Trent'anni di montagne russe

Alla vigilia del vertice AIDS 2010, quando i gel topici provati per prevenire la trasmissione dell’Hiv alle donne erano stati più che deludenti, addirittura pericolosi, sono usciti i dati sudafricani del primo esperimento che abbia dato risultati positivi.

Nel maggio scorso, in tempo per la presentazione ai capi di governo del bilancio dell’UNAids (Aids at Thirty) è stato addirittura sospeso l’esperimento clinico con gli antiretrovirali somministrati al/lapartner sieropositivo/a ma senza sintomi in coppie discordanti. Inutile continuare: in sei anni, c’è stata una sola nuova infezione.

Dal 12 a Roma c’è il forum delle associazioni italiane e domenica inizia la conferenza mondiale dell’Aids society. Tutti a lamentare, come da oltre vent’anni, che non s’è dimostrato efficace neanche un vaccino, né quello svolto in Thailandia né quello di Barbara Ensoli che sembra sempre meno un vaccino e sempre più un integratore della Haart.

Dopo oltre vent’anni di fallimenti, tanto vale lasciar perdere, avrà pensato anche il ministro della sanità italiano che aveva tagliato i fondi a fine giugno, con una manovra in proprio.

Fino alle 18  EST di ieri si conosceva una manciata di anticorpi “agonisti” prodotti dalle cellule B capaci di legarsi all’Hiv imitando una proteina (CD4) che sta a mo’ di serratura sui linfociti T ed è il bersaglio preferito del virus. E solo un paio che lo bloccava saldamente. Anticipato on-line da Science, un articolo ne descrive altri 576 che somigliano un po’ ma non del tutto a quella proteina.

Isolati nelle cellule di quattro sieropositivi non parenti – non un caso di somiglianza genetica, ma di un gene delle cellule B che si mette a esprimere imitazioni di CD4 – disattivano il 96% dei 118 tipi di Hiv sui quali sono stati testati. Uno per uno.

Come scrivono all’incirca gli autori, la scoperta potrebbe essere utile sia per un vaccino che per un trattamento.