Amiche che di solito mi prendono in giro perché voglio sempre i dati, questa volta me li chiedono. Si parlava delle “eroiche” ginnaste americane, che proprio sotto il Grabber in chief si stia formando una massa critica di corpi e di parole? Che si prepari una svolta un po’ come ai tempi di Martin Luther King e dei diritti civili?
Eravamo partite da un “me too” che a nostra insaputa aveva preceduto quello di Hollywood, e dal New York Times di oggi dove Racheal Denhollander scrive nell’editoriale “The price I have paid for taking on Larry Nassar“:
Niente avrebbe potuto prepararmi al dolore di dire la verità… I lost my church. I lost my closest friends. I lost every shred of privacy.
E non immaginava che le sarebbero arrivati tanti racconti terribili.
L’Indianapolis Star è il quotidiano locale che nell’agosto 2016 aveva pubblicato un’inchiesta sulle violenze denunciate dalle ginnaste e ignorate o insabbiate dalla Federazione statunitense US Gymnastics. Questa settimana è diventato lo scandalo nazionale di “prima pagina”, così ne eravamo informate anche noi.
Lo aveva fatto scoppiare l’avvocata Rachael Denhollander che dopo quell’inchiesta aveva portato alla giornalista Marisa Kwiatkowski dell’Indy Star la documentazione sugli abusi di Larry Nassar, il medico della Michigan State University, che aveva subito nel 2000 quando, da studentessa quindicenne, frequentava un club di ginnaste.
Il Guardian ha seguito bene l’ultimo processo contro Nassar (reo confesso di decine di abusi), istruito dalla vice procuratrice generale del Michigan, Angela Povilaitis, e dalle poliziotte di cui si era fidata, e deciso da una giudice. Conviene cominciare da qui, altri articoli sono elencati in fondo. Lettura lunga, deprimente e opprimente, ma utile per modificare una percezione sbagliata, secondo me, e forse diffusa.
Bigotte
La celebrità delle prime “me too” ha fatto infuriare parecch* opinionist* e intellettual* – prendo a prestito la convenzione di Hortensio. Hanno attaccato le femministe, bacchettone mobilitate contro la civiltà occidentale proprio ora che è assediata dall’Islam, contro i riti della reciproca seduzione, dal libertinage exquis – anche la Contessa Almaviva e Cherubino dopotutto… – fino alle “conquiste” della rivoluzione sessuale.
Ha fatto infuriare anche parecch* difensor* della presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva, viviamo in uno stato di diritto, diamine. Come se lo stato dove vivono, viviamo, garantisse pari diritti alle donne.
Bugiarde
Più degli scandali raccontati dai media anche in Italia perché coinvolgono star di vario splendore, i processi contro Larry Nassar mostrano una realtà comune, di massa. Quando una ragazzina denuncia molestie sessuali appena subite, non viene creduta neppure dai genitori; se lo fa un’adulta, se l’è cercata; se lo fa dopo anni, ne aveva tratto un vantaggio – si era prostituita, insomma – e/o sta cercando di estorcere soldi al povero Donald Trump o a un altro ricco, potente, una preda appetibile a priori e a prescindere.
Quelle che esprimono solidarietà sono sciacalle, vogliono il loro minuto di celebrità. Nella sua difesa finale, Nassar accusava la giudice Rosemarie Aquilina di avere invitato i giornalisti in tribunale per farsi pubblicità.
Zitte!
Nelle deposizioni, una costante “istituzionale” è chiudi il becco e ti paghiamo, aprilo e te la facciamo pagare. Così si insegna alle ragazzine che devono tacere e dimenticare. Get a life!, prendilo come un complimento, non seminare zizzania, non mettere in difficoltà le tue insegnanti, madri vicarie, simboliche, o quella biologica: dopotutto nella maggioranza dei casi il molestatore è un parente, un amico di famiglia, un vicino fidato, di casa o benvenuto in casa come il premuroso dott. Nassar.
Dati, pochi
Si stima che un quinto della popolazione femminile mondiale subisca molestie, e che 15 milioni/anno di ragazze tra i 15 e i 19 anni siano stuprate. Di sicuro fra le poche adulte che osano denunciarlo e quindi umiliarsi pubblicamente, qualcuna si vendica d’altro, mente, esagera, fraintende, ricorda male… In Europa occidentale e negli USA da alcuni anni ci sono tentativi di censimento meno grossolani, il tasso di accuse false è stimato tra il 2% e il 6% esattamente come per gli altri reati. Eppure l’atteggiamento di default delle “forze dell’ordine” è che siano le denuncianti a commettere un reato.
L’impunità è la regola ovunque, in primis per i molestatori protetti da istituzioni.
Caimani piagnoni
I dirigenti della Federazione di ginnastica e della Michigan State che hanno ignorato e insabbiato le denunce contro Nassar e gli allenatori, dicono di aver pianto mentre ascoltavano le deposizioni delle 156 vittime di Nassar. Non per le vittime, penso, altrimenti avrebbero denunciato Nassar al FBI decenni fa, non cinque settimane dopo la notizia che la denuncia di Rachael Denhollander era stata accettata dal tribunale.
Presunte colpevoli
Saremmo a una svolta se coccodrilli e caimani riconoscessero la presunzione di innocenza anche alle donne, alle bambine e ai bambini che denunciano i vari Nassar – a tutti i whistle-blowers in realtà – fino alla sentenza definitiva. Poi si potrà discutere tra uomini e donne di cosa intendiamo con “stato di diritto”.
Non succederà presto, e la retorica giornalistica – chiamare “eroine” le ginnaste che hanno testimoniato – rischia di azzittire quelle che non si sentono Giovanna d’Arco. Però hanno scudieri. Il marito di Rachael Denhollander dice che hanno deciso insieme di rinunciare alla privacy di tutta la famiglia, al comune senso del pudore, al tempo con i bambini piccoli, a parte del lavoro, a essere gente normale ecc. La stessa cosa sembra successa a molte altre vittime.
Ce n’est qu’un début
Brian Armen Graham del Guardian scrive, giustamente, che “il lavoro vero inizia ora”:
Michigan State, USA Gymnastics, lo United States Olympic Committee e Twistars Gymnastics Club sono co-imputati in cause civili apparentemente avviate al processo [già fissato in California].
(Ho aggiunto i link al comunicato della Federazione emesso l’indomani sentenza di Nassar e al Comitato olimpico statunitense che quel giorno pubblicava invece le “10 linee guida per l’atleta della Federazione russa” emesse dal Comitato internazionale per le Olimpiadi invernali…)
Da ora Rachael Denhollander e le ginnaste che la sostengono affronteranno istituzioni che hanno da perdere sponsor più ricchi e potenti di quelli che avevano protetto Nassar, dove prevale la solidarietà maschile. I comitati e le federazioni degli altri paesi le lasceranno da sole o ginnaste non americane diranno “me too”?
(Non crederete mica che tanti uomini di una certa età si assiepino attorno a ragazzine sempre più giovani solo per contemplarne l’estetica, vero?)
Stavo pensando anche alla vicenda di Dolores O’Riordan.
Esagero se penso che i disturbi psicologici che si è trascinata dietro per gran parte della vita – e che probabilmente l’hanno portata a quella fine precoce – siano conseguenza degli anni di abusi subiti in tenera età?
Non saprei, Paolo, qualcuna ce la fa, guarda Oprah Winfrey. Gli psicologi dicono che si può uscire indenni da un’infanzia così con una rete di sostegno, adulti che fanno da genitori vicari, ridanno fiducia in sé, riducono il senso di impotenza, di non essere fatti per questo mondo, i tentativi di suicidio. Ma prima bisogna essere creduti.
Se non ricordo male, O’Riordan aveva parlato di un uomo stimato, come i bambini molestati o seviziati dai preti e suore. L’incredulità potrebbe essere stata schiacciante.
E’ andata bene che nessuno ha ancora scritto che “vis grata puellae”.
Tutta la mia solidarietà alle giovani atlete, che erano in una condizione di sudditanza psicologica (per l’età e per il ruolo che avevano), ricattabili (se non stai buona non vieni selezionata nella squadra) e massimo disprezzo per cxhiunque ne abbia approfittato (l’aggravante di essere un medico per me vale la pena di carcere a vita buttando la chiave).
Nel caso Weinstein, invece, mi sembra che si debbano fare dei distinguo.
Mi lascia molto perplessa Asia Argento che -figlia di attrice e di regista già molto famoso- salta fuori vent’anni dopo con le sue accuse (e nel frattempo si è fatta fotografare più volte sorridente accanto allo “stupratore”). Ora: all’epoca non era acpace di svincolarsi e uscire (anche a costo di perdere un’opportunità di lavoro; altre lo hanno fatto)? Dopo, non ha detto nulla a mamma e/o papà? Incontrando il mostro in occasioni ufficiali non è mai stata capace di tenersi a distanza? Se costretta a farsi fotografare con lui era proprio obbligata a sorridere?
Il che non scagiona Weinstein, che sicuramente in troppe occasionio si sarà approfitatto di giovani ricattabili. Ma Asia Argento era davvero così indifesa?
Chiara,
sicuramente bisogna fare dei distinguo, ma partire dall’incredulità aumenta i danni invece di limitarli.
Molte dicono di sentirsi paralizzate, anche le atlete. Dopo ognuna cerca di sopravvivere alla vergogna come può, immagino che per un’attrice far finta di niente non dev’essere molto difficile. Ci riescono perfino le donne maltrattate con mezza faccia viola mentre dicono che è stata l’anta dell’armadio.
Non so che rapporti aveva Asia Argento con i genitori. Immagino che sei hai genitori famosi, l’idea di buttarli in mezzo al circo mediatico con tutti che cercano di screditare te e loro dev’essere terrorizzante.
Parlarne molto tempo dopo, una volta che non t’importa più niente di quello che gli altri pensano, è una costante anche per omosessualità, Aids, aborto ecc. E per un’Oprah Winfrey ce ne sono cento che stanno zitte tutta la vita. Sembra così anche per gli uomini, quasi tutti quelli molestati dai preti da bambini sono stati zitti per decenni o per sempre.
Da qualche parte avevo letto che succede a certi veterani con il PTSD, non riescono a rievocare certe esperienze, continuano a peggiorare. Non c’è psicoterapia che funzioni e a volte neanche gli psicofarmaci.
Non dico nulla in merito ai casi di molestie e stupri, anche uno solo sarebbe troppo, voglio invece dire qualcosa in merito allo sfruttamento dell’infanzia operato dalle Federazioni di molti, troppi, forse quasi tutti gli sport, l’agonismo viene spinto alle più estreme conseguenze dagli interessi economici e politici, e molti/e fanciulli/e si trovano a vivere una vita che non è quella che la loro giovinezza richiederebbe, le pressioni psichiche e fisiche sono estreme e sovente si trovano a 30 anni schiavi/e di antinfiammatori, di antidepressivi o con articolazioni da sessantenne. Certo nulla rispetto ai bambini/e soldato di troppi paesi al mondo, ma lo sport come gioco e piacere non passa proprio per i viali che portano agli stadi (circhi?) delle Olimpiadi o dagli uffici delle varie Federazioni.
Bernardo,
è vero, e a volte sono sfruttati con l’incoraggiamento dei genitori.