Sensatezze


Su Nature, Alison Abbott vuol far piangere Don Verzé con la triste storia del San Raffaele, e 21 agronomi, biologi ecc. lo zootecnico Claudio Costa con le loro “Soluzioni per un pianeta coltivato“.

Prima descrivono lo stato dell’agricoltura mondiale, gli impatti ambientali globali in particolare dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici e gli scopi da raggiungere per sfamare le bocche previste da qui al 2050. Bisogna fermare l’espansione agricola, chiudere il divario tra le rese nelle diverse regioni, accelerare l’uso efficiente delle risorse  – terre, acqua, fertilizzanti ecc. – e chiudere il divario dietetico fra i satolli cronici e gli affamati, cronici anch’essi.

Piccoli cambiamenti della dieta (per esempio dal consumo di bovini alimentati a cereali passare a quello di pollame, suini e bovini tenuti al pascolo) e nelle politiche di bioenergia (per esempio non usando piante alimentari  per i biocarburanti) possono accrescere la disponibilità di cibo e ridurre gli impatti ambientali.

Per prima cosa vanno eliminati gli sprechi, ça va sans dire, ma finché il 99% non s’indigna…

Secondo un recente studio della FAO un terzo del cibo va sprecato, secondo altri che lo è metà dei raccolti in metà delle colture, e alcuni alimenti deperibili hanno perdite post-raccolto del 100% per colpa delle condizioni di stoccaggio e trasporto. Nei paesi industrializzati i produttori hanno perdite minori, ma a livello di dettaglio e di consumatori, lo spreco potrebbe superare il 40%.