Cari orecchietti di radiopop,
per inaugurare il periodo natalizio, Michele Salvan e Giacomo Morelli vi invitano a riflettere sulla triste sorte del Rangifer tarandus, narrata da King Wang et al. “Summer habitat selection of reindeer (Rangifer tarandus) governs on the unprotected forest and human interface in China“, Ekològia, 2018
Pare che l’interfaccia umana si allarghi e costringa la povera bestia a ripiegare in terre sempre meno ospitali.
Rangifer tarandus pearyi del Canada, foto: Wikiwand
Le renne cinesi potrebbero trasferirsi nel circolo polare artico? Dall’Alaska alla Svezia passando dalla Groenlandia, dove l’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 e il riscaldamento globale stanno rinverdendo la tundra e la rendono più nutriente?
E forse più igienica perché crescono anche degli arbusti contro i quali strofinarsi per liberarsi dai parassiti?
All’università di Umeå, studiano le popolazioni artiche e come accrescerne la densità per il cosiddetto “rewilding”. Mangerebbero gli arbusti che assorbono calore e trattengono la coltre di neve la quale fa da isolante, mantiene il suolo più caldo, così si scioglie il permafrost, fuoriesce metano che è un gas serra a vita breve ma molto più potente della CO2.
Almeno così c’era scritto nel numero di ottobre delle Philosophical Transactions of the Royal Society B, tutto dedicato al rewilding.
Invece su Science, abbiamo letto che parecchi ecologisti sono scettici. Brucare nel circolo polare rilascerebbe più carbonio che lasciarlo così com’è. E comunque è impossibile mandarci abbastanza branchi da fare una differenza, al massimo sarebbero poche gocce “in un mare di permafrost che si squaglia”.
Allora se fem?
poscritto: Michele non si schiera, ma riassume “Reindeer grazing alter soil fungal community structure and litter decomposition related enzyme activities in boreal coniferous forests in Finnish Lapland” che suggerisce di rispettare la biodiversità e i rapporti tra licheni e funghi autoctoni prima di pensare a un rewilding.
Per inaugurare l’ultima puntata del 2018, una breve rassegna delle notizie scientifiche:
- venerdì su Science, una scoperta epocale, anche i moscerini – o meglio le moscerine – della frutta hanno una cultura e se la trasmettono per generazioni;
- sabato, la conferenza di Hong Kong si è chiusa senza una moratoria sull’uso della tecnica CRISPR per correggere il genoma di embrioni umani; e quella dei paesi firmatari della Convenzione sulla biodiversità, che si teneva al Sharm-el-Sheik, senza una moratoria sul rilascio in natura di animali geneticamente modificati – per esempio per avere una discendenza sterile, nel caso delle zanzare portatrici della malaria;
- lunedì, la pubblicazione della cattura di altre quattro onde gravitazionali causate dalla fusione di due buchi neri, da parte degli osservatori LIGO e VIRGO in quattro settimane soltanto, tra fine luglio e fine agosto dell’anno scorso. Dovrebbe mettere fine a una polemica che si trascina dall’aprile 2016;
- ieri sul Giornale il povero Antonino Zichichi ha esibito un’ignoranza stupenda delle ricerche sui cambiamenti climatici come ama fare ogni volta che c’è un vertice mondiale in materia;
- su Earth System Science Data, Corinne Le Quéré e scienziati di 54 centri di ricerca in giro per il mondo – i membri del Global Carbon Project – hanno calcolato le emissioni di CO2 tra gennaio e settembre 2018. Circa il 2,7% in più dell’anno scorso, colpa della Cina soprattutto seguita da USA e UE. Pensare che per tre anni si erano quasi stabilizzate…;
- oggi su Nature, dopo un editoriale e tre commenti sul clima e quali decisioni servirebbe prendere alla conferenza di Katowice, Luke Trusel e colleghi scrivono che da vent’anni la fusione della calotta glaciale groenlandese sta accelerando – dopo tre secoli e mezzo di stabilità.
Se sapete l’inglese, il regalo da farvi è Nature Ecology & Evolution – decisamente il mensile più appassionante pubblicato dal gruppo, il numero di dicembre è quasi tutto in open access.
A risentirci nel 2019, ogni giovedì dalle 11.30 alle 12 sui 107,6 FM o in streaming o in podcast dopo.