Cari orecchietti di radiopop,
puntata di servizio. Mentre voi preparate i cartelli e gli striscioni da portare allo sciopero per il clima, noi prepariamo un kit di autodifesa perché in questa campagna elettorale le bufale si moltiplicano come conigli mentre cani e suini sproloquiano nei giornali, e merli allocchi piccioni e polli ne cinguettano gli spropositi sui social.
Prima, una rassegna in tema della stampa scientifica:
– Su Nature di oggi, c’è la notizia che il Gruppo di lavoro sull’Antropocene – deve proporre la definizione della nuova era geologica alla Commissione internazionale per la stratigrafia – ha votato a stragrande maggioranza per farla iniziare a metà del secolo scorso, perché i segni lasciati sul pianeta dall’esplosione di bombe atomiche sono facilmente identificabili;
– ricercatori sud-coreani, giapponesi e americani confermano che le emissioni di CFC-11, un gas serra potentissimo che è vietato produrre dal 2010 perché distrugge lo strato di ozono in alta quota che protegge la fauna e la flora dai raggi ultravioletti B e C, provengono da impianti di produzione situati nel nord-est della Cina. Tra il 2014 e il 2017 sono aumentate rispetto al 2008-2012 – gli impianti sono posteriori al divieto quindi – e ora rappresentano dal 40 al 60% delle emissioni annue. Il resto viene da sistemi di refrigerazione che lo usano ancora e dovranno essere sostituiti entro il 2025.
– Ricercatori del CSIRO australiano e dell’università di Stanford in California hanno pubblicato su Nature Sustainability una proposta per abbattere del 15% il riscaldamento globale. Si tratta di catturare dall’atmosfera non la CO2 ma il metano, un gas serra più potente, dalle emissioni degli allevamenti (bovini e ovini ruttano metano) e dalle risaie. Vorrebbero aspirare l’aria con enormi ventilatori, far assorbire il metano da zeoliti (minerali arricchiti sinteticamente con altre sostanze) grandi come campi di calcio, e ossidarlo in CO2 da emettere nell’atmosfera. Costerebbe uno sproposito e sarebbe una follia, come altre “soluzioni-tampone” alle quali si oppone chiunque voglia un po’ di Climate Justice. E’ giusto investire in ricerca su ogni tipo di soluzione e siamo sicure che Pep Canadell la stia facendo perché lo preoccupano molto i danni climatici che si sono già abbattuti sul suo continente. Ma partendo da ipotesi plausibili e facendo bene i conti, per favore…
– Sui PNAS ma in open access, non serve essere abbonati, Michael Oppenheimer e colleghi hanno fatto rianalizzare a 22 esperti le proiezioni per l’innalzamento del livello del mare dei modelli valutati dall’IPCC nel rapporto del 2013 e di quelli pubblicati fino all’anno scorso. Il risultato è deprimente: la fusione dei ghiacciai conta più dell’espansione termica dei mari e, dalle osservazioni raccolte fin qui, sta accelerando.
– Su Nature Climate Change, Darrick Evensen, docente di filosofia politica all’università di Edimburgo, ha scritto un commento intitolato “I limiti retorici del movimento #FridaysForFuture”. Forse era meglio se lo teneva per sé. (p.s. non c’è stato il tempo).
– Il National Bureau of Economic Research, un istituto indipendente e bipartisan di Washington noto per la cautela – un po’ conservatore, insomma – ha pubblicato un lavoro impressionante. Va detto che le stime degli economisti non sono il massimo e in questo caso il campione non è esattamente rappresentativo (37 paesi su 195, quelli con i dati economici più affidabili e completi). Comunque stando alle stime, dal 2000 al 2017
- il riscaldamento globale è costato agli USA e alla UE almeno $4 trilioni in produzione persa e ha fatto diventare più poveri del 5% i paesi tropicali.
Ed è solo l’inizio, la situazione dei paesi poveri andrà peggiorando perché i giovani più “produttivi” faranno di tutto per emigrare.
Stacco musicale e veniamo al dunque
Se volete, potete segnalarci le bufale sul clima più frequenti o più bizzarre con una telefonata al n. 02.33.001.001 o con un sms/Telegram al n. 331.6214.013.
Così le aggiungiamo all’elenco di quelle classiche linkate alle fonti scientifiche che la smentiscono:
- “il riscaldamento globale è dovuto al Sole, ma gli scienziati non ne tengono conto” (un esempio che farà ridere i bambini: “Here comes the Sun” del credulone Umberto Minopoli che intervistava il climastrologo Nicola Scafetta sul Foglio dell’altro ieri) e “il clima è sempre cambiato”. Due mezze verità. Senza il Sole non ci sarebbe riscaldamento e tutti i modelli climatici tengono conto dell’attività solare. Dagli anni Sessanta l’attività declina, invece la velocità dei cambiamenti è aumentata di botto. Con chi si illude che nessuna attività umana modifichi l’ambiente e che “è tutto naturale”, possiamo almeno concordare sulla necessità di limitarne i danni e decidere insieme come farlo?
- “ha fatto freddo per settimane”, ma il meteo locale non equivale al clima è globale. In media ha fatto più caldo del solito, in particolare sull’Artico che si vendica spedendoci il suo freddo!
- “i modelli hanno sbagliato tutte le previsioni”. I modelli sono migliaia, nell’insieme quelli che tengono conto dell’aumento della CO2 azzeccano l’andamento delle temperature da 60 anni;
- “la temperatura media globale non aumenta più dal 1998” e “il livello del mare si abbassa” – due falsità intere;
- “la CO2 è il cibo per le piante, da quando aumenta il pianeta diventa più verde, limitare le emissioni significa ridurre l’umanità alla fame” – una mezza falsità, una verità e una falsità intera. La CO2 fa parte del cibo per le piante a condizione che abbiano acqua e nutrienti a sufficienza e che i picchi di calore non le ammazzino durante la crescita. E’ vero che la CO2 fa crescere il fogliame, però a scapito di semi, bacche, frutti, bulbi, radici. Siamo degli onnivori, non siamo evoluti per sopravvivere mangiando solo insalata – che ha bisogno di molta acqua, temperatura mite di giorno e fresca di notte.
L’altro giorno da Climalteranti, ne è arrivata una che non sentivo da trent’anni:
- Certo non depone a favore della autoproclamatasi comunità scientifica la bufala ripetuta e ribadita per più di un decennio del buco dell’ozono rivelatasi una sonora pagliacciata.
E ieri Elena ne ha ricevuta una ancora più strana:
- scusate dove ci si può informare che il CO2 causa l’effetto serra o perlomeno è fra le principali cause? Il dubbio è che essendo un gas pesante (più dell’aria almeno) dovrebbe drenare verso terra ad altezza alberi per intenderci.
Di solito la causa dell’effetto serra si insegna alle medie, no?
Le molecole di CO2 sono una minuscola frazione dell’aria (oggi 414 su un milione di molecole contenute in dato volume). L’aria non sta mai ferma, le emissioni naturali o antropiche di CO2 si mescolano subito con le molecole di azoto (78 parti su 100, non ha effetto serra), ossigeno (21% idem – in concentrazione inversamente proporzionale a quella della CO2, quindi sta calando), argon (0,9% ibidem), ossidi nitrici, metano, ozono, gas di sintesi come i CFC-11 (in tracce minime, ma alcuni dall’effetto serra molto maggiore).
E il vapore acqueo, ovviamente, un gas serra che varia tra 0 e 4%, dipende dai posti, ma dove abbonda tende a drenare verso terra altezza alberi e anche più in basso sotto forma di pioggia.
poscritto
grazie degli sms, ma c’è stato tempo solo per la domanda sulla tassa “compensazione del carbonio” dei biglietti aerei. Consigli:
– controllare che la compagnia aerea sia certificata CORSIA-ICAO, un programma monitorato dall’Associazione internazionale per il trasporto aereo. E’ pieno di problemi irrisolti, ma siccome quelle che rispettano le regole denunciano per concorrenza sleale quelle che non le rispettano, è abbastanza affidabile;
– scegliere, se possibile, e raccomandare ad altri le compagnie che investono di più e meglio in “compensazione” sostenibile secondo lo studio del Grantham Institute uscito in marzo. Nella tabella tricolore verso il fondo, vedrete che Easyjet è l’unica ad avere investito a lungo termine in una compensazione efficiente. Nella tabella appena sopra, le compagnie sono classificate in base ai criteri che consentono di verificarne le promesse. Quattro compagnie se la cavano bene: Lufthansa in Europa, Delta e United negli USA, il gruppo All Nippon Airways (ANA) in Giappone.
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