Le Oche nel buco nero M87… con l'Homo luzonensis

Cari orecchietti di radiopop,

sei lunghissimi articoli sono usciti sulle Astrophysical Journal Letterspresentati in altrettante conferenze stampa in giro per il mondo. Ne abbiamo letto 1,5, ma tutti i riassunti iniziali. Proviamo a riassumere.

Spiegano che dopo cinque anni di preparativi, durante 5 notti dai cieli sereni nell’aprile del 2017, coordinati da orologi atomici per essere sincronizzati al miliardesimo di miliardesimo ecc. di secondo, 8 radiotelescopi che formano l’Event Horizon Telescope, un interferometro grande quanto la Terra, hanno captato le onde emesse da un colossale buco nero. Con questi dati, 200 e passa ricercatori e l’algoritmo molto intelligente creato tre anni fa da Katie Bouman, una studentessa del Massachusetts Institute of Technology, hanno ricostruito l’immagine – e la dinamica – della sua corona di plasma, dell'”anello di fuoco” attorno all’orizzonte degli eventi di un buco nero super-massiccio. (Si dice “la prima foto di un buco nero” per semplificare, ma nella foto non si vede perché non ne esce né informazione né luce né altro segnale che si possa visualizzare.)

Ritrattino del colosso

Risultati immagini per m87 black hole
Un po’ asimmetrico per via dello spazio-tempo deformato e più rossiccio in alto a destra per via dell’effetto Doppler.

Ritratto della grande Katie Bouman nel 2017 al MIT,

Risultati immagini per Kathy Bouman MIT

l’inventrice del metodo per sviluppare la foto che avete visto su tutti i media, davanti agli hard-disk con tutti i dati del buco. Oggi al Caltech.

Il buco M87 si chiama anche Powehi (una parola hawaiana) ed è super-massiccio in senso stretto: ha una massa di circa 6,6 miliardi di volte quella del Sole. Come dice il nome, sta nel centro della galassia Messier 87 a 55 milioni di anni-luce da qui, nell’ammasso della Vergine.

In confronto Sagittarius A*, il buco super-massiccio al centro della Via Lattea, è un peso piuma: poco più di 5 milioni di masse solari. (rif. poscritto)

M87 non è una novità, era stato scoperto negli anni Sessanta e il telescopio spaziale Hubble ne tiene d’occhio i getti da quando è stato lanciato 29 anni fa. Ma è la prima volta che si vede “con i nostri occhi”, cioè quelli di Katie Bouman.

Vi raccontiamo come esultano Nature e Science, nei due articoli che ci sono piaciuti di più. Sulle riviste scientifiche si somigliano un po’ tutti, va detto: “Einstein aveva ragione!” (Ok, ma pure Karl Schwarzschild.) “La teoria della relatività generale funziona!” (Be’ sì, anche tre anni fa quando è stata annunciata la prima onda gravitazionale.)

“Out of Asia”

Dopo lo stacco musicale abbiamo un’altra notizia stre-pi-to-sa. Sono stati scoperti tre nostri cugini, due adulti e un bambino, vissuti fra 67 e 50 mila anni fa sull’isola di Luzon, nelle Filippine: l’Homo luzonensis. Da come su Nature di oggi, Florent Détroit e colleghi ne descrivono – amorevolmente – il femore, i denti, le ossa delle mani e dei piedi – somigliano un po’ all’Homo floresiensis, il piccolo “hobbit” che abitava anche lui su un’isola non molto lontana, in Indonesia.

All’epoca con i denisovani, i neanderthal e i sapiens, in Asia c’erano cinque specie Homo. Adesso siamo rimasti soli. Se rimane tempo, facciamo una breve rassegna delle bufale uscite sulle riviste scientifiche.

poscritto

Non c’è stato tempo per le bufale. Roberto Neri della collaborazione Event Horizon Telescope a Grenoble era in aereo e non poteva rispondere alle vostre domande, lo farà giovedì prossimo.

ADR: non c’è un buco nero nel nostro sistema solare e gli astrofisici stimano che il Sole sia troppo piccino per diventarne uno. Al centro della nostra galassia, Sagittarius A* è deboluccio, circa mille volte meno massiccio di Powehi. Saremo estinti molto prima che attiri in centro le stelle della nostra periferia.

In onda il giovedì dalle 11.30 alle 12 sui 107,6 FM, in streaming durante e in podcast dopo.