Ieri ho ricevuto un comunicato stampa dal Neuromed di Pozzilli su uno studio retrospettivo della collaborazione CORIST riguardante i dati clinici di 3.451 pazienti ricoverati per covid-19 tra il 19 febbraio e il 23 maggio, 2.634 dei quali ricevevano 400 mg di idrossiclorochina/giorno da sola o in combinazione con altri farmaci e terapie:
- Un ampio studio osservazionale multicentrico, coordinato dall’I.R.C.C.S. Neuromed, con la partecipazione di 33 centri ospedalieri italiani, mostra che questo farmaco riduce del 30% il rischio di morte nei pazienti ospedalizzati per infezione da coronavirus
Paper sullo European Journal of Internal Medicine. E’ una riduzione del rischio relativo – non del rischio assoluto – matematicamente probabile (vedi sotto). Il tasso di mortalità è stato di 8,9 per mille nel gruppo idrossiclorochina – poi HCQ – più altro e di 15,7 per mille nel gruppo senza HCQ. La differenza non è del 30% nemmeno dopo le analisi multivariate di ogni sottogruppo.
Gli autori descrivono bene i limiti del loro studio. Resta da capire quanto dello 0,68% di decessi in meno – sicuramente un bene – era dovuto all’HCQ, agli altri farmaci o al fatto che (esempi)
- gli uomini (più numerosi) avevano un maggior livello di proteina
reattivaC reattiva - meno probabilità di ischemia, tumore o malattia renale cronica
- quel 76% di pazienti era mediamente più giovane (55-77 anni) degli altri 24% (58-83 anni)
- da fine marzo il tasso di mortalità è diminuito via via che i medici capivano come assistere i singoli pazienti
Sempre ieri sull’International Journal of Antimicrobial Agents (diretto da un collaboratore di Didier Raoult, quindi pro-HCQ con azitromicina e/o zinco…) è uscito uno studio retrospettivo fatto in Belgio, su 8075 pazienti, 4542 dei quali ricevevano solo HCQ.
I dati clinici sono più dettagliati, i gruppi più equilibrati – 4543 HCQ vs. 3553 non HCQ – ma gli altri limiti restano uguali (tabella 2: nel gruppo HCQ età media 66 anni rispetto a 77, e meno co-morbidità), i risultati sono un po’ migliori di quelli italiani.
Anche in questo caso, gli autori concludono che servono trial randomizzati in doppio cieco, con un protocollo prestabilito, per avere dati decisivi.
I due studi confermano la “simulazione” delle interazioni tra cellula, virus, clorochina e HCQ fatta dal matematico Mohammad Tarek e Andrea Savarino attualmente in visita all’università di Heidelberg, sullo European Journal of Drug Metabolism and Pharmacokinetics. E’ un modello, quindi parecchio astratto, come quelli fatti per Zika e per l’Hiv-Aids.
Refrain: “tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili.”
Secondo me è utile come chiave-inglese: è regolabile, le equazioni valgono anche per altre molecole e virus (ne provano molti) e riducono le ipotesi sui risultati da aspettarsi e da misurare. Tutto bene fin qui, invece mi ha stupito che fra decine di studi seri, Tarek & Savarino ne citino due discreditati, quello di Gautret et al. e di Guérin et al.
Ma cribbio, controllare su PubPeer prima, no?
Così finiscono nella bagarre mediatica e il loro modello viene usato solo per dar ragione ai pro-Trump o ai pro-Oms… mentre la simulazione con il Sars Cov-2, la clorochina e l’HCQ dà torto ai entrambi.
Ne risulta che durante un breve periodo dopo l’infezione – ma la chiave inglese si più allargare – l’HCQ un po’ frena la replicazione virale nelle cellule epiteliali della faringe accelerando la morte delle cellule infette e soprattutto modula la reazione immunitaria. Così per le persone alle quali è possibile somministrare una dose quotidiana di più di 400 mg, farebbe da profilassi se assunta subito dopo il contagio, e dopo mitigherebbe la “tempesta delle citochine”.
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Agg. 27/08
Dopo quella del 18 agosto per la clorochina o l’HCQ, su Clinical Microbiology and Infection è uscita una nuova meta-analisi delle pubblicazioni che riferiscono in modo chiaro gli esiti dell’HCQ con e senza azitromicina. Su 839, solo 29 sono state prese in considerazione:
- 3 were randomized controlled trials (RCT), one was a non-randomized trial and 25 were observational studies, including 10 with a critical risk of bias and 15 with a serious or moderate risk of bias.
Per la “potenza statistica” ci sono 11.932 pazienti nel gruppo HCQ, 8.081 in quello HCQ + azitromicina, e 12.930 in quello né HCQ né azitromicina. Risultato: decessi in più nel secondo gruppo: 7% e aumento del rischio relativo rispetto agli due: 27%. Dati disaggregati e analisi bayesiane nell’appendice A.
Su Nature Communications, esce una rassegna di Funnel et al. sulle ricerche in vitro e su animali
Agg. 29/08
Ieri è uscito un altro studio retrospettivo di HCQ + azitromicina per almeno 3 giorni vs. altri trattamenti di Philippe Gautret et al. Solito disastro statistico. Confrontano il rischio di decesso per contagiati senza co-morbidità o quasi, venuti nel loro day hospital, con quello di ricoverati in reparti di malattie infettive.
La figura “Time to ICU or Death” per i pazienti di più di 60 anni dimostra quanto sia assurdo. A tre giorni potrebbe esserci 0 decesso e 0 trasferimento in unità di cure intensive nel gruppo HCQ + azitromicina. Se ci fossero stati, sarebbero finiti automaticamente in “altri trattamenti”. E’ da marzo che gli epidemiologi provano a spiegare loro che è sbagliato, secondo me ormai “sbagliano” apposta.
Cara Sylvie,
Ti ringrazio per la segnalazione. Per quanto riguarda lo studio di Guérin et al., il testo era disponibile solo in formato di pre-print quando sottomisi l’articolo. Tu poi hai segnalato i problemi ad esso connessi. Purtroppo tutti noi addetti al settore abbiamo dovuto avvalerci di pre-print durante questi mesi, data la paucità di informazioni disponibili. La Sorbona, che aveva concesso la sua affiliazione all’articolo, mi era sembrata un’istituzione accreditata. Ho poi da te appreso che vi era un problema interno di concessione di permessi inerenti allo studio, ma non potevo certo saperlo né posso mettermi a scartabellare scartoffie francesi, per quanto io ami la lingua e la cultura francese. Ho ricevuto un’altra critica al mio articolo da parte di un noto microbiologo italiano, il Prof
Antonio Cassone, che ho pensato di superare aggiungendo un’ulteriore equazione differenziale al sistema adottato. Sottoporrò alla rivista l’aggiornamento, e, con l’occasione, segnalerò anche il problema dell’articolo di Guérin et al., aggiungendo altre voci bibliografiche (stavolta non in formato pre-print) per validare i risultati.
Il risultato tuttavia non cambia nel suo complesso. Per quanto riguarda il secondo studio che citi come sospetto (Gautret et. al. 2020), sono ben consapevole di tutti i suoi limiti. Critiche su PubPeer a parte, l’articolo ha ricevuto critiche sottoposte a peer review e risposte anch’esse sottoposte a peer review. …Ed ha detto tutto quello che poteva dire. Le ragioni della mia scelta risiedono nel fatto che per questo protocollo erano disponibili le concentrazioni plasmatiche di idrossiclorochina, che non tutti pubblicano.
Le migliori validazioni dello studio di Gautret et al. sono derivate da studi indipendenti. Cito ad esempio lo studio da te menzionato di Sekhavati et al (Int. J. Antimicrob Agents 2020). È vero, come tu dici, che è stato pubblicato su una rivista vicina a Raoult, ma è altresì vero che lo studio fu iniziato indipendentemente in un paese che né mai la Francia dominò, neanche all’apogeo della sua potenza. Cito poi D’Arminio Monforte et al., Int J Infect Dis 2020 (analisi retrospettiva effettuata su più di 500 pazienti a Milano).
Se poi sei per il Boycott Elsevier, passiamo all’Oxford Academic Group, che ha pubblicato il primo clinical trial randomizzato sulla clorochina. Il fatto che lo studio sia cinese non lo rende ai miei occhi meno degno di attenzione degli studi americani e britannici, secondo me molto influenzati dalla campagna elettorale statunitense. Negli Stati Uniti l’idrossiclorochina è stata, a mio avviso, oggetto di politicizzazione inaccettabile e su questa sono state dette un sacco di menzogne, sia da parte dei suoi sostenitori sia da parte dei suoi detrattori.
Grazie della risposta, Andrea, in sintesi la mia è “don’t trust, verify”.
Se servisse ancora, questi mesi ci hanno insegnato che la reputazione di un’università non si estende a tutti i suoi affiliati né quella di una rivista a tutti i paper che pubblica.
E che preprint e prospective studies vanno sempre presi con le molle, di più quando gli autori non ne descrivono i limiti nella “Discussion”. Voi lo fate, così aiutate Antonio Cassone e altri a criticare il vostro modello. Nice, that’s how science should work.
L’HCQ è stata politicizzata per prima in Francia, credo, con risse nei media tra deputati scettici e sostenitori del “Didier nazionale”. Mi sembra un progresso che la rivista di Rolain pubblichi lo studio belga anche se smentisce l’efficacia HCQ+zinco e altro propagandata da Raoult e Rolain come l’unica cura per la covid-19.
Le terapie anti-covid 19 – ciarlatanerie comprese – sono politicizzate in tutto il mondo. Data l’ideologia di certi governanti era prevedibile, no?
P.S. Scusa, noto che hai menzionato lo studio Belga nel tuo post. Lo studio di Sekhavati che menziono io nel mio commento invece è iraniano.
Complimenti al dr Savarino e alla sua ricerca.
“la proteina reattiva C” non la sentivo chiamare cosi’ dai tempi del liceo, ma va bene lo stesso, sono giornalisti…che poi ammazza aho…che modo raffinato di valutare lo stato di un paziente….la Proteina Reattiva C..ah ah ah ah !!!
ti insegno un giochetto Sylvie : prova a considerare il fattore epatopatia dei vegliardi con la cirrosi che non riescono a produrla per via del loro fegato scassato dal Bardolino.
Nel frattempo continuiamo a curare il paziente tipo “covid da ricovero ” : e’ maschio, e’ sovrappeso, non fuma. l’anamnesi e’ stranamente negativa per terapie croniche con immunomodulanti, immunosoppressori, ecc. Non ha mai avuto trapianti, e non ha mai dovuto tenere a bada il suo sistema immunitario.
E cerchiamo di tenerlo a casa, malgrado la sua lieve dispnea : pare che in ospedale tenda a peggiorare, oltre che a impestare gli altri.
ah attenzione anche al Desamethazone, va somministrato quello li, che il bentelan e’ di destra. E non e’ vero che i pazienti in ria covid avevano l’ipovitaminosi D, avevamo tutti le traveggole.
Liceo scientifico francese, m’arrazzo?
parlando di cose serie, invece, qualcosa di veramente grosso si e’ capito secondo me in questa pandemia. Pare che la prognosi sia influenzata in modo importante dalla “carica virale” che viene recepita dal paziente al momento del contagio. E’ come se, diversamente dagli altri virus respiratori, che da poche migliaia replicano miliardi di copie nello stesso paziente-vedi influenza classica-, questo virus non avesse in vivo tutta questa “attività’ replicativa” (e infatti gli antivirali non funzionano), ma si comportasse più’ come un “parassita” da eliminare o con cui cercare di convivere. E’ per questo che gli ospedalizzati sono andati cosi maledettamente male : e’ il respirare il virus proprio, o di altri, che alimenta in loro l’infezione.
Su questa strada e su questo aspetto penso che capiremo qualcosa in piu’ circa il poco che sappiamo sul nostro sistema immunitario e sulla sua risposta a un’infezione virale.
Oca non vorrei aver capito male, ma c’è da dire che l’8.9 per mille è ben meno del 15.7; scrivere è lo 0.68% (che è il 6.8 per mille) in meno fa capire che sia poco, in realtà è una diminuzione percentuale RELATIVA come dici tu di ben il 43% della mortalità; sicuramente ho capito male io, ma era giusto per chiarire; secondo lo studio la riduzione della mortalità è del 43%. poi ci potranno stare altre spiegazioni.
hai ragione, Claudio (tutto bene da te?), quella è la differenza del “crude death rate” – ho messo il link al tuo commento.
no e’ che da che mondo e mondo la chiamiamo tutti proteina c reattiva, e clinicamente e’ uno dei piu’ grossolani esami che facciamo per valutare “qualitativamente ” uno stato settico. Dico qualitativamente perché’ pensare di fare studi correlando gravita’ della patologia al suo “dosaggio” in kg fa semplicemente ridere i polli. Perlomeno quelli induttivisti, che aspettano ogni giorno la pappa del loro padrone…salvo uno di loro che sospetta che i lavori “peer review” degli altri valgano tutti i giorni tranne l’ultimo. Bertrand Russell e Hannah Arendt docent.
la pcr e’ un “termometro da laboratorio” : c’e’ gente che ha 80 perche’ ha un linfoma e manco se ne accorgerebbe-fosse per quello- e gente che ha 100 ed e’ moribonda. grandi speranze,una ventina d’anni fa con la PCT, ma niente da fare ragazzi, a farla da padrone e’ sempre e solo la clinica.
Ogni caso, e’ una Storia.
Grazie ancora, Sylvie!
Forse mi sono perso qualcosa. Raoult ha mai fatto affermazioni sullo zinco?
In questo articolo dice perché va considerato come supplemento, Andrea. Forse ne ha parlato anche altrove, ma non è che seguo tutta la sua produzione…