Grazie, Ilaria Capua

E’ vero che all’inizio della SARS nel 2003, le autorità cinesi avevano censurato le notizie e messo in pericolo milioni di persone fino alla morte di Carlo Urbani. Non so se gli avventori del bar sotto casa se lo ricordano o se diffidano a priori, ma dubitano che gli abitanti di Wuhan siano davvero in quarantena, “figurarsi, sono più di 10 milioni”. Come si fa a isolarli dal resto della Cina e del mondo? (Chiedere ai tibetani o agli uiguri…) Comunque “è troppo tardi”, sono già arrivati “in America e in Europa [?]”.
Questa volta la diffidenza non mi sembra del tutto giustificata.

Sul forum di Promedmail il 30 dicembre – l’indomani del ricovero dei quattro lavoratori del mercato del pesce – i giornali cinesi parlavano di “polmonite virale”, della chiusura del mercato dal 1 gennaio e degli altri provvedimenti presi per limitare il contagio. Il giorno dopo ricercatori competenti e ben attrezzati avvisavano l’Organizzazione mondiale della sanità e i CDC di Atlanta di aver isolato un Betacoronavirus “nuovo” e di aver depositato otto sequenze genetiche nel data-base Epiflu della Global Initiative on Sharing All Influenza Data (GISAID). Confermavano la prima, depositata il 24 dicembre, e sono tutte molto simili a quelle del coronavirus della SARS. Il 21 gennaio le descrivevano insieme al recettore del virus in una lettera al direttore di Science China, senza aspettare che un loro articolo uscisse su una rivista peer-reviewed.

Non sarebbe successo senza una battaglia di Ilaria Capua. Infuriata, aveva rivelato che una quindicina di laboratori del primo mondo accreditati dall’OMS si tenevano i dati nel cassetto finché non li avevano pubblicati su una rivista e magari registrato qualche richiesta di brevetto. Con l’aiuto di un miliardario conosciuto a un convegno andato di persona a contattare ministri e celebrità, aveva convinto la direttrice dei CDC di Atlanta e altri scienziati influenti a firmare un suo appello per una banca-dati altrettanto accurata di quelle private ma aperta a tutti.

L’appello veniva pubblicato da Nature nel 2006 e due anni dopo la GISAID era varata ufficialmente. Con fatica, è diventata la banca di riferimento, nella quale le riviste chiedono che i dati siano depositati, e di fiducia per i paesi dove le zoonosi influenzali sono più frequenti.

Con fatica perché qualcuno deve pagarne i costi. Molti paesi non occidentali – a volte ricchi come l’Arabia saudita – si sentono defraudati dai ricercatori occidentali e dalle multinazionali con le quali sviluppano farmaci. I centri di ricerca cinesi devono rivaleggiare con quelli statunitensi ecc. La mia impressione è che ci sia voluta tutta la diplomazia della Germania di Angela Merkel, il principale finanziatore, per coinvolgere Singapore, gli USA, fondazioni e “partner privati”.

Adesso che c’è, fa una bella differenza. Nel 2003, giovani virologi del nuovo biopolo di Pechino – non degli ospedali militari del Guandong che il governo aveva incaricato di identificare l’agente patogeno – avevano messo on-line su un sito effimero, privo di qualunque scritta, il genoma del coronavirus dopo aver avvisato dell’ora di pubblicazione una manciata di colleghi fidati negli USA.

Il 20 gennaio scorso nella GISAID c’erano già 11 genomi interi del 2019-nCoV (o BetaCov-2019), compresi due dalla Thailandia. Un’analisi filogenetica molto provvisoria su Virological.org suggerisce che le mutazioni sono pochissime e quindi i pazienti potrebbero esser stati contagiati a Wuhan.

Da Promedmail è uscito l’aggiornamento comunicato ieri sera dal Comitato nazionale (cinese) per la salute. I casi “certificati” sono diventati 571, le vittime 17, in 25 province del paese. Dal sunto:

  • nelle ultime 24 ore, 24 province (incluse regioni autonome e municipalità) hanno riferito 131 nuovi casi e 8 nuove morti. Tutte le morti sono avvenute nella città di Wuhan; 14 su 17 in individui di oltre 65 anni (età media 73,3), la maggior parte con co-morbidità pre-esistenti. 

Il conteggio non comprende i casi di infezione e di morte non ancora confermati da analisi di laboratorio né quelli registrati in altri paesi. Potrebbe rassicurare gli avventori del bar sotto che stando all’ECDP, per ora la probabilità di un’epidemia rimane bassa e il tasso di mortalità è molto inferiore a quella della SARS (11%).

Sembra presto per dirlo. Oggi l’Oms è meno rassicurante:

  • Per la trasmissione fra esseri umani è stata presentata una stima preliminare del R0 di 1,4-2,5. [R0 = reproduction number, i.e ogni persona infetta ne contagia potenzialmente 1,4-2,5; per la SARS era 3]. L’amplificazione è avvenuta in una singola struttura sanitaria. Dei casi confermati, il 25% è grave. La fonte è tuttora ignota (molto probabilmente un serbatoio animale) e il grado di trasmissione fra umani non è ancora chiaro.

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