Sindrome bipolare

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A Trento, discussione con Maria Inglisa e Stefano Caserini, autori di libri sulla comunicazione delle scienze climatiche. Sicura che da universitari incolperanno noi giornalisti di intorbidire le acque, apro con gli abusi della par condicio da parte di certi universitari di maggior rango quali Franco Battaglia ed altri Prodi.

Non serve. Maria ci accusa di allarmismo e di confondere meteo e clima in occasione degli eventi estremi. Non è una nostra esclusiva come passa a dimostrare facendo l’esempio dell’uragano Katrina. Era abusivo collegarlo ai cambiamenti climatici, dice, perché nel sommario del IV rapporto IPCC  c’è scritto che

non c’è alcuna tendenza chiara nel numero annuo dei cicloni tropicali.

In realtà il paragrafo inizia con

Dagli anni ’70 le osservazioni mostrano un aumento dell’attività dei cicloni tropicali nel Nord Atlantico, correlato all’aumento delle temperature di superficie dei mari tropicali (pag. 9)

Stefano cerca di ricordarlo a Maria per evitarle di sbagliare oltre. Non serve. “Cito l’IPCC,” protesta, “ho fatto la mia ricerca, ho dati quantitativi, non potete contestarli”. Possiamo perché ha lasciato fuori dati essenziali, per es. che esistono più mari e oceani che terre emerse e che New Orleans sta su una riva dell’Atlantico nord.

Una sociologa della comunicazione non è tenuta a sapere la geografia o che la temperatura è una misura dell’energia o che da quest’ultima dipende l’intensità di un uragano. E’ più strano che scriva

Dal momento che, come ha puntualizzato il noto sociologo olandese (sicDenis McQuail,pochi di noi possono ricordare un caso in cui si sono formati un’opinione o hanno ottenuto un’informazione importante senza i media”, allora diventa di importanza cruciale approfondire chi, come, quando e quanto parla di cambiamenti climatici nei mass media.

(parenti amici insegnanti libri esperienza ecc. non contano?) per poi ignorare l’influenza di inserzionisti e lobbisti su “chi, come, quando e quanto parla nei mass media”, insinua cortesemente Stefano con un breve riferimento a C’è un problema con l’Eni di Sabina Morandi. Non serve.

Ieri su Climate monitor, il ten. col. commenta il modello paleoclimatico pubblicato su Science da Stephen Baker et al. (di cui ha letto solo il com. stampa) e basato, come molti altri, sul “concetto di altalena termica bipolare“. In breve, quando il polo Sud si raffredda, il polo Nord si scalda e vice versa, forse per una variazione nella potenza della cinghia di trasmissione dell’Atlantico meridionale.

Baker et al. simulano il clima della Groenlandia usando i dati sul metano ricavati dalle carote antartiche per 800 mila anni e li raffrontano con i 100 mila anni ricavabili da quelle groenlandesi. Grazie al bipolarismo, riescono a identificare quasi tutti gli eventi Dansgaard-Oeschger durante i quali la Groenlandia s’è scaldata in media di 5° C nel giro di 30-40 anni.

Il ten. col. ne è piacevolmente sorpreso:

questa immagine è in effetti piuttosto diversa da quella di un clima placido e imperturbabile che sarebbe stato soggetto a sconvolgimento soltanto nel recente passato e soltanto per cause esterne al sistema stesso.

Gli era rimasta impressa sulla retina da quando un paper di Roy Spencer gli aveva “restituito l’immagine di un sistema climatico meno sensibile alle perturbazioni” (nota 1). Sempre lieto di contraddirsi, si mette 

a ipotizzare che quella che stiamo vivendo negli ultimi secoli, cioè a partire dalla fine della PEG (la piccola era glaciale tra fine ‘600 e inizio ‘800, ndt) e perché no anche negli ultimi decenni, possa essere appunto anche una transizione naturale. (nota 2)

Ancora niente commenti. I suoi fedelissimi esitano a negare che “negli ultimi decenni” l’Antartide s’è scaldata, la Groenlandia e l’Italia pure? O stanno ancora cercando di riconciliare il post di ieri con quello in cui il loro capo elogiava la spenceriana ciofeca?

Nota 1: vedi Il vestale del meteo

Nota 2: naturale come da Prima legge del brodola termoalinità: “qualunque cosa venga aggiunta per mano antropica non ha effetto”.

Aggiornamento: il 12 settembre, compare un commento dell’ing. Morabito che riassume la propria ignoranza dell’articolo di Baker et al., di vent’anni di ricerche (cliccare su “altalena termica bipolare” per farsi un’idea) e del fatto che il clima globale non è quello groenlandese con:

Forse la finiranno con le tiritere del “senza precedenti”?

Il 7 settembre, stessa testata, Giorgio Stecconi Bortolani festeggiava il fallimento di una fabbrica californiana di pannelli solari

All’inizio del suo mandato presidenziale il presidente Obama aveva indicato alcune aziende come modelli di sviluppo della nuova società economica americana, tra queste troviamo la Solyndra… L’amministrazione americana, inoltre, era passata dalle parole ai fatti concedendo un prestito di oltre 500 milioni di dollari alla società oggi apparentemente fallita. Naturalmente i repubblicani non si lasceranno scappare l’occasione di evidenziare un clamoroso buco nell’acqua, pardon nel silicio. … Se volete approfondire andate qui, sul NYT (link nell’originale).

In realtà
– il prestito era una garanzia;
– l’amministrazione americana era passata dalle parole ai fatti nel 2005 quando i repubblicani avevano approvato una prima garanzia;
–  il Wall Street Journal non è il NYT.
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Spero che si tratti di un’omonimia. Certi pazienti potrebbero preferire un diabetologo che non travisa quello che legge.