Come la compianta Betty

Tra i corvi della Nuova Caledonia che facevano esperimenti a Oxford su come procurarsi il cibo che il diabolico Ale Kacelnik – scusa, prof, e buona pensione anche a te – teneva fuori dalla loro portata, Betty era la più geniale e creativa. Insegnava perfino meccanica alla prole… Eppure qualche vile scienziat* dubitava che fosse capace di pensare.
Le dava addirittura del robot!

Oggi Betty è vendicata. Science mette in copertina il primo piano di una splendida cornacchia nera. Come tutti i corvidi, i piccioni, le civette e chissà quanti altri uccelli, ha una corteccia cerebrale anche se non assomiglia alla nostra (nel cervello aviario i neuroni sono disposti a grappoli) “e pensa”. Lo dimostrano due ricerche spettacolari, introdotte così da Suzana Herculano-Houzel:

  • Dal punto di vista cognitivo gli uccelli, i corvidi in particolare, sono altrettanto capaci delle scimmie e perfino di quelle antropomorfe. Poiché i loro neuroni sono più piccoli, il pallio degli uccelli canterini e dei pappagalli comprendono di fatto più unità neuronali che elaborano l’informazione nella corteccia dei mammiferi di pari dimensioni. In questo numero Andreas Nieder et al. mostrano che il pallio di un uccello ha neuroni che rappresentano ciò che percepisce—un marcatore della coscienza. E Martin Stacho et al. stabiliscono che il pallio ha un’organizzazione simile a quella della corteccia dei mammiferi. [link aggiunti]

Per dimensioni, la gatta Jerry è all’incirca un’aquila pescatrice. Con un po’ di allenamento imparerebbe a imitarmi come Ebisu la sua padrona? Ebisu è la protagonista della ricerca di Claudia Fugazza et al. uscita su Animal Cognition e recensita da David Grimm (c’è anche il video).

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Martin Petr e molti altri hanno sequenziato il cromosoma Y estratto dalle ossa fossili di Neanderthal e di Denisovani maschi e femmine, e ne hanno paragonato il Dna con quello dei cromosomi Y di H. sapiens arcaici e moderni. Suppongono con parecchia cautela che dopo incontri amorosi e fecondi con sapiens arcaici, nei Neanderthal l’Y – ereditato dal padre, ovvio – è stato sostituito da quello dei sapiens. Proprio com’era successo ai mitocondri – ereditati dalla madre. Ma perché?

Facile dire “è la selezione naturale, baby”, ma di che cosa? Nella “Perspective”, Mikkel Heide-Schirrup fa varie ipotesi. La più probabile, gli sembra, è che nella loro lunga storia i Neanderthal abbiano accumulato mutazioni sul cromosoma Y, legate alla fertilità, e che lasciavano più discendenti se avevano un Y sapiens.

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No surprise
Anche la frequenza delle ondate di calore marino (Marine Heat Waves, MHW, quelle che distruggono le barriere coralline per esempio) aumenta insieme al riscaldamento globale, scrivono Charlotte Laufkötter et al. Le 300 ondate più “grandi”, comprese le 7 più “severe”, registrate da gennaio 1981 a dicembre 2017 sono state circa 20 volte di più che nei due secoli precedenti.

Aumentano anche l’intensità e la durata, salvo per un’ondata di calore nell’Atlantico sud-orientale nel 2017. Con la FAR (Fraction of Attributable Risk) calcolano le probabilità che

  • le MHW che avvenivano solo una volta ogni centinaia e migliaia di anni nel clima pre-industriale diventino decennali e centennali  in condizioni di riscaldamento di 1,5°C e annuale e decennale se di 3 °C.

Lungo l’Australia occidentale e nell’Oceano meridionale, saranno un filino meno frequenti e intense delle altre. Adesso siamo avviati a più 3-4 °C nel 2100 rispetto al clima pre-industriale.

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Pandemia
Science pubblica una rassegna di quello che si sa in immunologia umana (e murina…) e le implicazioni per la ricerca di terapie e vaccini, tutto spiegato bene e in open access come parecchia bibliografia. Mancano due paper complementari sul covid-19, anticipati on line ieri.
Il primo riguarda varianti geniche – 13 alleli – “carenti” per l’interferone da immunità di tipo 1 che rendono i portatori più suscettibili di polmonite letale. Il secondo identifica anticorpi che neutralizzano due interferoni e in parte l’immunità di tipo 1, presenti in 101 pazienti con polmoniti molto gravi (su 987) – e molto di più negli uomini (95) che nelle donne. Invece sono assenti nelle persone asintomatiche o con sintomi lievi di infezione.
Sono dati preliminari, quelli genetici di più, ma Meredith Wadhams segnala due implicazioni terapeutiche: si possono somministrare interferoni di sintesi e per certi pazienti le trasfusioni di plasma (con anticorpi) di convalescenti sono molto rischiose.