Fuori tema: Roma-Qatif, via Kabul

Dopo la manifestazione di ieri,  una ministra via l’altra si dice stupita di esserne stata cacciata a fischi e parole scortesi da donne irritate di vederle in cima a un palco a parlare a nome loro, o di ritrovarsele accanto per strada. 

Perché sfilare insieme alla collaboratrice di governi che riservano molti diritti umani ai soli uomini? Da dove viene l’illusione ministeriale di rappresentare i movimenti che protestavano invece dei partiti di appartenenza?  Forse ieri mattina le (ex)ministre avrebbero dovuto (ri)leggere Lia Cigarini, sul numero di settembre di Via Dogana.

Con riserva, devo controllare ancora con qualcuno: in Usa, la stampa denuncia le condizioni indecenti di un ospedale di Kabul, finanziato e monitorato dal Dipartimento Usa per la sanità. Se non fosse una maternità, sarebbe in questa situazione?

“Qatif Girl”

Riassumo. L’anno scorso, sette uomini, di fede sunnita-wahabita, hanno aggredito e violentato una ragazza sposata di 19 anni, della minoranza shiita, e un suo amico, che avevano trovato insieme seduti in macchina nel parcheggio di un centro commerciale. Lei li ha denunciati, i tribunali – religiosi, come d’uso in Arabia Saudita – l’hanno condannata in prima istanza a 90 frustate; in seconda a 200 più sei mesi di carcere, mentre il suo avvocato era escluso dai dibattiti, sospeso dall’albo, deferito a una commissione disciplinare.

Lei ha di nuovo fatto appello. 

Raddoppiate anche le sentenze dei sette uomini per mero “sequestro”, nonostante avessero videoregistrato la violenza sessuale con il telefonino. Appello di Amnesty International.

Non trovo niente sull’amico violentato. Perché non ha fatto denuncia o perché lo stupro è reato solo quando la vittima una donna?

Détour perché è domenica, c’è il sole, e il nuovo primo ministro australiano si chiama “scardola“. Ministro per l’ambiente del suo governo dovrebbe essere l’animalista, ambientalista, femminista Peter Garrett, diventando un “bigwig”, alla lettera “parruccone”, ma forse sta meglio senza.