Per Valerie Solanas

La Wolbalchia di cui dicevo nel post di prima, è famosa per infettare gli artropodi maschi, insetti preferibilmente, trasformarli in femmine, ammazzarli, far schiudere femminucce dai larvi nascituri. Bref, una forza della natura.

Il Drosophila melanogaster’s Genetics FC se la ricorda bene: anni addietro aveva gettato dubbi su quasi un secolo di storia della genetica anche umana, dopo un allarme che in realtà era stato un po’ gonfiato (o sbaglio, Mauro?)

Sui Proceedings of the Royal Society B – Biological Sciences, giusto Mauro (Mandrioli, di pikaia) dell’univ. Modena-RE, Ilaria Negri e Alberto Alma, univ. Torino, et al. scrivono che l’intervento del batterio sta nel cambiare non i geni degli insetti, mai i meccanismi che li regolano, detti epigenetici. E – qui viene il bello – i meccanismi sono simili a quelli che negli umani causano certe forme di tumore, ritardo mentale, malformazione di organi.

Hanno studiato quello che accade quando il cicalino Zyginidia pullula (foto) ospita la Wolbachia. Di femminile prende l’aspetto e – cito dal com. stampa – “il sex-appeal”.  Per cui i transgendered, femmine fuori e cromosomi maschili dentro, vengono corteggiati da cicalini non portatori di Wolbachia, con i quali talvolta fanno pure dei figli.

L’ intervento, notano gli autori, non sempre riesce. Allo zighidinio capita di conservare i testicoli e di rimetterci ogni sex-appeal… In una ricerca precedente, alcuni degli autori avevano curato con la tetraciclina certe apparenti zighidinie che avevano poi riacquistato i tratti epigenetici dello zighidinio, purtroppo non ricordo con quali conseguenze sul sex-appeal.

OT
– speciale on line di Nature, per la morte di John Maddox
– genomica dell’estinzione della Casa d’Asburgo su PLoS-One