Rassegna stampa scientifica

Chikungunya 
Su Nature, un articolo di Emiliano Feresin a proposito della sua diffusione in Italia

Api che svaniscono (Colony Collapse Disorder)
Su Science, esce una ricerca di Diana Cox Foster et al, università della Pennsylvania. Rispetto a campioni provenienti da arnie sane, in quelle abbandonate hanno trovato due virus già noti per essere devastanti, più uno che non rientra in alcuna famiglia nota. Caratterizzare un virus è talmente complicato – non parliamo poi di “isolarlo” – che già delinearlo per differenza è un tour de force.  Non è detto che quella triplice infezione – in particolare l’associazione di uno dei virus con l’acaro fetente di cui parlava Pier Giorgio di Mestre – la Varroa destructor-  sia l’unica causa della moria attuale, ma almeno è plausibile.

Sesso, cognizione e videogame
Su Psychological Science di ottobre, per sciacquarvi la mente dopo l’articolo degli illustri prof. Fodale e Mafrica dell’illustre università di Messina, uscirà una ricerca di Ian Spence et al., università di Toronto. Volevano verificare la tesi della psicologia evoluzionistica secondo la quale gli uomini hanno maggior acuità visiva e abilità spaziali delle donne, per una superiorità innata cioè genetica.

Perché l’evoluzione l’avrebbe favorita nei cacciatori, che dovevano identificare e colpire prede in movimento, mentre le donne raccoglievano frutta e tuberi. In test di acuità visiva – identificare l’estraneo in un insieme di oggetti – a Toronto gli uomini ci riuscivano nel 68% dei casi, le donne nel 55%.

Poi due gruppi, misti, hanno fatto pratica per dieci ore con due videogiochi. Uno bellico in cui si devono colpire bersagli mobili, “Medal of Honour”, uno più tranquillo e statico, “Ballance”.  Dopodiché altra batteria di test per l’acuità visiva, e gli stessi risultati, 68% per gli uomini e 55% per le donne, nel caso di “Ballance”. Invece, la differenza tra i sessi era minore ed entrambe le percentuali più alte dopo dieci ore di “Medal of Honour”.

Cinque mesi dopo, nuova batteria di test, e il miglioramento perdurava. Non solo i geni, dunque. D’altronde ci vuol fantasia, o pregiudizi, per immaginare che un tempo le donne non cacciassero piccole prede veloci, come fanno oggi le scimpanzé. L’articolo si può scaricare dal sito di Ian Spence (uno scozzese spiritoso che ama gli animali).

La pecora è mia e me la gestisco io
Problemi di proprietà intellettuale fra paesi africani, a Interlaken dove si tiene la conferenza  internazionale  sulle risorse genetiche animali. Molti rapporti e dati sul sito della conferenza. E un articolo di Kimani Chege, “Ownership squabbles hindering conservation”, su scidev.net – sito congiunto di Nature e Science sulla ricerca e lo sviluppo nei paesi più poveri.

Sia ragionevole, disse il macaco
Ancora su Science, una ricerca del gruppo di Marc Hauser, Harvard, sul  macaco (reso) che si aspetta comportamenti razionali dagli altri macachi, anche se personalmente…

Vecchie cicche
Sempre da Harvard, una news della settimana scorsa che m’aveva entusiasmata. Stephen Le Blanc et al. sono riusciti a estrarre DNA umano, lasciato con la saliva, su foglioline di yucca masticate tra 800 e 2.400 anni fa. Metodo originale per seguire alla traccia le migrazioni umane. Con foto dei masticati.

Cacche fresche
Su PLoS One, anche questo da leggere lontano dai pasti, esce la ricerca del gruppo di Mark Hindell, università della Tasmania. Hanno monitorato con metodi “non invasivi” (niente lavanda gastrica, cioè) la dieta di alcuni pinguini. Il sapore è espresso nel titolo:

Studying Seabird Diet through Genetic Analysis of Faeces: A Case Study on Macaroni Penguins (Eudyptes chrysolophus).

L’Eudyptes è quello con la faccia da incazzato fin da piccolo. Fra i pinguini, è anche medaglia di bronzo per la distanza alla quale spara la cacca. Lo so. L’articolo era uscito sul Journal of Polar Research e me l’ero dovuto studiare per candidare gli autori al premio IgNobel. L’hanno vinto, come altri miei candidati negli ultimi 4 anni perché, contrariamente a quanto crede la prof. Vicentini – cf. post “Messina” – un po’  di valutazione delle ricerche me la sono fatta anch’io.

E nel comitato IgNobel di Harvard, not hay.