Eticamente impossibile

Ne avevo già parlato. Adesso è uscito il rapporto del Comitato presidenziale di bioetica sugli esperimenti disumani condotti in Guatemala tra il 1946 e il 1948… Il seguito su Oggi Scienza.

Nature torna sul processo intentato ai sismologi italiani per non aver sottovalutato i rischi di terremoto all’Aquila, con un’opinione di Willy Aspinall (prima di parlare, consultate i vostri legali…) e un reportage di Stephen Hall.

Vantaggi evolutivi del Dunning-Kruger
L’eccesso di fiducia in sé (0verconfidence) accresce l’ambizione, la determinazione, la credibilità dei bluff e quindi le probabilità di successo, ma anche valutazioni errate, aspettative irrealistiche, decisioni rischiose. Tutto sommato dovrebbe diminuire il tasso di sopravvivenza. Ma Dominic Johnson e James Fowler presentano

un modello evoluzionistico il quale mostra che – contro-intuitivamente – l’overconfidence massimizza la fitness individuale. Le popolazioni tendono a diventare overconfident finché i benefici ottenuti dalle risorse contese sono superiori al costo della competizione. Al contrario, strategie basate sull’assenza di preconcetti (unbiased, quant’è prolisso l’italiano!) sono stabili solo in condizioni limitate. Il fatto che popolazioni overconfident siano stabili in un’ampia gamma di ambienti può in parte spiegare come mai l’overconfidence è tuttora prevalente, anche se contribuisce all’hubris, alle bolle del mercato, ai collassi finanziari, ai fallimenti degli interventi politici, ai disastri e a guerre costose.

Sostanzialmente d’accordo il commento di Matthijs van Velen e Martin Nowak: la selezione naturale favorisce le illusioni positive.

Misure estreme
Coincidenza, un collega di Climalteranti segnala un commento di Pietro Greco a proposito dell’articolo di Quirin Schiermeier, sul nesso tra clima ed eventi meteorologici, sottotitolo:

Si possono attribuire uragani violenti, alluvioni e siccità al cambiamento climatico? Alcuni scienziati cominciano a dire di sì.

L’articolo di Quirin mi era anche arrivato da agronomi e fitogenetisti della CGIAR (discutono parecchio del nesso, visto che gli eventi estremi si moltiplicano come conigli), Pietro lo riprende anche dal punto di vista della “comunicazione della scienza”

Insomma, la questione che pone Nature sembra essere: è bene sacrificare un po’ del rigore scientifico per una giusta causa. Tanto più perché, pur mancando spesso la “pistola fumante” sono molti gli indizi che individuano nel clima quanto meno un complice del misfatto meteorologico.
La discussione è aperta.

Ma Quirin ha scritto:

Reliable attribution of extreme weather events is also important for the public’s understanding of climate change, and to their willingness to support measures to reduce greenhouse-gas emissions.

Quale rigore scientifico ci sarebbe da sacrificare? Ci sono metodi per accertare l’affidabilità di un’attribuzione, come si vede dalle ricerche sulle alluvioni in Gran Bretagna o sull’ondata di caldo in Russia citate da Quirin. Neghisti a parte, nessuno vuol renderli meno rigorosi.

Sulla comunicazione all’opinione pubblica, ha già risposto Stephen Schneider: l’onestà non va sacrificata all’efficacia né l’efficacia all’onestà. Vale anche per noi giornalisti, ça va sans dire o “la discussione è aperta”?