V per Vortice


La copertina di Nature è dedicata alla spiegazione, da parte di Steven Portugal et al., del perché le oche – come gli ibis sui quali sono state compiute le osservazioni – volano in formazione a V. Fautrici di un uso razionale delle risorse, e brave nel risolvere le equazioni, sanno che è il modo migliore per risparmiare energia. L’acqua calda, ma con dei dati:

Northern bald ibises (Geronticus eremita) flying in a V flock position themselves in aerodynamically optimum positions, in that they agree with theoretical aerodynamic predictions. Furthermore, we demonstrate that birds show wingtip path coherence when flying in V positions, flapping spatially in phase and thus enabling upwash capture to be maximized throughout the entire flap cycle.

Mai contenti, nel loro commento Florian Muijres e Michael Dickinson vogliono saperne di più:

Accurate measurements of metabolic rate will be crucial for a more precise understanding of the underlying aerodynamics of formation flight and for greater insight into the ecology of bird migration. Do ibises and other birds instinctively flap in an efficient manner when flying in formation, or do they learn to adjust their body position and wing motion because it ‘feels’ easier? And if the strategy is so useful, why do many species of small migrating birds not fly in a V formation? Might the benefits of formation flying decrease with body size, or is the requisite control of body position and wing motion more difficult for smaller, faster-flapping birds?Although our understanding of V formations has improved, there is still much to ponder when looking skyward on late summer days.

Su un tema affine, un gruppo franco tedesco ha spiegato di recente come mai i pinguini Imperatore si stringono in una formazione triangolare per tenersi caldo mentre stan fermi a covare a -50°C e vento fino a 200 km/ora.
– Gwenaël Abril et al. fanno il bilancio del carbonio assorbito ed emesso dal bacino centrale dell’Amazzonia, tenuto conto degli affluenti e soprattutto delle paludi circostanti, anche quelle allagate solo temporaneamente

We estimate that Amazonian wetlands export half of their gross primary production to river waters as dissolved CO2 and organic carbon, compared with only a few per cent of gross primary production exported in upland (not flooded) ecosystems. Moreover, we suggest that wetland carbon export is potentially large enough to account for at least the 0.21 petagrams of carbon emitted per year as CO2 from the central Amazon River and its floodplains 
Si dovrebbe calcolare così il bilancio del carbonio in altri bacini idrici, scrivono, ed è probabile, ma penso che fra i Tropici ci vorrebbero mappe satellitari più precise, per distinguere le paludi dalla foresta asciutta e – pensando al Pantanal o all’Okavango – dall’andamento stagionale del fiume.
–  raccomando questo studio delle incisioni prodotte dai fiumi su scale di 104–107 anni, ottimo per mandare in bestia i creazionisti;
– un editoriale ricorda che nell’emisfero nord è inverno e che c’è differenza tra clima e meteo…
Nelle news
– la missione Rosetta, di cui si parla molto perché sta per essere svegliata dai suoi badanti su Base Terra;
– una “definizione razionale” dell’ampère attesa dal Bureau International des Poids & Mesures ora che si sanno contare uno per volta gli elettroni che passano in un chip;
Lo speciale, gratis e da distribuire ai superiori, riguarda la sicurezza sul lavoro nei lab.

2 commenti

  1. Oca leggi l’articolo di Markelz su nature communication, a me ricorda tanto i solitoni di Emilio del Giudice, se quella cosa lì è vera la biologia cambia da così a così

  2. Grazie, Claudio, ma cambiano da così a così la cristallografia e la spettroscopia! La “protein vibrational frequency” si studia da decenni, se guardi su scholar google trovi migliaia di papers.
    Tecnicamente è difficilissimo, pare. Quasi 20 anni fa, un amico aveva cercato di misurare quelle delle proteine di membrana sui neuroni dell’olfatto per vedere se reagivano diversamente a un enantiomero che puzza e a quello che profuma (non mi ricordo la molecola, zolfo a parte), ma non ce l’ha fatta – qua trovi la sua teoria che resta da dimostrare. Magari adesso ci riprova.
    La cosa bella, mi sembra, è che la tecnica della Markelz funziona a temperatura ambiente, la proteina è in condizioni realistiche – oddìo è sempre un cristallo isolato fuori sede, ma meglio di prima! Le mandi un fascio di luce di una certa frequenza, e puoi vedere se si piega, si srotola ecc. Da lì puoi risalire alle vibrazioni dannose, alla piegatura sbagliata del prione di mucca pazza per dire, e cercare che cosa le inibisce.
    Non direi che sono solitoni, per produrre un effetto devono interferire con le altre per forza.

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