Friday for Future/sarc on

M’è venuta un’altra crisi di femminismo. Un articolo di Bloomberg riprende l’Appello uscito su Bioscience e tradotto da Climalteranti con un tweet, un URL, un titolo e un sottotitolo deliranti:

Non è vero.
Gli autori “suggeriscono” sei “strategie”, nessuna delle quali prevede di “cambiare immediatamente” alcunché. Invece scrivono

  • La crescita economica e la crescita della popolazione sono tra le principali cause dell’aumento delle emissioni di CO2 derivanti da combustibili fossili (Pachauri et al. 2014, Bongaarts e O’Neill 2018).

Guarda caso, Bloomberg omette la strategia intitolata “Economia” e si concentra su “Popolazione” per travisarla “immediatamente”. Ecco l’originale:

  • La dimensione della popolazione mondiale, che vede tuttora un aumento di circa 80 milioni di persone all’anno, più di 200.000 ogni giorno (figura 1a-b), dovrebbe stabilizzarsi – e, idealmente, ridursi poco a poco – per mezzo di misure che garantiscano l’integrità sociale. Esistono politiche collaudate ed efficaci che rafforzano i diritti umani, abbassando al contempo i tassi di fertilità e riducendo l’impatto della crescita demografica sulle emissioni di gas serra e sulla perdita di biodiversità. Queste politiche mettono a disposizione di tutti i cittadini servizi di pianificazione familiare, rimuovono le barriere al loro accesso, e puntano al conseguimento della piena parità di genere, inclusa l’istruzione primaria e secondaria come base universale, specialmente per le ragazze e le giovani donne (Bongaarts e O’Neill 2018)

In quel Policy Forum di Science, John Bongaarts e Brian O’Neill non parlavano affatto di “controllo” immediato della popolazione. Citavano le proiezioni demografiche dell’Onu per il 2100 (quest’anno abbassate di quasi 1 miliardo…), e le “politiche collaudate ed efficaci” per chiedere che nel prossimo rapporto IPCC fosse inclusa una valutazione della letteratura su demografia, scelte individuali e cambiamenti climatici, rif. per esempio questa rassegna.

Non è un articolo scientifico né pretende di esserlo. Il tasso di fecondità che cala in Bangladesh ma non in Afghanistan è solo un esempio fra i tanti di quello che succede quando l’accesso alla pianificazione familiare diventa legale insieme alle Ong che lo forniscono. Se aggiungevano l’educazione femminile, l’Iran mostrava un calo ben più rapido.
Stando alla poca letteratura che stima la riduzione della CO2 ottenuta con scelte individuali, semmai andrebbe praticato l’aborto selettivo dei maschi, non delle femmine come avviene attualmente in India, Cina ecc. Soprattutto nei paesi ricchi dove l’impronta carbonio delle donne è mooolto inferiore (pp. 7 e 8) a quella degli uomini.
Per il numero di figli, tutti citano questo paper del 2008. E’ in open access quindi giudicate voi, ma derivare una stima delle emissioni pro capite in tutto il mondo da quella stimata per i discendenti di una consumatrice media statunitense del 2008 mi pare un tantino azzardato. Anche in USA, per esempio, i giovani comprano meno automobili delle generazioni precedenti.

Il “figlio in meno” riduce le emissioni solo se ha un tenore e una longevità da paese ricco. In questa stima, fa “risparmiare” da 23,7 a 117,7, tonnellate/anno di CO2. Se nasce in Niger – per citare il paese con il tasso di fecondità più elevato del mondo – emette 0,11 tonn/anno, mentre un’automobile ne emette tra 1 e 5,3 tonn/anno. E se nasce nella UE vive in media 79 anni, in Niger 62.

Morale 1: la libertà femminile è un valore e un diritto universale.
Morale 2: non sono i paesi poveri ad emettere più CO2 di quanta ne assorba il ciclo del carbonio.
Morale 3: Eat the rich

***

L’editoriale di Science è scritto da Carolina Schmidt, la ministra cilena per l’ambiente che non ospiterà la COP25. Titolo

Il problema ancora più grande è quello della giustizia climatica:

  • I cambiamenti climatici amplificano le iniquità sociali. Innalzamento del livello del mare, siccità, ondate di calore e incendi – tra altri rischi – impattano cibo, acqua, aria, suolo, energia e altre forme di sicurezza… Servono “transizioni verdi” che sostengano i poveri e le comunità indigene con risorse limitate, così come le comunità urbane colpite da costi maggiori per l’energia, e dall’inquinamento dell’aria e dell’acqua. 

Ritiene che il piano clima che il suo governo presenterà a Madrid renderà il Cile un paese “più unito, equo e sostenibile”, anche perché

  • dà una priorità all’inclusione della sicurezza idrica per affrontare una siccità decennale di cui soffre il 70% degli abitanti.

Se l’acqua non era privatizza, si poteva affrontare subito.

  • Le nazioni non possono affrontare lo sviluppo e la prosperità senza affrontare i cambiamenti climatici e vice versa. Si può sperare che la crisi in Cile influisca sulla COP25 di Madrid e sul modo in cui i paesi prendono decisioni, comprese quelle riguardanti  un’economia a basso tenore di carbonio e più resiliente.

E un’economia meno iniqua di quella cilena

Domani vado a Roma per la riunione di Action Aid, il resto dell’O’s digest di oggi è rimandato.

6 commenti

  1. Ma, come femminista mi sembra un po’ confusa…

    Il “figlio in meno” riduce le emissioni solo se ha un tenore e una durata di vita da paese ricco. In questa stima, fa “risparmiare” da 23,7 a 117,7, tonnellate/anno di CO2. Se nasce in Niger – per citare il paese con il tasso di fecondità più elevato del mondo – emette 0,11 tonn/anno, mentre un’automobile ne emette tra 1 e 5,3 tonn/anno. E se nasce nella UE vive in media 79 anni, in Niger 62.
    Morale 1: la libertà femminile è un valore e un diritto universale.

    Morale 0: un figlio si fa se si è in grado di farlo crescere decentemente. Notiziona: in Niger non è così.
    Quindi?

  2. Non esageri AleD, preoccuparsi per il consumo energetico delle proprie sinapsi mi pare eccessivo.

  3. L’ articolo di Bloomberg, al di là del titolo che evidenzia scorrettamente solo l’ aspetto demografico, ma corregge la mira già nel sottotitolo, è piuttosto corretto.
    Infatti riporta in maniera assai stringata ma nel complesso adeguata le conclusioni dell’ appello, per i cui firmatari l’ aumento in atto da decenni della popolazione umana (insieme a quello dei ruminanti, della produzione di carne, del consumo di fossili etc) è uno dei “profoundly troubling signs from human activities”.
    Non è poi così difficile se si vuole davvero capire il messaggio dell’ appello che “to secure a sustainable future we must change how we live ….” e “ECONOMIC and POPULATION growth are among the most important drivers of increases in CO2 emissions”.
    E ciò va ben al di là delle puntualizzazioni su quanto poco emettano le donne e gli uomini nigeriani rispetto agli ochi e alle oche ben pasciute.
    Ma come insegnano i negazionisti climatici, per confermare i propri bias ideologici basta focalizzarsi su aspetti particolari di per sé corretti e considerarli generali.

    1. alberto,
      sono d’accordo, l’articolo di Bloomberg mostra un bias contro le donne e i paesi poveri. Non solo l’appello dice che la crescita della popolazione è uno dei “troubling signs” e che “economic and population growth are among the most important drivers of increases in CO2 emissions”, come lei ha notato, ma sottolinea anche quello che lei e l’autore dell’articolo omettete:
      Esistono politiche collaudate ed efficaci che rafforzano i diritti umani… Queste politiche mettono a disposizione di tutti i cittadini servizi di pianificazione familiare, rimuovono le barriere al loro accesso, e puntano al conseguimento della piena parità di genere, inclusa l’istruzione primaria e secondaria come base universale, specialmente per le ragazze e le giovani donne

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