Domani giornata globale sul tema della giustizia climatica. Se volete sapere quale gruppo di Fridays For Future prepara che cosa in Italia: mappa qui; nel mondo: mappa qui. In molti paesi è in corso la Climate Week, anche se quelle regionali organizzate dalla Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici sono state rimandate di un anno.
La pandemia non ha fermato né il movimento dei ragazzini né i disastri climatici e ambientali né gli scienziati da ascoltare che hanno prodotto, tra molto altro e solo negli ultimi 15 giorni:
– il quinto rapporto sulla biodiversità (Global Biodiversity Outlook, con un volume a parte sulle piante): nessuno dei 20 obiettivi concordati nel 2010 dai paesi firmatari delle Convenzioni di Cartagena e Nagoya è stato raggiunto;
– il rapporto Living Planet 2020 che descrive anche le conseguenze per noi della perdita di biodiversità. Rif. editoriale di Nature oggi a proposito della conferenza dei paesi firmatari che si terrà il 30 settembre a Kunming, in Cina;
– il rapporto di Oxfam e dell’Environment Institute di Stoccolma, Confront Carbon Inequality, nel periodo 1990-2015, l’1% più ricco dell’umanità ha prodotto il 15% delle emissioni di carbonio e il 50% più povero il 7%;
– il rapporto di Greenpeace, Farming for Failure, stima l’aumento delle emissioni di gas serra prodotti dagli allevamenti UE nel 2018 rispetto al 2017 e che i cittadini dell’Unione mangiano un 60% di carni, uova e latticini in più di quanto raccomandato per una dieta sana;
– l’assemblea cittadina sul clima alla quale il parlamento britannico aveva chiesto “Come usciamo dalla crisi climatica?”, ha pubblicato le proprie raccomandazioni “Path to net zero“e il parlamento dovrà tenerne conto; commento di Jillian Anable, univ. Cambridge, sulla parte che riguarda la decarbonizzazione dei trasporti;
– il 46% del carbone di legna venduto in 11 paesi UE è fatta con alberi di foreste tropicali e subtropicali, e oltre il 60% in Italia, Spagna, Polonia e Belgio, stando a una ricerca di Volger Haal et al.;
– il titolone in copertina di Nature, “Punto di non ritorno“, rimanda al modello di riscaldamento dell’Antartide – o meglio dei riscaldamenti, non sono uguali dappertutto – che il gruppo di Ricarda Winkelmann confronta con i dati paleo-climatici. Anche se entro il 2100 si riesce a limitare a 2 °C l’aumento della T globale rispetto all’Ottocento, non si mette per niente bene. Comunicato stampa del Pik;
– Susan Cook-Patton et al. pubblicano una mappa mondiale delle aree dove la ricrescita della foresta sequestra più o meno carbonio o lo emette stando agli studi pubblicati finora. Mondiale per modo di dire, “i nostri risultati dipendono dai dati disponibili – concentrati in 10 paesi – e della loro qualità che varia da uno studio all’altro”, solito problema… Trovano un accumulo maggiore di quello pubblicato nell’ultimo rapporto IPCC sei anni fa, con pochi dati, ma di circa 11% inferiore a quello stimato in studi più recenti;
– sui PNAS, Grant Domke et al. stimano che, in condizioni economiche e climatiche ideali, nelle foreste degli Stati Uniti si potrebbero piantare un 35% di alberi in più e aumentare così del 20% circa il loro potenziale di sequestrare carbonio – e di riemetterlo durante gli incendi. Rif. Gabriel Popkin su Science;
– in tema, anche se non scritto da scienziat*, sull’Economist di venerdì scorso, editoriale e briefing sulla geopolitica modificata dalla transizione alle energie sostenibili, e inserto intitolato: “The Great Disrupter. Business and climate change“; sul numero di domani “La Cina intende azzerare le sue emissioni nette di CO2 entro il 2060. Sarà dura“. Rif. anche Carbon Brief;
– Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia, un lavoro indispensabile fatto da ricercatori del CMCC, con un riassunto di 20 pagine con per ogni ambiente un mini-riassunto in blu, e perfino 5 pagine con i “messaggi chiave” molto comode per chi ha fretta o vuol mandarle agli amministratori pubblici – h/t maresciallo stefano.
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Il Crédit Suisse aveva fatto appello contro l’assoluzione degli studenti che, per protestare contro i suoi investimenti “carboniosi”, avevano giocato a tennis – con palle di gomma piuma – nell’ingresso della sede, in novembre 2018. Sono stati condannati
- les activistes à 10 à 15 jours-amendes de 20 francs avec sursis et des peines pécuniaires de 100 à 150 francs. S’y ajoutent 4750 francs de frais de procédure à se répartir.
La corte ha rifiutato di ammettere Sonia Seneviratne e un collega come testimoni a difesa, quindi una ventina di ricercatori le ha mandato le risposte alle domande che gli avvocati avevano preparato.
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Da ieri, in alcuni stati e colonie degli USA, e in tutto il paese sulle conifere (alberi di Natale…) e lungo le strade, l’EPA ha finalmente vietato l’uso dell’atrazina. E’ il secondo erbicida più usato, prodotto da Syngenta, un interferente endocrino vietato in Italia dal 1992 e in molti paesi europei da prima.
E se ChemChina non avesse comprato Syngenta e l’EPA non fosse agli ordini di Trump?
Da poco ho “scoperto” questo blog, e lo trovo interessante per la varietà di temi trattati. Da agricoltore però vedo citare “en passant” delle pubblicazioni semplicemente vergognose per la concentrazione di menzogne che contengono. Mi riferisco in particolare al rapporto di Greenpeace ” Farming for failure”. Come si può affermare dal punto di vista scientifico che le emissioni totali di gas serra prodotte dagli allevamenti siano equivalenti a quelle prodotte da tutti i veicoli? Questi ultimi emettono continuamente gas serra costituiti da atomi di carbonio “fossili” e cioè nuovi per l’atmosfera (è per questo che la concentrazione di CO2 è aumentata), mentre gli animali selvatici e domestici si limitano a riciclare atomi di carbonio e azoto “biologici” e cioè che erano già presenti nell’atmosfera. Fanno dunque parte di un ciclo biologico, molto lungo (8-10 anni), ma pur sempre ciclo. L’unico contributo è semmai derivante dai combustibili fossili usati per trattori per lavorazioni terreno e pompe per irrigazione, ma è irrisorio rispetto al totale dei consumi. Purtroppo questo tipo di menzogne riguardanti l’agricoltura/zootecnia sono talmente ripetute e rimbalzate da tutti i media, da diventare oramai una “verità” a cui nessuno fa più caso. Un suo intervento chiarificatore sarebbe utile. Grazie.
Franco,
Come si può affermare dal punto di vista scientifico che le emissioni totali di gas serra prodotte dagli allevamenti siano equivalenti a quelle prodotte da tutti i veicoli? […] Un suo intervento chiarificatore sarebbe utile. Grazie.
Grazie a lei della fiducia, ma ci sono risse sul reporting (rendicontazione in italiano?) delle emissioni a ogni vertice sul clima. Certi paesi sono in ritardo di anni, molti sono troppo poveri per misurarle, altri “barano”… Tendo a fidarmi degli studi scientifici.
Lo studio FAO, citato da Greenpeace a p. XII, stimava che gli allevamenti producono il 14,5% delle nostre emissioni di gas serra.
I trasporti ne emettono il 16,2% in media globale delle stime locali (queste variano molto, dal 9% nella UE al 28% negli USA).
“Quasi equivalente”, scrive Greenpeace: mi sembra più una semplificazione che una menzogna.
Si possono fare calcoli diversi.Se aggiunge le emissioni dell’energia consumata nella produzione dei veicoli, arriva al 23% (p. 8). Sono un po’ meno di quelle della produzione alimentare globale (il 26%).
Nel caso del clima, il “settore industriale” è separato da quello agro-alimentare perché non tutti i paesi sono parimenti industrializzati.
Gli animali selvatici e domestici si limitano a riciclare atomi di carbonio e azoto “biologici” e cioè che erano già presenti nell’atmosfera.
Certo, ma oltre a riciclarli li riemettono sotto forma di metano e di N2O. Così insieme al numero degli animali domestici, aumenta il loro contributo al riscaldamento globale: una molecola di metano riscalda l’atmosfera 28 volte di più di una molecola di CO2, e una di N2O 256 volte.
La CO2 è l’unità di base, insomma. Quando si parla di parecchi gas serra, converrebbe precisare “CO2 eq.” che sta per “con un effetto serra equivalente a quello della CO2”. Come nel rapporto Greenpeace a p. 8 dove paragona i gas serra emessi dagli allevamenti con quelli emessi da automobili e furgoncini nei paesi UE.
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Grazie, maresciallo Stefano, lo aggiungo sopra.
Segnalo anche questo appena pubblicato, non ricordo se è già stato segnalato:
https://www.cmcc.it/it/analisi-del-rischio-i-cambiamenti-climatici-in-italia
Saluti
Ho lavorato per anni alla FAO (e tuttora vi lavora come alto dirigente anche la mia ex-moglie) per cui conosco bene come lavorano. Per ottenere finanziamenti, anche loro devono sottostare a quel Pensiero Unico che vorrebbe dimostrare e farci credere che una vacca inquina più di un SUV da tre tonnellate. Qualche anno fa però un certo Prof Frank Miloehner della University of California-Davis ha denunciato questo andazzo e ha fatto ritirare la pubblicazione ” Livestock Long Shadow” di Pierre Gerber (esperto FAO) che imputava all’allevamento una produzione di gas serra equivalente a quella del settore dei trasporti. Lo stesso Gerber ha poi ammesso di aver “forzato” certi dati e omettendone altri. Rifacendo i conti con metodi corretti è arrivato alla conclusione che l’allevamento contribuisce per il 3%, mentre tutto il settore dei trasporti, aerei e navi compresi, il 26% Ovviamente Greenpeace fa finta di niente e tiene per buoni solo i vecchi dati fasulli. Comunque, anche un ragazzino che abbia studiato e capito il Ciclo del Carbonio, può rendersi conto che l’allevamento “c’azzecchi” poco con i Gas Serra ritenuti responsabili dell’attuale Cambiamento Climatico. Quegli atomi di Carbonio o di Azoto derivanti dall’allevamento, (a parte quella quota del 3% consumata per le coltivazioni e per la produzione di concimi azotati) sono parte di un ciclo che complessivamente dura circa 8-10 anni. Per esempio il carbonio costituente il metano ruttato dai bovini, faceva parte fino ad un paio di giorni prima dei foraggi che hanno mangiato. Questo metano, pur avendo come lei giustamente ha ricordato, una forzante radiativa 28 volte superiore a quella della CO2 (per alcuni studiosi solo 22-23 volte) rimane in atmosfera e troposfera comunque molto meno rispetto alla CO2 (8-10 anni e non 100 e più) e poi si degrada tornando a terra a far parte dello stesso ciclo biologico vegetale che sostiene tutto il mondo animale. In pratica durante quel ciclo non cambia niente (a parte quel 3% già citato) dal punto di vista del bilancio input-output. Tutto questo è confermato dall’analisi degli isotopi del Carbonio presenti in atmosfera. L’unico modo per aumentare l’input di gas serra sarebbe una deciso aumento del numero di animali allevati. Basta un’occhiata a qualunque statistica per capire che invece il numero di capi della specie animale ritenuta più colpevole (Bos tauros) sta invece diminuendo. Mi dispiace che anche una attenta come lei, cada nel tranello di questo bias. Tutte le volte che ho avuto modo ed sufficiente tempo per spiegare (anche a studiosi di fama) questo errore, tutti, nessuno escluso, dopo l’inevitabile e comprensibile momento di smarrimento per aver dato sempre per scontata tale bufala, mi ringraziano. Se qualcuno, nonostante questo fa fatica a capire gli faccio l’esempio del Ciclo dell’Acqua. A nessuno verrebbe in mente di preoccuparsi se piove molto, perché intuitivamente sa che presto o tardi quest’acqua non si aggiunge a quella già esistente, ma evaporerà e tornerà a far parte del solito ciclo. A differenza di quello dell’acqua che è rapido, quello del Carbonio è lungo e controintuitivo. Ma sempre ciclo è. Con immutata stima.
Solo ora mi sono accorto di aver sbagliato un cognome (Mitloehner) e di aver omesso: c’azzecchi poco con l’AUMENTO dei Gas Serra.
Franco,
lei dice due frasi che hanno attirato la mia attenzione.
La prima è: “anche un ragazzino che abbia studiato e capito il ciclo del carbonio, può rendersi conto che l’allevamento *c’azzecchi* poco con i gas serra ritenuti responsabili dell’attuale cambiamento climatico […]” e la seconda “L’unico modo per aumentare l’input di gas serra sarebbe un deciso aumento del numero di animali allevati”. Quest’ultima frase secondo me è corretta, solo pensa che non stia ancora accadendo.
La realtà è molto complessa, ma se guardiamo al passato diciamo da circa 10mila anni, abbiamo cercato di sopravvivere autoproducendoci il cibo imitando la natura. Ma rendersi indipendenti dalla natura richiede energia, sotto forma di attrezzi, manodopera, necessità di sedentarietà. Abbiamo, nel corso dei millenni, avuto successo, a scapito dell’ambiente circostante, ma per lungo tempo come energia abbiamo utilizzato solo la legna. Nel frattempo la popolazione umana cresceva di numero, aumentando la richiesta di cibo.
La svolta avviene tra il XVII e il XVIII sec., dove si capisce che utilizzare il carbon fossile è più conveniente.
Ora, dato l’aumento della qualità della vita della classe medio-alta grazie al carbon fossile, unita al numero di attività umane collegate tra loro insieme al numero di esseri umani dà innovazioni a cascata. A metà del XIX sec. viene inventato il fertilizzante chimico, poi ulteriormente perfezionato col passare degli anni.
Quindi il ciclo del carbonio c’entra eccome con l’allevamento degli animali, il cibo con cui li nutriamo non solo è stato perfezionato artificialmente nel corso dei millenni, per esempio con la rotazione annuale disboscando foreste e rilasciando CO2, oppure con il pascolo sempre a scapito delle foreste, ma a maggior ragione con i fertilizzanti, derivati dall’energia indiretta del carbon fossile prima, e diretta del petrolio poi, dando quell’input esterno al ciclo biologico vegetale che fa da “trigger”, come direbbero in inglese.
Perciò in quel ciclo cambia tutto dal punto di vista del bilancio “input-output”.
P.S.: se dovesse replicare con collegamenti a studi e dati sappia che io non sono un’esperta in grado di valutare chi è che emette più CO2, ma è grazie alla storia del passato che ho ricavato la mia riflessione.
Saluti
Marianna: da quanto scrive si capisce già benissimo che lei non è un’esperta di agricoltura/zootecnia, né tanto meno di storia. In un mio vecchio libro (” Gli animali domestici nella storia” – Cierre edizioni, ) ho spiegato come e perché sia iniziata, o meglio perché abbia continuato, la fortuita domesticazione di piante ed animali. Visto che accenna all’energia, mi soffermo però solo su questo aspetto. L’agricoltura è il mezzo migliore (almeno fino ad ora) per trasformare l’energia solare in energia alimentare e l’allevamento non è altro che un ulteriore mezzo per trasformare alimenti (erbe spontanee, foraggi coltivati, e sottoprodotti dell’agricoltura ed industria) altrimenti inutilizzabili dall’uomo, in alimenti o altri prodotti utili. In questo contesto, a differenza di altri, il nostro pianeta va considerato un SISTEMA APERTO, visto che riceve energia gratuita dal sole. Anche la legna, il carbone ed il petrolio non sono altro che energia solare concentrata ed immagazzinata più o meno a lungo. I problemi attuali riguardanti il Cambiamento Climatico sono recenti perché solo da POCHI DECENNI abbiamo immesso nell’atmosfera degli atomi che erano rimasti sottoterra per centinaia di milioni di anni ed hanno fatto AUMENTARE la CO2 (ed equivalenti). Dato che l’agricoltura e la zootecnia, invece che non fanno altro che utilizzare e riciclare in tempi brevi quello che già è presente, sono innocenti. A parte quella minima percentuale di energia fossile che serve alle varie operazioni agricole e che è determinata solo dal fatto che in pochi decenni gli addetti all’agricoltura sono passati da circa la metà della popolazione al 2% e per la maggior parte vecchi come me. Se vuole evitare anche questa minima quota ed aspira che l’agricoltura torni ai metodi e tecnologie carbon-free di un secolo fa, lei e tutti i cittadini che pensano allo stesso modo, vengano qui da noi a zappare, vangare, mondare, raccogliere, ecc. Ovviamente solo in cambio di vitto (ça va sans dire, solo vegano, perché carne, latte, uova e miele ce le mangiamo solo noi agricoltori) ed alloggio. Nè più, nè meno dei braccianti agricoli di un secolo fa. Non capisco poi perché voi cittadini vogliate far tornare indietro solo l’agricoltura e non anche altri settori. Perché non pretendete che si torni come un tempo alla produzione e lavorazione dei metalli solo con fucine a carbone di legna oppure a trasporti esclusivamente a trazione animale o umana?
Franco,
la RINGRAZIO per avermi dato dell’INCOMPETENTE.
Fortunatamente c’è lei che sicuramente mi insegnerà sul suo libro come mai un’anatra muta muore di DEPRESSIONE dopo che le sono stati mangiati gli anatroccoli, oppure come mai un’oca si comporta come un gatto rannicchiandosi sullo zerbino.
La RINGRAZIO per avermi suggerito il suo libro, ma da una persona che non mi considera alla sua ALTEZZA non ho niente da imparare. Oltretutto sminuisce il concetto di emissioni di CO2 banalizzandolo a pochi decenni. Fortunatamente ho già un bel libro che sto leggendo di un fisico, il quale dice esattamente l’opposto di quello che dice lei: NO PLANET B.
E adesso, se mi vuole scusare, torno alle mie mansioni.
Con mutata stima.
Marianna,
Berners-Lee, No planet B: sono d’accordo con lei.
Se le avanza tempo un giorno e non l’ha già letto, il classico di Juliet Clutton-Brock (1987) sulla domesticazione dei mammiferi resta uno dei più belli sul tema (secondo me).
Marianna, mi dispiace sinceramente che l’abbia presa male e me ne scuso. In effetti oggi avevo le balle girate per motivi legati all’agricoltura e quando sono rientrato a casa ed ho letto i suoi strafalcioni, mi sono sfogato. Però me l’ha proprio ” tirata fuori” scrivendo frasi del tipo “….autoproducendoci il cibo imitando la natura”: l’agricoltura è un artificio ed è tutto meno che naturale. D’altra parte come può l’uomo emergere dalla natura, imitandola? L’agricoltore semmai utilizza a proprio vantaggio, alterandoli, dei fenomeni naturali.
Lo stesso con “….necessità di sedentarietà”: è oramai risaputo che la sedentarietà precede la domesticazione di piante ed animali. Per capirlo, si legga qualcosa su Gobekli Tepe.
” …ma per lungo tempo come energia abbiamo utilizzato solo la legna”: e il vento, l’energia idraulica e il lavoro degli animali?
” ….con la rotazione annuale disboscando foreste e rilasciando CO2″: la pratica della rotazione, che risale già a Columella e all’epoca romana, poi migliorata da Gallo e Tarello, aveva lo scopo opposto al precedente continuo disboscamento (pratica del debbio o dello “slash and burn”) e cioè migliorare la fertilità dei suoli già coltivati, alternando colture (es: leguminose) che ripristinassero quello che la coltura precedente (es: cereali) aveva sottratto. Non a caso, con l’adozione delle moderne pratiche agricole, si è migliorata notevolmente la qualità e quantità delle produzioni e la superficie a bosco è raddoppiata in Italia e nel resto d’Europa.
Sono tutti esempi del solito e diffuso pressapochismo che abbonda quando i cittadini si mettono a disquisire (criticando) di tematiche agricole. Io sono completamente ignorante di musica o informatica (discipline molto ma molto meno complesse rispetto all’agricoltura), ma non mi permettei mai di eccepire sulla qualità di un’esecuzione operistica o sulle prestazioni di un certo computer. E’ per questo che si diffondono facilmente autentiche balle come appunto la responsabilità dell’allevamento nell’Effetto Serra o il maggior consumo di acqua dei cibi di origine animale rispetto a quelli di origine vegetale. Ecc. ecc.
Tra amici, tutti ambientalisti di vecchia data, siamo soliti “girarci” libri “alla moda”, tra cui No Planet B di Berners-Lee. Indubbiamente questo genere di libri rivolto ai cittadini hanno successo perché assecondano l’attuale pensiero mainstream. Non è però assecondando le masse che si risolvono i problemi ambientali, ma raccontando cose vere, anche quando sono scomode. D’altra parte, come sosteneva Schopenhauer; ” O si pensa o si crede”.
Franco,
“O si pensa o si crede”.
Se può tranquillizzarla, le ripeto che tendo a fidarmi delle pubblicazioni scientifiche, o del consenso degli esperti in materia di emissioni climalteranti, se preferisce.
Come può constatare anche lei, il rapporto “Livestock’s Long Shadow” (2006) non è stato ritirato.
La stima del 18% era stata criticata per vari motivi. Pierre Gerber – uno degli autori – ha riconosciuto la fondatezza della critica di F. Mitloehner. Nel rapporto del 2013 scritto insieme a esperti della confallevamenti mondiale (Int. Meat Federation e Int. Dairy Federation), la stima è stata corretta in 14,5% senza suscitare contestazioni. E’ quella citata da Greenpeace e altri.
Basta un’occhiata a qualunque statistica per capire che invece il numero di capi della specie animale ritenuta più colpevole (Bos tauros) sta invece diminuendo. Mi dispiace che anche una attenta come lei, cada nel tranello di questo bias.
E’ sicuro? Dalle statistiche (stime e proiezioni in realtà) risulta che, oltre alla popolazione mondiale umana, quella degli animali d’allevamento e i consumi di carne aumentano insieme alle loro emissioni climalteranti e inquinanti dell’aria, del suolo e dell’acqua dovute agli allevamenti.
Stando al “World Cattle Inventory”, i soli bovini sono passati da 741 milioni nel 1970 a 1,468 miliardi nel 2020.
Il metano… rimane in atmosfera… 8-10 anni
Molto di più in termini di riscaldamento, la sua frazione ossidata in CO2 oltre 100 anni – e l’ossido d’azoto (N2O) circa 120 anni.
A nessuno verrebbe in mente di preoccuparsi se piove molto
Sta scherzando, immagino. La maggior frequenza di precipitazioni intense e alluvioni non preoccupa soltanto gli agricoltori.
I problemi attuali riguardanti il Cambiamento Climatico sono recenti perché solo da POCHI DECENNI abbiamo immesso nell’atmosfera degli atomi che erano rimasti sottoterra
“Pochi decenni” nel senso di 250 anni. Le molecole hanno proprietà diverse dei singoli atomi e dei loro isotopi. Da quello che ho visto, il ciclo del carbonio che si studia a scuola è molto semplificato.
autentiche balle come appunto la responsabilità dell’allevamento nell’Effetto Serra
Lei crede che l’effetto serra del metano e del N20 – emessi dagli allevamenti o da altra fonte – sia una “balla”?
o il maggior consumo di acqua dei cibi di origine animale rispetto a quelli di origine vegetale
Non solo un maggior consumo, ma un maggior inquinamento.
Non capisco poi perché voi cittadini vogliate far tornare indietro solo l’agricoltura e non anche altri settori.
Davvero non capisce come mai la maggior parte della cittadinanza mondiale vuol rendere tutti i settori – energia, trasporti, industria, edilizia, agricoltura in ordine di priorità e di proteste degli ambientalisti – più efficienti e meno inquinanti? E che il degrado ambientale danneggia la salute umana e degli altri animali oltre alle rese agricole?
“Comunque, anche un ragazzino che abbia studiato e capito il Ciclo del Carbonio, può rendersi conto che l’allevamento “c’azzecchi” poco con i Gas Serra ritenuti responsabili dell’attuale Cambiamento Climatico”
“Per esempio il carbonio costituente il metano ruttato dai bovini, faceva parte fino ad un paio di giorni prima dei foraggi che hanno mangiato”
“L’unico modo per aumentare l’input di gas serra sarebbe una deciso aumento del numero di animali allevati”
“Però me l’ha proprio “tirata fuori” scrivendo frasi del tipo […]”
Non cambi discorso: è vero o no che i fertilizzanti sono un input che ha innescato (leggasi aumentato) dall’ esterno, ovvero da carbon fossile prima e dal petrolio poi, la quantità di cibo disponibile per la massa di animali e umani?
E sarei io (che mi limito ad elencare e rispondere pedissequamente alle sue affermazioni assurde) a cambiare discorso? Continuando a scrivere sciocchezze di questo tipo (su argomenti che non conosce) non fa altro che ribadire la propria incompetenza. Contrariamente a quello che pensa, i fertilizzanti organici noi agricoltori li stiamo utilizzando da millenni. E visto che lei si picca di conoscere la storia, la invito a rileggersi vari testi dell’epoca romana. Quelli che lei accusa sono semmai i concimi inorganici, (impari almeno ad usare i termini corretti!) che voi cittadini definite con termine dispregiativo “Kimici”. Come se la vostra casa non fosse strapiena di composti Kimici a cominciare dai detersivi. Quando più o meno un secolo fa, per ovviare all’incontrollato aumento della popolazione (anche di questo accusa noi contadini?) , i fertilizzanti organici derivanti dall’allevamento non sono più stati sufficienti a sopperire alla necessità di un aumento delle produzioni e conseguente maggiore deterioramento della fertilità dei suoli e si è ovviato producendo macroelementi con processi industriali ad elevato impiego di energia fossile. Attualmente si è arrivati ad impiegare più o meno il 3% del totale dei combustibili fossili consumati. In alcuni studi ho trovato anche valori prossimi al 4%. Una persona razionale a questo punto si chiederebbe: si poteva farne a meno? La risposta è ovviamente NO. Se dal terreno continui ad asportare macro e microelementi sotto forma di cibo che consumerai altrove, non ci vuole molta intelligenza per capire che per la Legge della Massa (o anche Leggi della termodinamica o dell’Entropia) bisogna reintegrare questi elementi sottratti al terreno. Voi vispe terese pseudoambientaliste vi dimenticate che più o meno due terzi (secondo alcuni poco più della metà) di questi concimi kimici vengono però impiegati per produrre alimenti vegetali consumati direttamente dall’uomo. Solo la restante parte per produrre foraggi e/o alimenti per animali. L’aspetto ridicolo è che voi vispe terese che accusate la “pericolosità” di questi concimi kimici, vorreste ridurre il numero di animali allevati o ancora più assurdamente trasformare gli allevamenti intensivi in estensivi. Si è mai visto qualche pastore inseguire pecore e vacche per i pascoli a raccogliere la loro merda? Sono queste contraddizioni ed insulti (all’intelligenza umana) che fanno incazzare noi agricoltori. Per vostra fortuna la maggior parte di noi sta zitta e se ne frega di voi. Se continuate, inevitabilmente però ci stuferemo e smetteremo di produrre un surplus di cibo e di vendervelo. Spero che prima di morire di fame, andrete a rileggervi i vostri autori preferiti per capire dove avete sbagliato!
Dimenticavo: ho lavorato per quasi venti anni nella Cooperazione Internazionale (FAO, IFAD; PNUD, MAE, UE, ecc) in diversi paesi (11 solo in Africa) di 4 continenti. Pertanto ritengo di avere una discreta esperienza di cosa significa cercare di ridurre la malnutrizione e denutrizione. Inoltre da quasi cinquanta anni sono un convinto ed attivo ambientalista.
Signor Franco, ha finito di accusare e sparare sentenze e parlare al plurale maiestatis? Io le ho chiesto: “è vero o no che i fertilizzanti sono un input che ha innescato (leggasi aumentato) dall’ esterno, ovvero da carbon fossile prima e dal petrolio poi, la quantità di cibo disponibile per la massa di animali e umani?” e lei ha deviato dicendo che scrivo sciocchezze, solo perché ho dimenticato “inorganici”, come se non si capisse dal contesto. Non solo, ma si vittimizza anche, dicendo che io accuso lei, cioè “noi contadini”, di aver aumentato la popolazione. Cosa che non ho scritto.
Io, tra le altre cose, sono anche coltivatrice diretta, ma lungi dal farmi rappresentare da una persona maleducata come lei o che mi debba sentire obbligata da convincerla chi io sia.
Sinceramente lo trovo sconcertante. La lascio alle sue convinzioni.
Ocasapiens: pensavo e speravo fosse più sapiente e pensante. Ora non ho nè la voglia né il tempo di controbattere a tutte le sue puntualizzazioni. Se ci mettiamo a cercare numeri su Internet, troviamo tutto ed il suo contrario. Per esempio su World Cattle Inventory a me risulta questo:
https://beef2live.com/story-world-cattle-inventory-ranking-countries-0-106905#:~:text=The%20world%20cattle%20inventory%20in%202020 Poi avendo conosciuto Gerber, so come sono arrivati a questi calcoli, ma qui entreremmo in un ambito di gossip che non mi appartiene.
Mi interessa di più ragionare. Se fosse vero che l’allevamento ha fatto AUMENTARE continuamente i Gas Serra negli ultimi 250 anni (a me risulta che la CO2 è aumentata significativamente solo da pochi decenni, ma evidentemente leggiamo statistiche diverse!) perché non è successo lo stesso anche nei secoli e millenni precedenti? Un pò di Gas Serra in più ogni anno (facciamo la metà, o anche un quarto di quell’ipotetico 14,5%) accumulato in migliaia di anni e ora dovremmo essere arrostiti. Tenga conto che negli USA ci sono ora 80-90 milioni di bovini, ma fino a 150 anni fa su quelle stesse pianure pascolavano 50-60 milioni di bisonti assieme a decine di milioni di antilopi, cervi, ecc. Anche questi ruminanti selvatici producevano metano, o no? Perché nessuno accusa anche le termiti? Faccio notare che la massa totale delle termiti è più o meno equivalente alla massa dei mammiferi ed anche le termiti producono metano da milioni di anni.
Altro argomento è l’ipotetico maggior consumo di acqua. Visto che accusa noi allevatori, dovrebbe almeno avere la gentilezza di informarci in quale altra dimensione spazio/temporale va a finire tutta quest’acqua CONSUMATA. E perché accusa solo noi e non anche le centrali idroelettriche? Dato che non mi risulta che l’acqua che entra in una turbina sparisca dalla faccia della terra, perché invece dovrebbe sparire l’acqua bevuta o mangiata da una vacca o da una gallina?
Sarei anche curioso di sapere da lei quanta acqua consuma un pesce pescato o allevato.
Non ho mai pensato o scritto che l’effetto dell’AUMENTO della CO2 o del metano non siano importanti. Ho solo affermato che quest’AUMENTO (è su questa parola che dovrebbe riflettere) sia attribuibile all’allevamento che non fa altro che riciclare sempre gli stessi elementi.
Come ambientalista (sono uno dei primi aderenti al vecchio movimento il Sole che Ride fin dai tempi del liceo) sono anche io preoccupato dell’attuale Cambiamento Climatico, ma non si aiuta certo la causa ambientalista divulgando balle. Purtroppo quando queste vengono inevitabilmente scoperte, molti poi non finiscono con il non credere anche alle cose vere ed importanti. E’ questo che più mi preoccupa.
Il mio libro riguarda solo in piccola parte dove e quando è iniziata la domesticazione. A differenza di quello ottimo della Clutton-Brock che invece tratta solo questo argomento, nel mio ipotizzo anche la motivazione (primum movens sacrale e non pratico) e con soddisfazione vedo che molti altri paleontologi ora la pensano come me. Il 90% del libro tratta di come gli animali domestici hanno influenzato la storia, la religione, l’economia, il modo di pensare, vestire, comportarsi, ecc. ecc.
Franco,
Ora non ho nè la voglia né il tempo di controbattere a tutte le sue puntualizzazioni. Se ci mettiamo a cercare numeri su Internet, troviamo tutto ed il suo contrario. Per esempio su World Cattle Inventory a me risulta questo:
https://beef2live.com/story-world-cattle-inventory-ranking-countries-0-106905#:~:text=The%20world%20cattle%20inventory%20in%202020
Devo puntualizzare perché lei non è l’unico lettore di questo blog.
Come tutti possono vedere, il suo link del 17 settembre si riferisce al ranking USDA, il mio del 27 settembre si riferisce a una presunta stima FAO per 209 paesi. Stima poco credibile, ma la fornisce il sito di riferimento dei suoi colleghi allevatori. Non Greenpeace o la FAO.
Poi avendo conosciuto Gerber, so come sono arrivati a questi calcoli, ma qui entreremmo in un ambito di gossip che non mi appartiene.
Da quanto ha scritto finora, dubito che lo sappia. Invece sono certa che “il gossip le appartiene” perché accusa da giorni gli autori dei rapporti FAO – compresi quelli scelti dalle associazioni che rappresentano lei e gli altri allevatori – di falsificare i dati.
Se fosse vero che l’allevamento ha fatto AUMENTARE continuamente i Gas Serra negli ultimi 250 anni (a me risulta che la CO2 è aumentata significativamente solo da pochi decenni, ma evidentemente leggiamo statistiche diverse!) perché non è successo lo stesso anche nei secoli e millenni precedenti?
Nessuno s’è mai sognato di dire che l’allevamento è l’unica causa dell’aumento dei gas serra da 250 anni a questa parte. Tutte le “statistiche” – nel senso di analisi chimiche della composizione dell’atmosfera – mostrano che dall’inizio della rivoluzione industriale i gas serra aumentano a una velocità senza precedenti nella storia dell’H. sapiens.
Perché nessuno accusa anche le termiti?
Tanti scienziati le accusano, e perfino Jeremy Rifkin in “Morire di carne”.
Altro argomento è l’ipotetico maggior consumo di acqua.
Non è un’ipotesi ma un fatto osservato da millenni e quantificato dagli anni ’50.
Per produrre proteine animali occorre molta più acqua potabile che per produrre proteine vegetali.
Tra l’altro, quell’acqua viene sempre più pompata da falde che si sono riempite nel corso di migliaia e milioni di anni.
Visto che accusa noi allevatori, dovrebbe almeno avere la gentilezza di informarci in quale altra dimensione spazio/temporale va a finire tutta quest’acqua CONSUMATA. E perché accusa solo noi e non anche le centrali idroelettriche?
Perché dovrei accusarvi? Il metabolismo dei ruminanti non è mica colpa vostra… Quell’acqua “consumata” viene trasformata in parte in liquami che “finiscono” nell’ambiente inquinandolo e anche contaminandolo con patogeni per decenni.
Le centrali idroelettriche non “consumano” affatto l’acqua, ne “usano” l’energia gravitazionale, il moto se preferisce.
Non ho mai pensato o scritto che l’effetto dell’AUMENTO della CO2 o del metano non siano importanti. Ho solo affermato che quest’AUMENTO (è su questa parola che dovrebbe riflettere) sia attribuibile all’allevamento che non fa altro che riciclare sempre gli stessi elementi.
Nessuno si è mai sognato di attribuire unicamente agli allevamenti l’AUMENTO delle emissioni di CO2 e di metano (o di N2O). E forse lei dovrebbe riflettere sulla differenza tra un atomo di carbonio e una molecola di metano, e delle rispettive proprietà chimiche e termodinamiche.
Lei concorda sul fatto che è aumentata la popolazione mondiale e i consumi di carne e di prodotti latteo-caseari?
Se risponde di sì, come può negare che sono aumentati gli animali di allevamento, le loro emissioni di gas serra e quindi il contributo di questi gas serra all’effetto serra?
E’ libero di negarlo, ovviamente, ma secondo me non le conviene farlo qui e aspettarsi di essere preso sul serio.
Sempre più sconcertante.
Ma lei Franco, i calcoli fisici li ritiene corretti solo per quello che le torna comodo, tipo per la massa di termiti o per prendere l’aereo?
E’ sconcertante che riesca a vedere le cose in piccolo ma sembra che non riesca a vederle nel quadro generale.
E non credo che si renda conto che anche un eccesso di messaggi informatici inquina, menomale che si definisce ambientalista!
Sylvie, se posso darle un consiglio: non gli risponda.
Ciao!
i consigli sono sempre benvenuti, Marianna, grazie! Rispondo perché preferisco che il mio blog non sia fonte di disinformazione.
“Forse lei dovrebbe riflettere sulla differenza tra atomi/elementi e molecole così capirebbe che non hanno le stesse proprietà chimiche e termodinamiche.”
Spassosissimo il dibattito (mi ricorda un po’ la “conversazione” che ho avuto un paio di anni fa sul mio blog con un coltivatore di orzo a proposito del futuro della birra…). Ho prenotato con largo anticipo in prima fila, naturalmente con gel disinfettante e mascherina. La frase evidenziata penso sia l’apice, per ora… 😀
naturalmente con gel disinfettante e mascherina.
Grazie Steph, il popcorn ce l’ho io.
Ciao, sono Wispa Teresa,
e l’argomentazione di Franco “Se fosse vero che l’allevamento ha fatto AUMENTARE continuamente i Gas Serra negli ultimi 250 anni … perché non è successo lo stesso anche nei secoli e millenni precedenti? Un pò di Gas Serra in più ogni anno … accumulato in migliaia di anni e ora dovremmo essere arrostiti ” mi sembra una
…
ehm
…
…
…
– Sì ..? le sembra una …?
…
ehm … “fesseria” si può dire?
– Dipende dal contesto. Perché lo vuole sapere?
Beh, sa, non vorrei dire una fesseria …
– E allora non la dica!
Questa è davvero una soluzione genia’FARFALLETTA!-CIACK!
– ?
Ecco … non era propriamente una farfalletta, bensì era una cavalletta …
– !
L’ho spiaccicata, naturalme’
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Animale nocivo – arreca danni gravissimi ai coltivi. Ma cerchiamo di non cambiare discorso, per piacere, ché resta ancora da capire quella dei gas digestivi di armenti e greggi dai tempi dei Faraoni in qua.
Saluti.
WP
Grazie del contributo, Wispa Teresa, adesso spero che vorrà illuminarci sui gas digestivi di armenti e greggi dai tempi dei Faraoni.