La nomina del senatore Ignazio La Russa a Garante della privacy per anzianità? Superato il “non ci posso credere” – ma era credibile un propagatore di fake news alla presidenza della RAI o di un comico dialettale ad ambasciatore all’Unesco? – sembra un buon modo per discreditare un’istituzione che dovrebbe tutelare i nostri diritti e già fatica a farlo.
Una tutela non garantita, eppure così scomoda che dal 19 giugno
- la poltrona è vacante, tra rinvii (multipli) e indiscrezioni a mezzo stampa per bruciare questo o quel nome, all’interno di un gioco politico per nulla trasparente e di norma del tutto interno alle logiche di partito, che con gli interessi degli utenti e dei cittadini ha poco o nulla a che vedere.
scrive Fabio Chiusi su Valigia blu. Come molti altri, vorrebbe “scongiurare” quella nomina. Riassume il ruolo (ideale) del Garante, passa in rassegna le posizioni di La Russa in contrasto con gli interessi dei cittadini, spiega perché il Fratello d’Italia sarebbe un danno e una beffa, e conclude citando Stefano Rodotà, nel suo primo discorso da Garante nel 1997:
- “Proprio perché i problemi più acuti nascono dalla disponibilità di un arsenale tecnologico sempre più imponente, qui come altrove bisogna chiedersi se tutto quel che è tecnicamente possibile sia pure eticamente lecito, politicamente e socialmente accettabile, giuridicamente ammissibile. L’avvenire democratico si gioca sempre di più intorno alla capacità sociale e politica di trasformare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione in tecnologie della libertà, e non del controllo.”
Ma oggi al Senato e nell’opinione pubblica chi occupa la poltrona di Rodotà?
Lucio Picci trova opportuno parlare del candidato a sostituirlo,
- ma ancor meglio sarebbe mettere in discussione l’istituzione stessa, che allo stato attuale è una zavorra per il Paese.
Motivazione della sentenza, tratta da “Lo Zen e l’arte della lotta alla corruzione”:
- Si registra oggi un’alleanza di fatto, per quanto probabilmente inconsapevole, tra il Garante, che con frequenti interpretazioni della normativa tali da rendere il diritto alla privacy un presidio spesso invalicabile ha svilito l’interesse pubblico, e le componenti più retrive e oscurantiste all’interno delle amministrazioni pubbliche italiane. Queste ultime invocano sistematicamente la presenza di ostacoli – veri o presunti – frapposti dalla normativa e dal Garante, e così negano al pubblico informazioni cruciali per monitorare le amministrazioni pubbliche e, guarda caso, l’azione dei suoi dirigenti. Grazie a questi, esse hanno vinto la loro battaglia: la governance pubblica è, in Italia, tra le più impenetrabili allo sguardo indagatore del pubblico.
Lungi da me sospettare che il prof. Picci alluda velatamente a un esempio recente. E’ solo una coincidenza se…
Zauliade, 26ma puntata
Il Garante tuttora in carica ha appena pubblicato le proprie risposte all’università di Ferrara che – riass. punt. prec. – invocava motivi per rifiutare di trasmettere a Daniele Oppo, di Estense, gli atti relativi all’esito dell’indagine chiesta alla Commissione etica dal rettore Giorgio Zauli sui cinque articoli scelti da Giorgio Zauli a difesa della propria integrità scientifica fra i trenta – nel maggio 2018 – contestati su PubPeer.
La riposta del 31 ottobre conferma quella del 10 ottobre:
- Secondo quanto dichiarato dall’amministrazione [dell’università], l’Università ha comunque «dato conto dell’esito del procedimento avviato e concluso in seno alla Commissione», informando, in tal modo, sia la comunità accademica dell’Università di Ferrara che l’opinione pubblica.
Non è vero. L’opinione pubblica è stata disinformata da Giorgio Zauli con dichiarazioni contraddittorie. Avrebbe commesso un unico errore in buona fede in mezzo a quattro “fesserie”, oppure due in mezzo a tre. Se sceglieva soltanto tre articoli, forse gli andava meglio.
Questo ragionamento del Garante è degno di nota:
- la generale conoscenza delle informazioni richieste – riferite al XX interessato e agli altri soggetti coinvolti nel procedimento – viola il dovere di riservatezza della Commissione etica (alla quale il XX si era peraltro rivolto spontaneamente) e determina un’interferenza sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, tenute in considerazione, in particolare, le relative ragionevoli aspettative di confidenzialità innanzitutto del XX, che ha attivato il procedimento presso la Commissione Etica e, poi, degli altri soggetti coinvolti, i quali potevano tutti ragionevolmente fare affidamento sul carattere riservato del medesimo procedimento
Le informazioni riguardano autori di pubblicazioni i cui nomi e affiliazioni saranno anche dati “personali”, ma né “privati” né “riservati” né “sensibili”: sono di pubblico dominio per legge, tra l’altro, trattandosi di funzionari pubblici. Nel caso l’amministrazione si degnasse di informare i propri dipendenti e l’opinione pubblica sulla validità o meno della produzione zauliana non violerebbe alcun dovere di riservatezza.
Che nell’elenco degli articoli prescelti, nella relazione della Commissione etica e nella delibera del Senato accademico ci sia scritto che il rettore era fidanzato con una co-autrice o altri dettagli della sua vita privata?
Il Garante non lo esclude:
- Le predette considerazioni impediscono, altresì, di accordare un eventuale accesso civico parziale ai sensi dell’art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013, oscurando i nominativi dei soggetti controinteressati, in quanto questi ultimi riceverebbero in ogni caso un pregiudizio alla protezione dei propri dati personali, risultando indirettamente identificabili, anche all’interno del luogo di lavoro, attraverso gli ulteriori dati di contesto o le informazioni di dettaglio contenuti nei documenti richiesti.
Non fa una grinza.
Scrivere che il parere pubblicato dal Garante è firmato dal “dott. Antonello Soro, presidente, dalla dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente” e dal dott. Giuseppe Busia, segretario generale”, reca un pregiudizio alla protezione dei dati personali dei dott. Soro, Iannini e Busia, anche se i nomi e gli incarichi vengono oscurati.
In tutto questo, né all’università di Ferrara né al Garante interessa il pregiudizio recato dalle contestazioni pubblicate su PubPeer, uniche informazioni a disposizione dell’opinione pubblica sull’integrità scientifica di Giorgio Zauli e co-autori, fidanzati o meno.
Dalle mie esperienze viene che il principale risultato dell’esistenza del Garante suddetto è un pantano in cui la burocrazia fa affondare qualunque richiesta di informazioni. No, forse sbaglio, il principale risultato credo siano le retribuzioni, gli appannaggi, i rimborsi, le prebende, insomma quattrini e benefici che intascano Garante e compagnia per scrivere pareri tanto scevri di buon senso.
gerardo,
credo che sia l’esperienza di molti, però un Garante è necessario.