science“… wishful thinking?
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Complimenti a
- Stefano Stisi
Unit of Rheumatology, A.O. G. Rummo, Benevento
- Piercarlo Sarzi-Puttini
Unit of Rheumatology, L. Sacco University Hospital, Milan
- Maurizio Benucci
Unit of Rheumatology, Ospedale San Giovanni di Dio, Florence
- Giovanni Biasi
Unit of Rheumatology, University of Siena
- Salvatore Bellissimo
Unit of Rheumatology, A.O. G. Rummo, Benevento
- Rosella Talotta
Unit of Rheumatology, L. Sacco University Hospital, Milan
- Fabiola Atzeni
Unit of Rheumatology, L. Sacco University Hospital, Milan
per avere firmato come proprio su Reumatismo un articolo sul dolore nella sclerosi sistemica scritto in parte da altri.
Questa falsificazione di Krishna H. M. Murthy, un falsario seriale, era più grave sia per la diffusione della rivista che per i 12 anni in cui è rimasta in circolazione.