Non è il clima

tordobotaccio
Se fate parte dei naturalisti dilettanti di ogni età e di 15 paesi dell’Unione Europea che hanno contribuito alla ricerca sull’evoluzione delle chiocciole Cepaea nemoralis attorno a casa vostra, trovate i risultati delle vostre fatiche su PLoS ONE. Complimenti.

Per prima cosa, nel 2009 che era il bicentenario di Charles Darwin, sul sito Evolution MegaLab e magari facendovi aiutare dai membri della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica, dai ricercatori dei Musei di storia naturale e, se minorenni, dagli insegnanti di scienze, avete dovuto imparare un bel po’ di cose. A distinguere la Cepaea nemoralis adulta che ha l’orlo del guscio marrone, dalla Cepaea hortensis che ce l’ha bianco; le zone dov’era stata censita tra il 1930 e il 1980; in che tipo di habitat – boschi, siepi, prati, dune – svolgere il vostro censimento; e come identificare il polimorfismo della conchiglia cioè quante strisce scure e chiare o nessuna.

Le ipotesi che la vostra ricerca sul campo doveva confermare e/o smentire erano due, principalmente:

–  la densità di alcuni uccelli influisce sulla distribuzione di colore e bandeggio delle conchiglie? E se questa densità è cambiata negli ultimi anni, sono cambiate anche le chiocciole?
– la distribuzione dei colori della conchiglia è cambiata recentemente con il riscaldamento climatico?

Quest’ultima è un’idea sensata. Se la conchiglia è priva di strisce scure, riflette meglio la radiazione solare e consente all’abitante di star fresca/o anche quando fa più caldo. Ma la quantità inaudita di dati che avete raccolto ha consentito a una schiera di biologi evoluzionistici, tra cui Giorgio Bertorelle dell’università di Ferrara che ha coordinato la partecipazione italiana

di applicare un test potente  (una serie di analisi statistiche per tener conto delle variabili: habitat, altitudine, temperature, predatori ecc., ndr) all’ipotesi di un legame tra i cambiamenti climatici e il polimorfismo della chiocciola zebrata. L’ipotesi è stata chiaramente smentita, ma con nostra sorpresa lo studio ha prodotto un secondo risultato chiaro: sono aumentate le forme zebrate e in particolare quelle con un numero intermedio di strisce. Queste tendenze evolutive sembrano connesse, non al riscaldamento climatico, bensì a una diversa pressione predatoria esercitata dagli uccelli.

L’aumento delle chiocciole bionde c’è stato nelle dune, però marginale, e la correlazione con l’aumento della temperatura è statisticamente insignificante, al contrario di quanto riferito dalla stampa. La prima ipotesi resta quindi in piedi, potrebbe essere calata la popolazione di Turdus philomenus, un migrante canterino che preferisce la Cepaea nemoralis moderatamente zebrata. Il che ha subito fatto venire mente ai ricercatori di sfruttarvi di nuovo:

Data l’entusiasmo popolare per il bird-watching, quest’ultima ipotesi fornisce un’altra opportunità di ricerca utilizzando il potere della scienza cittadina.

Potreste allenatevi a contare i tordi bottacci.