Le Oche: la crème della settimana

Cari orecchietti di radiopop,
una vera rassegna, finalmente! Oggi scegliamo le ricerche più importanti – secondo noi e i membri del comitato scientifico – uscite sulle riviste scientifiche (serie).

Contrariamente a quanto lasciavano pensare alcuni quotidiani, i topolini “nati da due padri e due madri”, in realtà sono nati tutti quanti da una madre.
Su Cell Stem Cell, genetisti cinesi spiegano di aver utilizzato cellule staminali embrionali di topoline per derivarne degli ovuli. Ad alcuni hanno tolto il nucleo con dentro i cromosomi e l’hanno sostituito con il nucleo di un altro ovulo. Nel caso dei “padri maschi”, hanno derivato ovuli e spermatozoi, e aggiunto i secondi ai primi.
Dopo la fecondazione, hanno usato la tecnica Crispr-Cas per illudere i cromosomi di essere per metà di origine maschile e per metà di origine femminile. Poi gli ovuli fecondati sono stati trapiantati nell’utero di topoline. La prole dei “due padri” non è sopravvissuta, quella delle due madri sì: sei figlie sono state fecondate naturalmente da topi maschi e hanno partorito cucciolate vitali.

(I miracoli delle cellule staminali vanno presi con le pinze. All’università Harvard vent’anni fa, Piero Anversa aveva scoperto nel midollo spinale quelle che rigeneravano i muscoli cardiaci. Peccato che avesse falsificato i dati in una trentina di articoli…)

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A proposito di paternità invece, sembra perfetto per “Considera l’armadillo” un articolo sui gorilla di montagna che, se accudiscono i piccoli, fanno molti più figli – i.e. piacciono di più alle gorilla. Statisticamente non ci piove per quelli osservati dal 1967 nella riserva del Virunga, dai collaboratori del centro di ricerca Karisoke (quello di Diane Fossey) dei quali è stata accertata la paternità con esami del DNA.
Il DNA dei gorilla, nè….

Molte ricerche aggiornano il rapporto speciale dell’IPCC “Global Warming 1.5 °C” che Stefano Caserini riassumeva a “C’è luce” venerdì scorso:

  • entro metà del secolo, gli allevamenti francesi di ostriche renderebbero il 60% in meno con un aumento della temperatura globale di 1,5° C e l’80-90% in meno con più 2 °C. Gli autori hanno macinato una quantità colossale di dati sanitari, meteorologici, fisiologici, economici, ambientali ecc., ma sono insufficienti, dicono, quindi i risultati sono soltanto orientativi.
  • La produzione di birra è destinata a calare e il prezzo ad aumentare, dice un gruppo di economisti, climatologi e agronomi coordinato da Stephen Davis in una ricerca uscita tre giorni fa su Nature Plants. Gli eventi meteorologici resi più estremi dal riscaldamento globale – siccità, ondate di calore e alluvioni – danneggeranno i raccolti di orzo, anche in Italia, mentre dovrebbero favorire la resa negli Stati Uniti. I consumi caleranno soprattutto in Cina, ma il prezzo più alto lo pagheranno gli irlandesi.
  • Nella foresta tropicale di Portorico, dal 1976 al 2014 il riscaldamento locale – già arrivato a 2° C – ha ridotto del 97% la biomassa degli artropodi, facendo declinare le specie che si nutrono di insetti (lucertole, rane, uccelli, pipistrelli…), scrivono Bradford Lister e Andres Garcia sui PNAS. Due anni fa avevano osservato un calo simile in una foresta del Messico dove la temperatura locale è aumentata di 2,4 °C.

(L’anno scorso, gli entomologi avevano misurato su 27 anni un calo del 75% della biomassa degli artropodi e, come a Portorico e in Messico, l’estinzione di parecchie specie, nelle riserve naturali della Germania. Ma la colpa è dell’agricoltura intensiva e fitofarmaci annessi.)

  • Matt Davis dell’università di Göteborg e due colleghi di Aarhus, hanno costruito una serie di modelli per simulare l’andamento dell’estinzione dei mammiferi causata dalle attività umane da 130 mila anni a questa parte. Sono basati sugli “alberi filogenetici”, quindi mostrano quanto tempo ci mette una specie a “ramificarsi” in nuove specie e la biodiversità ad aumentare. Di questo passo i mammiferi selvatici longevi e poco prolifici si estinguono entro un secolo. Per tornare alla varietà e all’abbondanza di 130 mila anni fa, ci vorrebbero dai 3 a 7 milioni di anni a condizione di conservare tutte le specie rimanenti (circa 5500).

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Che cosa si prova a essere una seppia

  • Su Nature di oggi, un gruppo coordinato da Matthias Kaschube e Gilles Laurent racconta esperimenti in neuroscienze cognitive delle seppie. Da come cambia la distribuzione dei colori sulla loro pelle – cioè dallo stato di decine di migliaia di cromatofori (h/t Bernardo) ripresi per settimane, 60 inquadrature al secondo!  – Laurent et al. deducono il loro stato d’animo, perché si comportano in un certo modo, si sentono minacciate, stanno bene e vanno a curiosare, si raggruppano o s’allontanano ecc.

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Per finire in bellezza, facciamo venire l’itterizia ad Alessandro Strumia e seguaci, rif. puntata di due settimane fa, per i quali le donne non sono portate per la fisica e l’ingegneria, mentre gli uomini… Chi ha vinto il premio da 3 milioni di dollari, per uno nuovo tipo di microscopia stocastica in tre dimensioni nanometriche più quella del tempo?

In onda al giovedì dalle 11.30 alle 12 sui 107,6 FM o in streaming o in podcast dopo.

2 commenti

  1. Piccolo refuso “cromofori” per “cromatofori”, credo.
    Saluti e apprezzamenti.

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