Il denaro insanguinato

La Zauliade all’università di Ferrara, il “curioso caso” della Federico II di Napoli, lo strano premio “Lombardia è ricerca”, le pubblicazioni biomed dubbie alla Statale di Milano, non fanno notizia: la scienza conta poco e comunque ci sono scandali peggiori. In USA, sarà che la ricerca riceve centinaia di miliardi/anno dal Congresso, dagli stati e dai privati o la competizione con la Cina o gli attacchi di Trump in combutta con i finanziatori della sua elezione o per altri motivi, i media la tengono d’occhio.

Da luglio, rivelano che prima e dopo la sua condanna nel 2006 per abuso di minorenni il finanziere Jeffrey Esptein aveva legami con scienziati famosi di università prestigiose. Sul manifesto di ieri, Andrea Capocci ha riassunto l’assiduità con la quale Nicholas Negroponte e Joi Ito, il suo successore a capo del MediaLab, sollecitavano donazioni – Ito non solo per le ricerche al MIT ma anche per la propria azienda.
Quasi tutti i collaboratori del MediaLab hanno espresso solidarietà con Ito (ieri la lettera è stata tolta dal sito) che sabato, dopo la documentazione pubblicata da Ronan Farrow sul New Yorker, si è dimesso anche da altri incarichi – prestigiosi ça va sans dire.

Rischiano di essere dimenticate donazioni più generose e legami più stretti con un’università ancora più ricca. A Harvard, Epstein ha istituito il PED che non sta per “pedofilia” ma per “Program for Evolutionary Dynamics”, un regalo destinato a Martin Nowak, frequente ospite delle sue feste.

Per ora nessuno sa come Epstein sia diventato ricco. Così in difesa dell’amico Joi Ito, un professore di diritto e “leadership” a Harvard e visiting professor del MediaLab, ha pensato bene di sottolineare che nella sua attività professionale Epstein non aveva ucciso nessuno. Da fondatore ed ex direttore dell’Edmond J. Safra Center for Ethics, Lawrence Lessig distingue quattro tipi di donatori:

  • Il tipo 1 sono persone come Tom Hanks o Taylor Swift — gente ricca e la cui ricchezza proviene da null’altro che fare del bene.
  • Il tipo 2 sono entità come Google o Facebook, or gente la cui ricchezza proviene da queste società, per via del loro lavoro in società il cui bene è ambiguo. […]
  • Il tipo 3 sono criminali la cui ricchezza però non deriva dai loro delitti. […] Epstein, e non solo lui.
  • Il tipo 4 sono entità e persone la cui ricchezza proviene da comportamenti chiaramente malevoli o dannosi o immorali. La RJ Reynolds Foundation, i Sacklers, i Kochs. […] Il fumo ha ucciso multipli dell’Olocausto tedesco. Dal 1999, sono morti in più di 200,000 per overdose di OxyContin […] Se c’è una sola famiglia responsabile del fatto che oggi non abbiamo una legislazione sui cambiamenti climatici, è quella dei Koch. Questo è denaro insanguinato. E’ una ricchezza immensa a causa del danno.

(Il resto è ancora peggio…)

MIT, Harvard, Caltech, Stanford e altri atenei in cima alle classifiche sono finanziati da “denaro insanguinato”. Lessig assicura che non se la sentirebbe di sollecitarlo. Se è vero, perché non lo turba che i Koch, i Sackler e famiglie simili paghino il suo stipendio (oltre $200 mila/anno più i “benefits”)?

Alcuni studenti non sono d’accordo. Dall’editoriale di Jonathan Katzmann per The Harvard Crimson:

  • Jeffrey E. Epstein, Arthur M. Sackler, Glenn R. Dubin, l’erede della corona saudita Principe Mohammed bin Salman — l’elenco dei donatori controversi di Harvard va avanti e avanti. Gli studenti protestano da tempo… e talvolta l’università recede. I $2,5 milioni di dollari dati dal presidente degli Emirati Uniti, Sheikh Zayed bin Sultan al-Nahyan alla Divinity School nel 2004 gli sono stati restituiti dopo le enormi pressioni suscitate dall’ agenda antisemita adottata dal Centro Zayed di Abu Dhabi. Di solito però l’università non si piega. Nonostante le proteste non ha restituito i doni di Epstein, dei Sackler o dei Sauditi.

Da un secolo, dei miliardari si comprano una reputazione creando e finanziando università, singoli istituti, cattedre per buone cause, dalla cultura alla salute passando dal “progresso scientifico”. Al contempo, le università americane devono difendere il proprio marchio, sembrare elitarie, indipendenti, al servizio del bene pubblico. Altrimenti s’interrompe il flusso di denaro che non basta mai.

Così le tasse aumentano e gli studenti sono sempre più indebitati.