Chicago comics


FonteNella rassegna stampa di Action Aid, c’è l’articolo del Corriere sul curriculum del candidato Oscar Giannino, leader di Fare per Fermare ecc., direttore del chicago-blog e senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni. La versione precedente comprendeva una laurea in giurisprudenza, una in economia e un diploma conseguito alla Chicago Booth School of Business  dove insegna Luigi Zingales che, prima di mollare Oscar e il suo movimento come patate bollenti, dava una patina accademica a un programma elettorale credibile quanto altre bufale dell’Istituto Bruno Leoni e ora scrive:

È con una disperazione profonda che ho rassegnato le mie dimissioni da Fare per Fermare il Declino. Dopo aver avvisato i vertici ieri, lo faccio oggi in modo pubblico, perché ho trascinato molte persone in questo movimento e mi sento in dovere di spiegare loro le ragioni della mia scelta. Io credo nella trasparenza, anche in queste scelte.
Non mi dimetto certo perché sono in disaccordo con le proposte di Fare…  I fatti sono i seguenti. Quattro giorni fa, per caso, ho scoperto che Oscar Giannino ha mentito in televisione sulle sue credenziali accademiche, dichiarando di avere un Master alla mia università anche se non era vero. Anche la sua biografia presso l’Istituto Bruno Leoni ora prontamente rimossa riportava credenziali accademiche molto specifiche e, a quanto mi risulta, false. Questo è un fatto grave, soprattutto per un partito che predica la meritocrazia, la trasparenza, e l’onestà. Ciononostante, il fatto per me ancora più grave è come questo brutto episodio è stato gestito. In una organizzazione che predica meritocrazia, trasparenza, ed onestà, la prima reazione avrebbe dovuta essere una spiegazione di Giannino ai dirigenti del partito, seguita da un chiarimento al pubblico. Invece Oscar si è rifiutato, nonostante io glielo abbia chiesto in ginocchio.

Avrei voluto esserci.
Nella versione attuale del cv, restano la militanza in un piccolo partito e il giornalismo. Niente di particolarmente ridicolo rispetto alle smentite date dai fatti alle opinioni infondate; al leader che si attribuisce titoli falsi e poi accusa Wikipedia di averli inventati; all’Istituto Bruno Leoni che nega di aver (h/t Fabio) ha “sbianchettato” il cv del suo senior fellow..
E come dice la Teiera:

Uno dei problemi del movimento “Fermare il declino” di Oscar Giannino è che in tv e alla radio la pronuncia è indistinguibile da “Fermare il declino di Oscar Giannino”.
E i sondaggi di questo movimento in effetti non vanno molto bene.

***

OT
Aiuto, da climalteranti mi rubano le bufale…
OT 2
Houston, we have a prob… Pronto, Houston? … Houston?
OT 3
Il Tea Party è nato da un’idea di Big Tobacco, dettagli da Climatecrocks
OT4
Lieve dissenso interno alla NASA: nubi e clima secondo i dati CERES e secondo quelli MODIS, recensione da Skeptical Science

48 commenti

  1. mmm…. alcuni appunti al riassunto/analisi.
    La credibilità del programma l’ha verificata indipendentemente per il corriere oxford economics e non pare peggiore di quella degli altri partiti. Luigi Zingales si è dimesso ma non ha mollato niente come patate bollenti, infatti dichiara il suo intento di votare per Fare e l’invito a farlo. Il “piccolo partito” è il partito repubblicano italiano che forse non per dimensioni ma per storia (è il più antico partito italiano) e impatto culturale è uno dei fondamenti della nostra repubblica (2 esponenti a caso: Mazzini, Spadolini). Nessuna accusa di averli inventati ma semmai l’ammissione di non aver corretto un errore su wikipedia (N.B. non intendo dire che sia una spiegazione plausibile ma non ho mai sentito Giannino accusare nessuno di aver falsificato alcunchè).
    L’insituto Bruno Leoni tramite Carlo Stagnaro ha ammesso di aver corretto (o sbianchettato se preferisce) il CV di Giannino, in quanto ammette di averlo compilato sulla base di informazioni in internet http://tg24.sky.it/tg24/politica/2013/02/18/zingales_lascia_fare_giannino_cv_master_chicago.html

  2. Non è solo IBL a parlare del Master a Chicago, lo ha detto lui stesso a Laura Pertici di Repubblica.

  3. @Fabio
    wikipedia cita dichiarazioni dii Giannino, come tutti. Non immaginavo che il Bruno Leoni fosse così dilettantesco da pubblicare un cv senza farlo vedere all’interessato. Ma se lo dice Carlo Stagnaro…
    Oxford Economics: la qualità della valutazione dipende da quanto si spende, dubito che il Corriere si sia svenato.
    “Zingales molla ecc.”: ho dimenticato il link alla sua lettera, adesso lo metto.
    Non faccio né un’analisi né un riassunto – ho già scritto che penso delle posizioni del Bruno Leoni. Come socia di Action Aid, segnalo ai volontari che Giannino aderisce al punto 1. (trasparenza) il giorno stesso in cui si scopre che dice le bugie

  4. Provo a esprimere meglio i miei punti ai quali non mi pare sia stata data una risposta nel merito.
    1) riguardo a wikipedia: non discuto che abbia riportato esattamente le dichiarazioni di Giannino, ne che abbia mentito. Solamente mi pare errato dire che Giannino “accusi” wikipedia di alcunchè.
    2) riguardo al Bruno Leoni: allo stesso modo non dubito dell’errore commesso o che origini da una menzogna di Giannino ma non è vero che qualcuno neghi l’errore e la correzione (lo sbianchettamento) perciò quanto da lei scritto non mi pare corretto.
    3) Luigi Zingales non molla come patata bollente il movimento prende una decisione sofferta (e questo è correttamente riportato da Lei aggiungendo il link della dichiarazione).
    4) riguardo a Oxford economics: in questo caso la Sua risposta è perfettamente nel merito. Mi permetto di obiettare che sarebbe un boomerang per una società di quel tipo (e non esattamente la meno nota) buttare la analisi raffazzonate e intaccare la proprio reputazione come altri in questo caso hanno fatto.

  5. @Fabio
    2) ha ragione – corretto, grazie
    1) l’accusa è dello “staff del leader”. Lei pensa che l’abbia fatta a sua insaputa?
    3) Zingales si è dimesso da Fare, più mollato di così…
    4) analisi raffazzonate non direi, semmai minime come da tariffa minima. Per es. non era incluso il controllo delle credenziali di chi predicava la meritocrazia e si attribuiva falsi meriti…

  6. 2) prego, grazie a Lei per la correzione
    1) mi scuso ma non riesco a trovare l’accusa… se c’è anche dallo staff ha ragione Lei però una simile accusa contrasterebbe con quanto dichiarato da Giannino “so che su wikipedia c’è un discussione, non ho mai preso master”, che di fatto da ragione a wikipedia.
    3) a mio parere (solo mio) mollare come una patata bollente il movimento è qualcosa di diverso da dire (cito): “E’ con una disperazione profonda che ho rassegnato le mie dimissioni da Fare per Fermare il Declino… Non mi dimetto certo perché sono in disaccordo con le proposte di Fare. Sono fiero della campagna elettorale che è stata fatta e ringrazio Oscar Giannino, Michele Boldrin, e tutti quanti per l’enorme sforzo che vi hanno dedicato.
    Credo fermamente nelle idee che abbiamo portato avanti insieme. Ma ho sempre pensato che anche le idee più sane abbiano bisogno di gambe sane….” cmq è questione di interpretazione
    4) concordo che la coerenza di chi scrive un programma è fondamentale per la credibilità del programma stesso…. perciò ritengo è che il programma di fermare il declino sia credibile quanto meno come (ma probabilmente di più) quelli degli altri partiti

  7. @Fabio
    1) la trova virgolettata nell’articolo del Corriere e corrisponde all’auto-difesa iniziale di Giannino, mai millantato nulla, mai guardato le mie biografie in rete, è un complotto di Berlusconi ecc.
    2) Non vedo come Zingales poteva dissociarsi di più: non solo si dimette, dice pure dice che “l’organizzazione” si è comportata male. Libero a ognuno di interpretarlo come un invito a votarla.
    4) Questo mi fa ridere di più, vista l’associazione con il Bruno Leoni famoso per le pretese elitarie da “super-casta”, le bufale su clima, sanità e ambiente, la difesa del diritto delle multinazionali a inquinare, l’ostilità alle organizzazioni della società civile ecc.

  8. 1) ora l’ho vista… dico solo per fortuna (per la mia considerazione di fare) è stato solo un commento a caldo che poi (rapidamente) è rientrato e cambiato completamente nell’ammissione di aver commesso un grave errore
    2) non è un’iterpretazione è lo stesso zingales (nella pagina fb) a confermare il voto (pur “turandosi il naso” e nella prospettiva che fare diventi altro dopo le elezioni), a confermare la sua convinzione nelle idee e nella bontà delle persone che partecipano al movimento (le migliaia di attivisti)
    4) a me fanno ridere (anzi piangere) di più le bufale su clima sanità e ambiente, oltre ad altri temi, che sono state parte del programma dei partiti in questi anni e che (attuate) ci hanno portato dove siamo.

  9. La cosa più divertente per me è scoprire finalmente perché questi signori si battessero con tanta foga per l’abolizione del valore legale del titolo di studio.

  10. Ocasapiens, ocasapiens, è da tanto che non passavo di qui, ne é passata di acqua sotto i ponti…
    Nel paese dei bugiardi paga il conto la vanità di Oscar:
    http://www.linkiesta.it/oscar-giannino-elezioni-2013
    Preferiamo davvero le bugie su MPS e Ruby rubacuori?
    Per quanto riguarda la patina accademica, l’uscita di Zingales non la scalfisce minimamente: http://noisefromamerika.org/articolo/economisti-che-sostengono-programma-fare
    Quanto alla credibilità del programma elettorale, be’, direi che oggettivamente quello di FARE è di gran lunga il più credibile sulla piazza.

  11. @hronir
    Grazie di essere passato di qua.
    Le bugie fanno ridere se danneggiano solo chi le dice.
    Zingales (via Harvard) dava una patina che gli altri non possono dare, come spiega la nota:

    l’adesione implica un sostegno intellettuale al programma ma non costituisce necessariamente un atto pubblico di adesione al movimento/partito né implica l’appoggio a particolari candidati.

    Programma non meno credibile di tanti altri (anche se… certi punti sono di un roseo che fa cadere le braccia, per es. che le galere appaltate ai privati costino meno o che il patrimonio di immobili e aziende pubbliche abbia quel valore in tempi di recessione e di scandali tip MPS) – se non fosse per l’associazione con il Bruno Leoni e le sue bufale da Tea Party.

  12. Andiamo, su, quali sarebbero i danni della fantasia di Giannino? A parte quelli di immagine alla causa di FARE, ovviamente. Non ha mai fatto leva in maniera determinante sui suoi presunti titoli, ha sempre messo davanti le idee e le argomentazioni (non dico sempre condivisibili, intendiamoci, ma mai ostentate sulla base di una autorevolezza che sarebbe discesa dai suoi titoli: ha sempre goduto, e, nota bene, gode ancora anche dopo queste vicende, di un’autorevolezza conquistata sul campo).
    Che poi, se vuoi, è proprio la fallacia su cui stai cadendo tu nel continuare ad usare (le tue opinioni sul)l’inaffidabilità dell’IBL per buttare nel cesso Giannino e il suo FARE: anche Newton era un alchimista e occultista, cosa facciamo, solo per questo buttiamo nel cesso la sua teoria della gravitazione universale? Una specie di argumentum ad auctoritatem al contrario.
    Sulla patina accademica, non insisto: s’è già sottolineato negli altri commenti che il gesto di Zingales si riferiva a questioni di immagine e non di sostanza del programma, e se anche vuoi ignorare la lista di economisti riportata su noiseFromAmerika perché non implica iscrizione al partito, ce ne sono comunque in abbondanza di economisti accademici fra le fila del partito.

  13. Ah, sulla presunta roseità dei due punti che citi:
    * è nozione comune che qualsiasi servizio in gestione allo stato costa di più ed è più inefficiente; perché le carceri dovrebbero fare eccezione? è questa tua opinione ad essere contro il senso comune, l’onere della prova spetta a te;
    * sulla presunta svendita del patrimonio statale: c’è questo fraintendimento diffusissimo secondo cui esisterebbe un prezzo “giusto” e secondo cui il mercato lo “sottovaluterebbe”: non esiste un prezzo oggettivo e il prezzo di mercato è il prezzo giusto. Se sembra basso, evidentemente è perché non ci sono aspettative positive rispetto a quelle che ha chi invece difende un prezzo “alto”. Detto in altri termini: se davvero quei beni e quelle aziende statali valessero più del prezzo di mercato, arriverebbe certamente qualcuno disposto a pagare un po’ di più per aggiudicarseli, visto che valgono più del loro prezzo.
    Ma stiamo entrando in territorio economico, questo blog doveva essere d’area più scientifica… 🙂

  14. e il prezzo di mercato è il prezzo giusto
    si eccome no; e il mercato è anche libero, ma ci faccia il favore hronir, il mercato OLIGOPOLISTICO mondiale è preda di pochi pescecani che ci riempiono di cacca pagata carissima; il mercato è una istituzione che è controllata da pochi ed è al servizio di pochi ci regala regolarmente crisi di sovrapproduzione insopportabili e soferenze inenarrabili; BASTA! col mercato e con i suoi (interessati) aedi.

  15. Via, hronir: ma lo vede il giannino fra la Merkel, Obama e Hollande? Ma LOL.
    IBL: per quel che riguarda le sue opinioni sul clima, è decisamente tutto fuorché affidabile.
    “è nozione comune che qualsiasi servizio in gestione allo stato costa di più ed è più inefficiente;”
    Dipende dal tipo di servizio e dal contesto geografico.
    La scuola, per es., sarebbe, in tal senso, una importante eccezione.
    http://bit.ly/XJSWG1
    E non credo che i norvegesi – per dire – sarebbero d’accordo con lei.

  16. @steph
    non dimenticare le bufale creazioniste-LaRouchiste sul DDT e malaria.
    Scuole: né in Finlandia…
    @claudio
    non spaventarmi i passanti! hronir è uno pensante e vorrei capire perché la pensa così.
    @hronir
    appunto, mi divertivano le bugie perché si sono ritorte solo contro il bugiardo.
    Non vedo come un programma sia credibile in astratto. Per te, non conta la credibilità di chi dovrebbe realizzarlo?
    Economia: forse non è una scienza, ma dovrebbe essere evidence-based lo stesso.
    Per le aziende pubbliche, sull’Economist vedo che quelle opache e scandal ridden non trovano acquirenti. Vanno ripulite prima, in Italia significa rendere efficiente e veloce pure la giustizia con investimenti notevoli su tempi lunghi. Non ho trovato il preventivo (per le dismissioni, intendo; quello generale per la giustizia è un altro punto che mi sembra roseo).
    Pensi davvero che il patrimonio immobiliare – con manutenzioni costose, vincoli di destinazione (Wal-Mart anywhere?) ecc. – si venda bene? Se è tanto ambito, perché non affittarlo? Quant’è il discount per mafie e corruzione? Quanto rende in turismo la stazione di Orsay trasformata in museo? Ecc.
    Carceri: ne so di più perché seguo un po’ i diritti umani. Per i soldi, rif il famoso bilancio dell’Arizona, riassunto di più stati; Gran Bretagna (il rapporto era da prison reform org, ma non lo ritrovo, scusa); punto di vista della lobby qui; ci sono anche rapporti sulle prigioni private in Sudafrica, ma fanno stare male.
    Per i costi sociali e umani, ci sono troppi incentivi perversi e quindi minorenni tenuti rinchiusi un massimo perché rendono di più, lobbying contro la depenalizzazione delle droghe, non denuncia delle guardie che violentano i detenuti per non perdere il contratto ecc.
    Ci sono tanti motivi morali e politici per il monopolio statale della repressione, perché non sono più validi?

  17. Eh, un sacco di carne al fuoco, si sta divagando e allargando il fronte, non riuscirò a rispondere a tutto punto per punto…
    @steph: sì, certo, dipende dal contesto, ogni caso è un caso a parte, etc, etc, però in generale i servizi statali sono sempre più costosi e più scadenti.
    Quanto ai paesi scandinavi, rispondo al tuo link con un altro link: http://www.economist.com/news/special-report/21570840-nordic-countries-are-reinventing-their-model-capitalism-says-adrian
    @claudio della volpe: già, il mercato è pieno di pescecani, per fortuna che lo Stato ci protegge!
    @ocasapiens: grazie per la fiducia, cercherò di non deluderla (segue tentativo tripartito).

  18. @ocasapiens/credibilità
    La credibilità è certamente importante, non possiamo essere esperti di tutto, dobbiamo fidarci sulla base dell’esperienza passata. Però, se capisco bene, le vostre riserve sull’IBL riguardano le sue posizioni sull’ambiente e in particolare il global warming. Qui invece si sta parlando d’economia. Ok, forse avete riserve anche sul fronte economico, ma insomma, quel che volevo dire con l’esempio di Newton è che non si può prendere una persona (o un’associazione) e pretendere che abbia posizioni corrette su tutto lo scibile umano. Non conosco le posizioni dell’IBL sull’ambiente, ma in generale, in campo economico, ho spesso trovato condivisibili le sue posizioni (non sempre, spesso: non è una religione, non è che sposi qualsiasi cosa dica l’IBL).
    In ogni caso dietro FARE non c’è solo l’IBL, ci sono economisti con un loro background (seguo noiseFromAmerika da molto, non condivido molte delle loro posizioni, ma in ogni caso, rispetto al resto dell’economia mainstream, mi trovo molto più vicino alle loro posizioni che… be’, gli altri partiti non hanno un analogo spessore economico, non ha nemmeno senso un confronto! Il loro programma è poi estremamente dettagliato, sui modi e sui mezzi con cui raggiungere gli obiettivi che dichiarano. Tutti gli altri partiti, a confronto, sono venditori di tappeti esattamente come *il* venditore di tappeti degli ultimi 20 anni.

  19. @ocasapiens/economia
    Da fisico non posso che dichiararmi sempre a favore dell’evidence-based, ma nelle “scienze” sociali la questione si fa più sottile (l’effetto della cioccolata sull’intelligenza è chiaramente evidence-based, vista la correlazione con i premi Nobel!). L’economia, non senza qualche ragione, ma più che altro facilitata dall’aver a che fare col denaro, che facilmente — ma spesso ingannevolmente — si presta ad analisi quantitative, cerca di ammantarsi di maggior scientificità rispetto alle altre scienze sociali, ma anche per essa il concetto di “evidence-based” non è sempre “scientifico” (ne discuto approfonditamente in un thread di post sul mio blog, a partire da qui: http://hronir.blogspot.it/2012/11/0-metodo-e-spiegazione-scientifica.html).
    Ad ogni modo, per entrare nel merito dell’esempio che citi, non faccio fatica a credere che le aziende pubbliche siano opache e cavalcate da scandali e che per questo non trovino acquirenti (e che il prezzo, per questo, appaia “basso”). Ma il punto è proprio che ripulirle costa. E se lo stato non è stato in grado di ripulirle finora (e per elementari questioni di public choice theory non lo sarà mai), perché mai dovremmo credere che ora, per grazia divina, riuscirà a farlo, e, di più, riuscirà a farlo spendendo meno della differenza di prezzo che poi riuscirà ad applicare…? (LOL! per dirla alla steph). Il vero punto della dismissione di beni pubblici è che rappresenta la via moralmente più giusta per l’abbattimento del debito pubblico.

  20. @ocasapiens/carceri
    Premetto innanzitutto che, in quanto libertario, non potevi trovare persona più sensibile al problema dei diritti umani violati.
    Premetto anche che, a differenza, per esempio, della questione precedente, della dismissione del patrimonio pubblico come strumento di abbattimento del debito, non considero la questione della privatizzazione delle carceri come un tema determinante nelle mie simpatie per FARE.
    Ad ogni modo il problema degli abusi verso i detenuti non ha la sue cause nella gestione pubblica o privata delle carceri, ma nella gestione della giustizia: gli incentivi perversi nascono proprio dal fatto che il soggetto che amministra la giustizia è lo stesso che amministra le carceri: lo stato. Privatizzare la gestione delle carceri, da questo punto di vista, non risolve certo il problema, visto che il committente delle eventuali agenzie private sarebbe sempre e comunque lo stato; certo però che se ci fossero più agenzie in competizione e scoppiasse un qualche scandalo, ci potrebbe essere una qualche pressione, fosse anche d’opinione pubblica, perché l’agenzia “macchiatasi” dello scandalo venga in qualche modo penalizzata rispetto alle altre, e insomma, un qualche incentivo in più ci sarebbe perché facessero con dignità il proprio mestiere. Del resto — a proposito di roseità di idee — Stefano Cucchi non era detenuto in un carcere privato, alla Diaz non entrò in azione una polizia privata e Guantanamo non è un carcere privato. A proposito, quand’è che Obama si decide a chiuderlo?

  21. Il denaro come misura di tutte le cose e il resto sono solo chiacchere. Per questo gli economisti, veri o presunti che siano, parlano di tutto e diventano sempre di più gli opinionisti di prima scelta.
    Speriamo che dopo le elezioni finisca anche la propaganda.

  22. @hronir
    “però in generale i servizi statali sono sempre più costosi e più scadenti.”
    Sempre? Alla stessa maniera con cui *qualsiasi* diventa un *caso a parte*?
    Per la scuola di base, mi pare evidente che il costo sobbarcato dallo stato sia il giusto prezzo che la collettività è disposta a pagare per non doversi sobbarcare costi futuri nettamente più grandi. E per certi versi pure nell’ambito superiore è così. Non è che quando Escher pensò di realizzare l’ETH ebbe dei ripensamenti e fu frenato dagli enormi costi di un servizio statale che forse, un giorno, sarebbe potuto diventare scadente ed inefficiente, in quanto tale. D’altronde lui veniva dal mondo imprenditoriale e finanziario.
    In ogni caso, la distinzione mi pare sterile e forse anche fallace.
    Lei sembra parlare dei costi di un servizio statale vs di un servizio privato come se si trattasse di un sistema binario. Si dimentica che lo stato consuma ricchezza ma ne produce pure? E che produce servizi indispensabili alla stessa impresa privata? E che ci sono compiti che se non se li assumesse lo stato, nessuno li intraprenderebbe? Pensa che una rete stradale o ferroviaria, per es., possa essere redditizia nell’orizzonte temporale di un qualsiasi investitore privato, che peraltro non ne potrebbe fare a meno?

  23. esimio hronir lo Stato NON è un oggetto neutro ma è controllato dalle medesime classi che usano il mercato; ne segue che senza lo Stato il cosiddetto mercato libero che è una delle due facce del controllo capitalistico dell’economia crollerebbe ad ogni crisi; la crisi attuale lo insegna con i soldini che ha elargito alle banche e alle altre istituzioni leggi imprese senza di esso le imprese private cosi’ efficienti a drenare risorse per i loro proprietari sarebbero (e in parte sono) scomparse; la contrapposizione fra stato attuale e mercato oligopolistico è ridicola essendo due parti della medesima società; gli USA che vengono presi sempre a modello dello stato del libero mercato senza l’influsso e il controllo statuale dell’economia cadrebbero il giorno dopo, solo i ciechi come lei non se ne accorgono; la cosa è stata analizzata e studiata da decenni; si veda per esempio un classico: Ralph Miliband Lo stato nella società capitalistica, si trova per pochi euro anche nei mercatini, che sono l’unica forma di libero mercato rimasta oggi: ci pensi; quanto a FARE sono cosi’ ridicole le idee come i personaggi che le difendevano e che si sono giustamente coperti di ridicolo (da soli).
    per chi non lo sapesse hronir è un oggetto definito in un romanzo di borges, molto sofisticato, ottimo per non farsi riconoscere ma tipico nome da snob, indica un oggetto che viene trovato da due persone in contemporanea;
    bisogna vedere se poi se lo tengono…..

  24. Emblematica la storia della nave, applicabile anche ai problemi ambientali. Il privato fa i danni e il pubblico poi paga per risolverli.
    Il problema con gli economisti è che ragionano solo in termini di denaro, come se le società si basassero solo su questo. Difficile per me andare daccordo con chi la pensa così.

  25. L’ironia, la tragedia, della posizione di Claudio è che i capitalisti contro cui si scaglia non sono, come crede, quelli del libero mercato, ma quelli del corporativismo, che non esisterebbero senza stato e che sfruttano precisamente il suo monopolio per ottenere tutti quei privilegi contro cui, giustamente, Claudio si scaglia.
    Riccardo, sfondi una porta aperta: il libero mercato è la legge del profit’n’loss, esattamente il contrario di quando interviene lo stato, che privatizza i guadagni e nazionalizza le perdite (Alitalia ed MPS insegnano).

  26. hronir ma non esistono piu’ da secoli ormai i capitalisti PURI senza stato, lo capisce? ma dove prende le sue informazioni? TUTTO il capitalismo è intriso di stato e lo usa ai proprii scopi, fa ridere questa idea di un capitalismo che esiste senza stato; in un mondo cosi’ profondamente pervaso di controllo puntuale lo stato E’ lo strumento principale del profitto capitalistico; la FALSA contrapposizione fra un capitalismo buono e libero e uno stato cattvo e sfruttatore e corrotto nasce dal fatto che perfino i limitati controlli che lo stato centrale deve esercitare a vantaggio di tutta la classe capitalistica per conservare il controllo globale del sistema danno fastidio a certi pescecani giganti; si pensi agli uffici e laboratori che controllano i materiali, i farmaci e i cibi;
    senza di essi saremmo tutti intossicati; l’altra sera la confagricoltura chiedeva a gran voce di aumentare i limiti legali della aflatossine perchè se no perde i profitti di questa stagione del mais in italia; la siccità indotta dal GW ha portato a questo; ma loro singoli capitalisti non lo capiscono; la questione api, dove The economist fa a cazzotti con la Bayer è un altro esempio; questo è il conflitto fra padroni privati del libero mercato e cattivo stato; hronin sveglia ma che fisico è se crede alle p…nate del “libero” mercato buono e del corrotto stato centrale; che poi chi è che lo corromperebbe: i poveracci?

  27. @hronir
    A meno che lo stato non sia costretto ad intervenire per salvare quel che non può non essere salvato perché too big to fail. Assecondando, così, i bisogni dei soviet finanziari.
    Perché, esimio hronir, non risponde alle domande?
    @claudio
    “maledetto il mercato e i suoi difensori…”
    eh, ma vedi: il fatto è che il mercato è le grand récit di questi tempi, è ubiquo, onnipresente, onnicomprensivo, onni-tutto. E per tutto ne si fa continuamente capo e continuamente lo si richiama. Permette di giustificare ogni cosa. Un po’ come Dio o l’inconscio in altri tempi.
    È talmente pervasivo e ubiquo che, de facto e in generale (tranne importanti e interessanti eccezioni), impone la dittatura del mercato sulla società. Fattene una ragione.

  28. ho perdo per strada una frase.
    intendevo dire:
    Il mercato è talmente pervasivo e ubiquo che, de facto e in generale (tranne importanti e interessanti eccezioni), costringe lo stato ad imporre la sua dittatura (del mercato) sulla società.

  29. condivido il commento di steph; faccio un esempio del conflitto pubblico privato:
    http://www.corriere.it/esteri/13_febbraio_24/beretta-rischio-fabbrica-maryland-usa_44c550d6-7e76-11e2-b686-47065ea4180a.shtml
    la beretta fa i fucili in USA; fucili d’assalto che vende a tutti; adesso minaccia di cambiare stato perchè vogliono fare una legge retsrittiva; hronir ma stiamo scherzando su mercato buono stato cattivo; per fortuna che almeno cercano di evitare la nostra autodistruzione questi pessimi e corrotti gestori statali, se fosse per i padroni privati e liberi soprattutto liberi di fottere, ammazzare, sparare e spararsi saremmo già tutti morti da un pezzo; a hronir e aggiornati queste cose da conflitto ottocentesco fra libero mercato e stato ormai fanno ridere i polli; e fanno campare i titpi come giannino che notoriaemente ha una cultura eccezionale in merito, roba da master!!!

  30. hronir
    non ho voglia di inseguire questa discussione che mi puzza troppo di campagna elettorale, ma la tua affermazione, quanto meno riferita alle situazioni che citavo, fa parte di un mondo economico immaginario. Gli economisti stessi hanno inventato un eufemismo per indicare i fattori che non rientrano in questo mondo immaginario, le chiamano non a caso esternalità.
    In ogni caso, resta comunque senza soluzione l’altro aspetto che citavo, il non considerare gli altri valori sui quali si basa la nostra organizzazione sociale.

  31. @cdv
    Ma se non proviamo a pensare che lo stato siamo noi – insieme a chi non la pensa come noi – in periodo elettorale, quando?
    “fare il fisico e credere alle c…te”: euh…Shockley, Josephson, Roy Spencer e altri esempi a richiesta.
    @cdv, Riccardo e Steph
    Per me il mercato è come lo stato, in democrazia le sue regole sono decise anche dalle nostre scelte politiche. Non trovo che sia un male di per sé o le donne non avrebbero lottato per millenni per poterci partecipare da agenti invece che da merci.
    Amartya Sen dice che lo scambio si può regolare ma non eliminare perché fa parte della natura umana. Forse della natura e basta? Altre specie usano forme di baratto…
    @hronir
    Be’, grazie dello sforzo!
    Sull’economia non tanto evidence based, siamo d’accordo e anche sulla poca credibilità degli altri programmi. Però mi sembrava strana la tua adesione senza distinguo.
    IBL:
    sul clima e gli scienziati del clima mentono a manetta, ma quello è il meno (adesso Steph e Riccardo s’incavolano con me!). Negano l’evidenza economica, politica e perfino dell’evoluzione per es. DDT e malaria.
    aziende pubbliche
    non sono a priori contro le privatizzazioni (per gli armamenti sì, altro discorso lungo). Nel programma di Fare, il loro valore non mi sembra stabilito in modo credibile, idem il loro contributo alla riduzione del debito e quindi il resto degli interventi – compresi quelli che condivido come il salario sociale minimo, presente in altri programmi sotto vari nomi.
    scuola
    come si vede anche in Svezia, la loro privatizzazione tende a segregare per censo, religione, etnia ecc. come tanti consumi
    Sarebbe strano se questo non avesse un costo economico e sociale.
    carceri
    pessime ovunque, ma in quelle private gli incentivi a violare i diritti umani sono anche monetari e l’impunità è maggiore. In USA la concorrenza non funziona perché una ditta perde, rischiano di perdere tutte – credo.

  32. dai Oca non diciamo cose cosi’ “generiche”; cosa c’entra il baratto col mercato oligopolistico mondiale? nulla; sono cose incomparabili; fa gioco a certi gruppi sociali fare questi paragoni ma non a chi li affronta scientificamente; sono cose che non c’entrano l’una con l’altra; il baratto esiste anche senza surplus economico; il mercato vero e proprio NO; è il frutto della crescita produttiva e le sue forme la riflettono; questo mercato che noi viviamo non è “quel” mercato che dice la Sen; dalla confusione fra i due concetti nasce il potere che gente come Monti ha su di noi come intellettuali (non su di me, ma su hronir certamente): le idee dominanti sono le idee della classe dominante ed altre facezie

  33. @cdv
    hai ragione, semplificavo. Non sono affatto per una società libertaria con leggi e stato ridotti al minimo, come mi sembra essere hronir. Mi fa venire in mente la Somalia…
    Volevo dire che tutti viviamo di scambi asimmetrici che generano un surplus, non per forza economico tra l’altro. Non mi sembrano un male di per sé, riflettono giudizi di valore diversi – non siamo tutti uguali né in circostanze uguali.
    Non riesco a immaginare un mercato che non sia anche il prodotto delle nostre scelte politiche e dei nostri giudizi di valore. Qui, oggi, nel mondo ricco e abbastanza democratico nel quale siamo liberi – abbiamo le “capacità” per dirla con Sen – di esprimere preferenze. Insomma non credo che la crescita produttiva ci sia piaciuta solo perché ce lo diceva la classe dominante.
    Per es. molta di quella crescita la vorrei dove ancora non c’è stata, esattamente come te. E sono certa ** che abbia bisogno di regole e del loro rispetto, quindi di parecchio “stato”, per non essere confiscata da evasori, corrotti, furbetti e prepotenti vari.
    ** certezza evidence-based, rif. le ricerche di Elinor Ostrom sulla gestione dei beni comuni e di Esther Duflo sulle scelte razionali dei poveri, tanto per restare in campo economico (anche se lo cito spesso, Sen è un maschio, ti ho corretto.)

  34. Uff, il solito esempio della Somalia, cheppalle…
    E guarda che anche i libertari, anzi soprattutto i libertari, sono a favore delle regole e del loro rispetto: pensare che esse possano esserci solo attraverso uno stato, questo è l’errore.
    Ma veniamo alla tua risposta per me, altrimenti si continua a divagare, e cercherò anch’io di non dilungarmi.
    La mia adesione a FARE non era ovviamente senza distinguo, non dirmi che hai votato qualcuno in condivisione piena di tutti le sue istanze: si cerca sempre il meno peggio, se c’è. Sono libertario, quelli di fare sono “solo” liberisti, ci sono un mucchio di cose su cui non sono d’accordo: semplicemente mi sembrano il meno peggio.
    Il valore delle aziende pubbliche da dismettere non ti sembra stabilito in modo credibile nel programma di FARE? Può essere, pensavo i molti economisti dietro FARE una qualche competenza ce l’avessero; ad ogni modo, dal mio punto di vista, vale molto di più già solo il valore morale di una scelta come quella delle dismissioni pubbliche per abbattere il debito, di cui nessuno partito si è mai fatto portavoce.
    Dell’IBL ho cominciato a sentirne parlare di recente, proprio per via del suo appoggio a FARE, ma non è che lo conosca o segua le sue battaglie. Diciamo che mi sono fatto le mie idee su FARE da altre vie, sapere che anche un’associazione deprecabile sostiene FARE non è, da sola, una ragione sufficiente per cambiare idea (se le altre ragioni avevano una certa qual solidità).
    Ne approfitto, e poi la smetto, per un ulteriore precisazione: fra i non addetti ai lavori il termine “libertario”, quando non è semplicemente sconosciuto, richiama al 99% il movimento libertario di Facco, da cui personalmente mi dissocio totalmente per i modi e molto spesso anche nel merito. Non ci possiamo fare niente, non possiamo conoscere tutto e ci dobbiamo fidare delle prime impressioni e di giudizi indiretti. Noi libertari abbiamo Facco che ci fa cattiva pubblicità, l’IBL evidentemente fa cattiva pubblicità a FARE. Posso io da solo lottare contro i mulini a vento? Ci provo, nel mio piccolo, sul mio blog, post dopo post, con ritmi da bradipo e capacità quel che mi ritrovo, ma di più non posso fare. Scusate lo sfogo.

  35. è la seconda volta che faccio questo errore con Sen, grazie della correzione. ci sono concetti che non mi sembra sianto stati digeriti a sufficienza; specie da hronir che continua a parlare come se il mercato fosse una cosa “naturale” che non è affatto; è un costrutto storico e sociale e non era uguale il mercato di 1000 ann fa a questo che viviamo ora e men che mai quello dell’uomo ai primordi che barattava; hronir dovrebbe rispondere alla domanda della regina elisabetta, ma dubito che la conosca; e fino ad allora nè io gliela diro’ nè men che mai lui sarà capace di rispondere. FARE non avrà molti voti per fortunae la Spagna di oggi con 50 feriti in piazza di cui i giornali non dicono nulla è molto più importante delle boiate montiane;
    a differenza di te Oca io riesco a immaginare un NON-mercato che sia anche il prodotto delle nostre scelte politiche e dei nostri giudizi di valore

  36. Le dismissioni pubbliche sono una picconata sul futuro. Vendere ora, anche per più del valore di mercato, significa non averne domani la gestione.
    Qui in NZ è successo con treni, compagnia di volo e altre robette. Dopo una decina di anni, quando il privato ha finito di erodere l’utile, lo stato s’è dovuto ricomprare tutto per fornire un servizio minimo efficiente. Ce la sta facendo, ma il saldo economico è pessimo. (Ma non occorre venire fino a qui: guardate lo sfacelo di trenitalia!)
    Discorso simile, ma forse più grave, per quel tipo di risorse che l’economia classica fatica a conteggiare: biodiversità, wilderness, network ecologici… Una stima è difficile, leggevo oggi un paper di May che afferma il valore sia dello stesso ordine di grandezza del GPT. Occorre difendere e preservare quelle risorse (siamo sull’orlo della “big sixth mass extinction”), e dato che non producono utile immediato (ma hanno un peso enorme sul lungo periodo), qual’è il privato interessato a farlo?

  37. @hronir
    Somalia: per forza, non ci sono esempi pratici di società libertarie. E le città senza democrazia come quelle che i Randiani vogliono creare mi fanno solo paura.
    Facco: pensavo che fosse fallito.
    @claudio
    Nel passato si è provato più volte a fare a meno del mercato su piccola scala (anche sul modello dell’alveare!) e dopo un po’ la gente scappava. Non mi pare che possa funzionare senza una coercizione ed è questa che non voglio immaginare.
    @gvdr e Paolo C.
    che pretese, una campagna elettorale mica si parla di beni comuni e del lungo termine…
    i coniugi Ehrlich: adesso leggo – grazie

  38. Oca la coercizione come la chiami tu , ma non è coercizione la pubblicità occulta? non è coercizione la pressione pubblicitaria su ciascuno di noi ogni minuto della giornata? se non è coercizione quella che viene esercitata su ciascuno di noi per farci consumare il superfluo cosa altro è? perchè preoccuparsi della coercizione ipotetica del non-mercato quando abbiamo quella quotidiana del mercato? non credi sia un problema solo culturale? alla fine la coercizione del mercato o scomparirà col non mercato ( che certo avrà bisogno di un periodo di transizione dal forte contenuto “educativo” ) oppure si eserciterà come coercizione al non consumo con la prima carestia energetica nei paesi avanzati (in quelli arretrati la coercizione come dici tu ma al non consumo è all’ordine del giorno dato che come ben sai un miliardo di persone non riesce a mangiare a sufficienza)

  39. @ocasapiens/Somalia
    Ma non eravamo d’accordo sull’evidence-based? La Somalia col libertarismo non è forse come la cioccolata coi premi Nobel? E poi, davvero non conosci esempi pratici di società libertarie?
    Copincollo un mio recente commento in risposta a Cristian Consonni:
    La storia è un percorso complesso e miriadi di variabili rendono di fatto ogni “esperimento sociale” del tutto unico: cercare un esempio storico particolare e pensare di poterlo ricondurre completamente ad una sua particolare caratteristica (e.g. il rispetto dei diritti alla democrazia) è ingenuo, se non viene supportato da argomentazioni che prevedono almeno, contemporaneamente, un meccanismo tramite il quale la presunta causa (democrazia) incentiverebbe l’effetto (il rispetto dei diritti), da una parte, e dall’altra un’analisi del fatto che altri potenziali meccanismi antagonisti o concorrenziali abbiano avuto effetti significativamente minori e dunque trascurabili. Quali sarebbero, dunque, quei meccanismi che incentiverebbero, a partire da un processo decisionale a votazione per maggioranza, il rispetto dei diritti degli individui? Io per esempio ho in mente argomenti secondo cui i meccanismi più importanti, da questo punto di vista, sono la libera circolazione di beni ed idee e il loro libero scambio; ecco, vedi: le società democratiche, grazie a Dio, non hanno completamente bandito il libero commercio: come facciamo a dire se il rispetto dei diritti è figlio della democrazia e non invece del libero mercato? questo per ribadire che non basta portare un esempio storico per dimostrare una tesi.
    Questa lunghissima premessa per dire che sì, se vuoi posso benissimo citarti casi storici di società senza Stato (l’Irlanda per quasi un intero millennio fino alla conquista dell’Inghilterra nel XVII secolo, l’Islanda fra il X e il XII secolo, ma più in generale ci sono molti esempi di istituzioni private per il diritto: il diritto mercantile, il common law, la Lega Anseatica…), ma non è contando casi particolari che si argomenta.

  40. @cdv
    alla pubblicità occulta posso sottrarmi – niente tv, per es. – mentre dalle società di non mercato, dai falansteri, dai socialismi reali, si poteva solo scappare.
    Certo, è anche un problema culturale. Se la crisi economica cambiasse la cultura del consumismo, sarei contenta. Per ora mi sembra accrescere le disuguaglianze.
    Cmq hai ragione, la fame è il prodotto di mercati iniqui, non solo dalle carestie.
    @hronir
    casi storici: mi immedesimo subito nella serva analfabeta comprata dal vescovo irlandese o dal mercante anseatico! E’ la mia obiezione ai Randiani, si vedono sempre dalla parte del più forte.
    L’uguaglianza davanti alla legge (e il 3° potere) è un’invenzione della democrazia, non del libero mercato. Impedisce proprio al voto di una maggioranza o a una coalizione di interessi di togliermi una libertà – di parola, per es. – per riservarla alla maggioranza o al commercio.
    Non so se la concorrenza del mercato sia sempre più vantaggiosa della cooperazione – per es. standard comuni – o della gratuità – per es. il web che il CERN non ha brevettato.
    Ogni esperimento è unico, ma qualcosa s’impara. Per es. c’è libero scambio if the playing field is level. Senza democrazia e le libertà che mi garantisce, non posso combattere le idee e i commerci che distruggono i miei diritti – per es. all’aria e all’acqua pulita.
    diritto mercantile, common law: ne so poco, ma ormai mi sembrano vincolati da principi universali (bill of rights, costituzione), non da quelli di una East India Company. Trovo che sia un progresso.

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