Perché "non è reato"

Quando mi avete chiesto cosa pensavo dell’articolo di Gianni Barbacetto sull’AIRC – la quale ieri ha pubblicato una risposta alla lettera del Patto Trasversale per la Scienza detto PatraS, rif. nota – e i vertici dell’oncologia milanese. Avevo letto decine di paper segnalati su PubPeer, soprattutto quelli di Alberto Mantovani dell’Humanitas, perché ero convinta che fosse un pignolo (non mi ero ricreduta).

Oggi l’Humanitas mi ha mandato un “memorandum” indirizzato all’AIRC, con una barca di allegati, nei quali Alberto Mantovani aggiunge informazioni a quello che sappiamo dell’inchiesta. Le riassumo perché penso che vi faranno piacere.

Tre anni fa, i pubblici ministeri di Milano gli hanno “contestato” sette paper all’epoca non collegabili direttamente all’oncologia. Era prima delle terapie immunologiche per certi tumori e dell’interesse per geni che “regolano” risposte immunitarie. In quattro non ha trovato errori, comunque non poteva né scrivere un’errata corrige né chiederne la pubblicazione. Spettava semmai al “Principal Investigator”.

Degli altri tre, uno non è segnalato su PubPeer: sarebbe quello “auto-plagiato”. Non per vantarmi, ma i miei sospetti a priori bayesiani sulla sua pignoleria erano giusti.

Coregulation in human leukocytes of the long pentraxin PTX3” di Valeria Maina, Andrea Doni et al., uscito nel Journal of Leukocyte Biology nel 2009, era accusato di contenere un “auto-plagio”. Nella figura 3A, l’immagine della “pentrassina lunga” veniva da “Regulation of PTX3, a key component” etc. di Andrea Doni et al. uscito tre anni prima e debitamente citato nella nota 40. Solo che nella didascalia mancava il rimando alla nota.

Il 12 ottobre 2016, il pignolo aveva scritto al direttore del  Journal of Leukocyte Biology che l’articolo di Valeria Maina et al. era “indagato” per problemi identificati con un software di analisi delle immagini, e che ne aveva avvisato l’Humanitas, l’AIRC e l’università, nessuna delle quali aveva sollevato problemi. Se cliccate su “Coregulation”, sotto il titolo del paper trovate un link rosso alla correzione uscita nel febbraio 2017.

(Lo so, è una sciocchezza, ma una lettrice occasionale come me ci mette un’ora a scovare l’originale e a capire perché  è riprodotto lì…)

Protection against inflammation– and autoantibody- caused fetal loss by the chemokine decoy receptor D6” di Yeny Martinez de la Torre et al. uscito sui PNAS nel 2007 è più citato, mi sembra. Altri paper ne hanno confermato i risultati (se li cercate su Medline, tenete conto che il gene D6 è stato ribattezzato ACKR2). La fig. 8 mostra l’analisi – negativa – della sua “espressione” in una cellula embrionale con una colonna inserita con il taglia-incolla. In questo caso i PM chiedevano il dato originale, ma erano passati dieci anni, Alberto è traslocato all’Humanitas e all’Istituto Mario Negri non l’hanno trovato.

Il 12 ottobre 2016, il pignolo aveva scritto a Inder Verna, il suo editor ai PNAS. Riposta: grazie per la correzione, Alberto, “ma è la pratica scientifica che vuoi correggere, senza effetto sui risultati”. Sento cosa dicono gli altri editor e semmai mi rifaccio vivo, stammi bene. Come prima, l’AIRC, l’Humanitas e l’università non avevano sollevato problemi.

Alberto scrive che il suo gruppo ha scoperto il ruolo da “spazzino delle chemiochine” svolto dal gene D6 a.k..a. ACKR2 mentre cercava tutt’altro. Quando si dice la serendipity…

Agg. 13/7 – Su Facebook ieri, anche Guido Silvestri del Patto per la Scienza ha  recensito la “documentazione”, sotto il titolo “Alberto è sempre Alberto“. (h/t S.G.)

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Nota
Grazie della segnalazione, PatraS. Il comunicato è meglio che niente, però…
L’AIRC rimanda alle regole d’integrità scientifica e per i conflitti d’interesse che sono già sul suo sito. Continua a sembrarmi ovvio che non siano applicate. Per esempio:

  • I progetti finanziati sono sottoposti da AIRC a valutazioni sia in itinere sia alla loro conclusione.

Chi valutava i progetti che in conclusione hanno prodotto immagini manipolate, valori p stravaganti e magari end points cambiati in itinere? E’ dai tempi di Alfredo Fusco e dei suoi conflitti d’interesse con mezza Italia che l’AIRC non risponde.

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Profitti omeopatici vs. speculazione immobiliare
A Philadelphia l’ospedale universitario Hahnemann era omeopatico da 170 anni e “universitario” nel senso di ospedale “for profit” della Scuola di Medicina dell’università Drexel. Circa cent’anni fa l’università ha cominciato a trasformarlo aggiungendo dei reparti normali. Ma lo usa tuttora per formare medici e infermiere (soprattutto) nelle peggiori medicine alternative – chiamandole “integrative, of course.
L’anno scorso, nel centenario della fondazione, la Drexel ha venduto l’ospedale a un fondo d’investimento che lo ha appena venduto a uno speculatore, il quale intende sostituirlo con un condominio di lusso.

2 commenti

  1. Salve, apprezzo molto l’opera di chiarificazione che sta portando avanti sulla vicenda. Vorrei porre delle domande per capire meglio. Sul sito pubpeer.com compaiono 7 lavori col nome di Alberto Mantovani. Mi sembra di aver capito che in 4 di questi non vi siano errori. Mi è stato pero’ fatto notare che le segnalazioni di immagini ruotate (o altro) comunque ci sono. Come si concilia questo fatto con quanto detto sopra? Cioè, alla fine quelle sono davvero imprecisioni/errori oppure no? E perché nessuna risposta è stata fornita da Mantovani (almeno su pubpeer) fino a prima delle indagini (anche riguardo ad altri lavori)?
    Invece, riguardo ai restanti 2+1 lavori che non compaiono su pubpeer: due sono quelli che ha elencato e descritto. Su quello mancante cosa sappiamo?
    Grazie in anticipo.

    1. edoardo,
      è molto gentile, ma sono solo una lettrice di articoli scientifici che fa un sacco di refusi.
      Su Pubpeer non ho visto immagini ruotate o ritoccate. Penso che i due esperti della Procura le avrebbero notate, hanno un software apposta.
      Anche secondo me conviene rispondere subito, ma a volte è impossibile. I curatori di PubPeer mandano automaticamente le segnalazioni al direttore della rivista. Se la ritiene valida, la manda al corresponding author (di solito l’ultimo, se non è indicato qualcun altro) con una richiesta di chiarimenti.
      La risposta un tantino esasperata dell’editor dei PNAS mi ha fatto pensare che forse anche gli altri avranno trovato la segnalazione “irrilevante” e l’avranno cestinata.
      Negli altri sei paper su PubPeer, il secondo esperto della Procura non ha trovato nulla di strano e Mantovani nemmeno. Io avevo trovato che in una didascalia mancava il rimando a una nota della bibliografia. Quando l’ho scritto, dei ricercatori mi hanno presa in giro.
      riguardo ai restanti 2+1 lavori
      Devo essermi spiegata male, mi scusi. Le pubblicazioni contestate dalla Procura sono 2. In una di queste – non su PubPeer – un’immagine viene da una pubblicazione precedente: la “+1” né su PubPeer né contestata.
      La “+1” è citata correttamente nel testo con un rimando alla nota in bibliografia, ma nella didascalia della figura il rimando non c’è…
      Mantovani non è il corresponding author, comunque ha chiesto al direttore della rivista di fare una correzione e c’è pure riuscito.
      Non la chiamerei nemmeno imprecisione. Chi studia quella pentrassina capisce subito da quale esperimento proviene quell’immagine, sono io che ho bisogno di aiuto.
      Mi sembrava più importante l’immagine originale che il Mario Negri non trova più, ma ieri un ricercatore ha spiegato che gli archivi sono un disastro dappertutto. Trova la conversazione qui sotto.

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