Bee Killer?

via Oggi Scienza

Su Apidologie, Denis Favre racconta un suo esperimento “pilota”. Ha messo due cellulari sotto due arnie. Lasciati in stand-by, le “ragazze” non se n’accorgevano; se erano accesi, dopo 25-40 minuti, emettevano il ronzio acuto e un po’ sibilante che rientra nella “comunicazione acustica” usata tra altre come preavviso circa un quarto d’ora prima di una sciamatura.

Dopo 20 ore passate sul cellulare acceso però, non erano ancora sciamate. Stranamente, Favre cita questa notizia dell’AFP che la riprendeva dal Times of India:

Viene riferito che il dott. Sainuddin Pattazhy, ambientalista e insegnante di zoologia nel Kerala, ha condotto un’esperimento per determinare  l’effetto sulle api delle onde elettromagnetiche emesse dalle antenne di telefonia mobile e dai cellulari. Quando un cellulare veniva tenuto accanto all’arnia, le bottinatrici non ci tornavano e la popolazione della colonia crollava nel giro di 5-10 giorni. Il Dott. Pattazhy ritiene pertanto che la crescita incessante dei sistemi di comunicazione mobile potrebbe mettere a rischio le api del Kerala entro dieci anni.

Niente dati, solo notizie di terza mano che l’esperimento di Favre smentisce: le sue api non sono mica scappate. Ipotizza lo stesso che, dovessero confermarlo altre ricerche, la radiazione del cellulare potrebbe essere un’altra causa della sindrome da spopolamento delle colonie (CCD). Francamente c’è una bella differenza tra captare frequenze, ronzare “se non lo spegnete cambiamo casa” e svanire per sempre.

Eppure
Api impazziscono vicino al cellulare
I cellulari disorientano e uccidono le Api
Cellulari: le radiazioni che emettono fanno impazzire le api
Ecc.

In attesa che Franco Pannella scriva qualcosa su Mieli d’Italia per calmare gli ansiosi, segnalo che come primo libro la nuova casa editrice Montaonda ha tradotto l’incantevole Apicoltura all’abbazia di Buckfast di Padre Adam (Karl Kehrle, 1898-1996).

A qualcuno il posto farà venir in mente uno scandalo di pedofilia, ma a quanto ne so Padre Adam non è mai stato coinvolto. Parcheggiato nell’abbazia dalla madre quando aveva 11 anni, quel benedettino preferiva nettamente la compagnia delle api. Nel 1917 ha selezionato l’ibrido Buckfast, poi molte altre varianti, e nei decenni ragionando su ogni colonia in termini di metaorganismo, ha messo a punto un’apicoltura su vasta scala. E’ razionale, molto produttiva, sperimentata e pianificata come in un allevamento vero e proprio, però minimizza gli stress e rispetta le api “i cui istinti prevalgono sempre”. Qualunque cosa facesse, riuscivano a sorprenderlo, ne era felice anche in caso di brutta sorpresa, e ancora più incuriosito. Il libro, con un inserto di foto storiche, costa 13 euro e li merita.

Alla presentazione l’altro giorno, al Centro Botanico di via Cesare Correnti, l’editore e co-traduttore Luca Vitali che apicultore non è, precisava che con questo libro non intende promuovere l’ape Buckfast. E’ ottima per le lande inglesi attorno a Dartmoor, per il clima mediterraneo penso che convenga comprare regine locali.

La foto è di Francesca Zacchetti, un’altra allevatrice – apicultrice per passione, che dà consigli sensati.