Le mail dell'Antropocene

Se non diluvia, non frana e non straripa nulla, parliamo di “bel tempo”, dicevano all’incirca a Radio popolare. Il Guardian ha deciso di usare altre parole per descrivere la crisi climatica “e in Italia?” Ma… ma… Proprio mentre mi sto godendo la prima colazione al sole e con me chissà quanti ascoltatori? Trovate voi altre parole per descrivere un tempo così,  vado a fare un giro in bici.

Dopo avrei fatto meglio a non guardare le news, non aprire le mail, non passare da Mondi sommersi per vedere se Steph aveva scritto qualcosa sugli eventi estremi. Non solo gli incendi, anche gli altri sembrano più numerosi del solito, sarà il Niño? Direi di no perché quest’estate è calato da moderato a neutrale.

Da masochista ho pure cliccato sui link alle soluzioni “verdi”, disponibili” e “indolori” di cui radiopop e l’oca devono parlare in bene. Mica come per le foreste che al clima gli fanno un baffo e ci rimaniamo male.

Un giorno mi vendicherò, orecchietti di radiopop. Farò mailing list tematiche e v’ingorgherò anch’io la posta, invece di fare un O’s digest…

(Sottinteso: il bio è roba da ricchi.)
Nel caso di una conversione al 100%, scrivono gli autori, le emissioni locali di gas serra calerebbero insieme alla resa. Nei paesi dai quali il cibo verrebbe importato per supplire, le emissioni potrebbero aumentare. Mi è piaciuto il modello per stimare il carbonio emesso e sequestrato, copre bene la gamma delle attività agricole locali.
Però esclude le variabili antropo-socio-economiche – come tutti quelli che ho visto fin qui, forse è inevitabile. Per esempio: progressi nella riduzione degli sprechi; nell’uso di energie rinnovabili per coltivare in serra ortaggi freschi; calano i consumi di carne; l’aumento della temperatura e l’allungamento della primavera e dell’autunno consentono già di coltivano frutta e verdura che prima erano importate ecc.
E se con la Brexit la sterlina si svalutasse oltre, chi non può permettersi prodotti d’importazione dovrebbe cambiare dieta.

(Sottinteso: rassicurate i ragazzini, abbiamo più tempo del previsto)
Un affare e se lo dice Bloomberg… E’ una fonte affidabile per azionisti e investitori, conviene farci la tara quando sostiene che ci sono “easy fixes” per qualche crisi ambientale, spesso significa green-washing a basso costo. In questo caso, l’idea di ricercatori dell’UNEP e della FAO – gli “scienziati ONU del sottotitolo – è di restaurare suoli degradati per invertire la desertificazione su 900 milioni di ettari (stare sotto il miliardo sta diventando un’abitudine).
I benefici sarebbero molteplici in effetti. O no? “La chiave,” dice uno dei ricercatori, “è usare fertilizzanti”. All’energia spesa per produrli, trasportarli e spargerli, va aggiunta quella per pompare acqua dalle falde che stanno già calando paurosamente, o per costruire canali da fiumi che non vanno in secca, e senza portar via risorse idriche ai paesi a valle.
Poi ci sarebbe da spendere conoscenza ancora da produrre per ripristinare il mix ideale di microbi, creare specie resistenti alla siccità, formare agronomi che insegnino “gestione dei suoli e dell’acqua” ai contadini locali. (Salvatore e Stefania, aiuto! Da scienziati ONU non direste a certi scienziati ONU che hanno parecchio da imparare dai contadini locali?)
Tutto questo entro il 2030. Dopodiché 900 milioni di ettari di prati stabilizzeranno le emissioni per 15-20 anni finché saranno pronte le tecnologie che catturano CO2 dall’atmosfera. I conti non mi tornano.

(Sottinteso: idem)
“Una sorpresa totale che ribalta il sapere convenzionale sui fiumi”, stando a titolo e sottotitolo del Guardian, ma è un’esagerazione:

  • le foreste pluviali emettono in metano più CO2 equivalente della CO2 che catturano;
  • il confronto è per metro quadrato e la superficie dei fiumi è moolto più piccola di quella dell’Amazzonia (che resta la stessa tutto l’anno, per di più);
  • il flusso rilasciato dai ghiacciai montani attorno all’Artico aumenta e scorre più impetuoso, è vero, ma la CO2 che cattura dipende dai minerali che asporta dalla roccia. Quasi tutti i fiumi scendono dai ghiacciai, è vero, ma non è detto che i loro sedimenti siano tutti uguali.

Gli autori non si azzardano a stimare le gigatonnellate/anno di CO2 risparmiate dalla povera atmosfera, figurarsi un’oca. Per quello che vale, la mia impressione è che cambia di poco il nostro “budget carbonio“, i fossili che ci restano da bruciare senza rinnegare l’Accordo di Parigi.
In attesa che gli esperti di Climalteranti mi smentiscano, direi che o tagliamo le emissioni o andiamo dritto verso i +3 °C a fine secolo.

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p.s. Ho lasciato perdere l’era glaciale del 2030-2050 o 2080 perché inizia la settimana prossima.