Niente "razze" umane, spiacente

Bellissima giornata ieri al Museo di storia naturale, Milano, pienone, pubblico partecipe e allegro tutto sommato, anche se aveva presente l’attualità politica.

Credo che la conferenza di Giorgio Manzi sulle “ultime notizie” che riguardano la nostra evoluzione abbia generato parecchi dubbi sul concetto di “specie” umana difficile da definire quando nel genoma di certe popolazioni attuali si trova dal 2 al 4% di DNA nucleare neanderthaliano, e per di più quel DNA è diverso per ciascuna.

Grande è la confusione sotto il cielo, diceva all’incirca, la situazione è eccellente per la paleoantropologia, ormai straripante di dati provenienti anche da altre discipline: è diventata una delle scienze trainanti, insomma.

Sto leggendo l’ultimo libro di Guido Barbujani e Andrea Brunelli, “Il giro del mondo in sei milioni di anni”, Il Mulino 15 euro, divertente e vivace come al solito. Nonostante sia una panoramica veloce delle migrazioni dall’Africa, sui viaggi spesso “spericolati” e strabilianti come l’approdo nelle isole dell’Oceania, è molto puntiglioso nel descrivere incertezze e limiti delle conoscenze attuali.

Ogni capitolo è introdotto dalle considerazioni esilaranti di un conservatore come lo zio Vania del “Più grande uomo-scimmia del Pleistocene”, però a partire da Toumaï e siccome resta giovane via via diventa avventuroso. Il libro manderà in bestia i soliti “difensori della razza” e delizierà tutti gli altri. Mi hanno colpito le (piccole) differenze tra il riassunto di un paleoantropologo – l’importanza della morfologia – e quello di un genetista. Vedono da lenti diverse le tracce di una stessa storia. Eccola:

Giorgio Manzi e Guido Barbujani concordano su quasi tutto, però in occasione di un prossimo Darwin Day sarebbe interessante metterli davanti al grafico sopra mostrato ieri da Giorgio e sentire come lo interpretano. Qual è il peso della teoria evoluzionistica attuale nel concludere che certi dati sono validi – e altri da prendere con le pinze in attesa di conferma? Quali “buchi” nei reperti fossili sono più frustranti?

Per esempio, perché la datazione dell’Homo naledi a circa 1,8 milioni di anni fa è stata subito messa in dubbio (anche Lee Berger e gli autori dell’articolo erano dubbiosi, va detto), mentre 300-200 mila anni fa sembra “plausibile” e 50 mila anni fa “una provocazione”?

Repetita juvant, speriamo noi ottimisti:

«Gli africani siamo noi non è uno di quei titoli che si tirano fuori per impressionare gli ingenui con un paradosso, ma è davvero la sintesi, la più onesta possibile, delle nostre frammentarie conoscenze sulle origini dell’uomo e sulla nostra vicenda evolutiva.»

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Artigianato femminile toscano
A proposito del flusso continuo di notizie sui nostri antenati (lo so, Giorgio, non ne discendiamo ma stavano nei paraggi quindi sono “cugini alla moda di Bretagna”), sui PNAS di ieri è uscito un articolo di Biancamaria Aranguren, Anna Revedin, Nicola Amico, Fabio Cavulli, Gianna Giachi, Stefano Grimaldi, Nicola Macchioni e Fabio Santaniello, quasi tutti del Bagolini Lab alla facoltà di Lettere e Filosofia (sic) dell’università di Trento.
I “letterati” nel senso di archeologi high-tech descrivono bastoni da scavo in bosso “forgiati” nel fuoco dalle neanderthaliane a Poggetti Vecchi, in provincia di Grosseto, circa 171 mila anni fa. La prima tecnologica della storia umana, sembra.

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Nel caso vi sia sfuggito

Climatologi e affini (li conosco quasi tutti, gente per bene) hanno creato il sito www.lascienzaalvoto.it con i programmi dei partiti e scritto una petizione che tutti i cittadini italiani possono firmare per chiedere

alle forze politiche di intervenire, con dichiarazioni e comunicati, al dibattito aperto da “La Scienza al Voto”; e, in particolare, sollecitiamole a confrontarsi con il comitato scientifico in un incontro in programma il 18 febbraio, alle 17, alla Città dell’Altra Economia di Roma, che verrà trasmesso anche in streaming.

Non si tratta di interrogare i candidati sui rischi climatici e ambientali, ma di far presente che esistono e incidono su

occupazione, sicurezza, immigrazioni, salute, tasse

per dirla con Antonello Pasini. Incidono anche sulla credibilità delle promesse elettorali – aggiungo io.

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Altro che clatrati…

A proposito di clima, ambiente ed elezioni… C’è il rischio di un rilascio di tonnellate di mercurio contenute nel permafrost dell’emisfero nord, scrivono Paul Schuster et al. sulle Geophysical Res. Lett. Hanno trovato molto più mercurio di quanto stimato nelle carote dell’Alaska, e confermato così una stima precedente che pareva esagerata. Il problema è che il permafrost si sta sciogliendo non solo in Alaska.

Il metano rilasciato dai clatrati mica ci ammazza, si disperde in atmosfera e solo una parte si ossida in CO2. Il mercurio è pesante, un brutto inquinante che finisce nell’acqua e sui suoli, magari convertito in solfuro mercurico. Dal com. stampa  dell’AGU:

Schuster believes his team’s research gives policymakers and scientists new numbers to work with and calibrate their models as they begin to study this new phenomenon in more detail. He intends to release another study modeling the release of mercury from permafrost due to climate change, and said this work changes scientists’ perspective of the global mercury cycle.

“24 percent of all the soil above the equator is permafrost, and it has this huge pool of locked-up mercury,” he said. “What happens if the permafrost thaws? How far will the mercury travel up the food chain? These are big-picture questions that we need to answer.”

Sempre sui PNAS, un paper dimostra che a certi policymakers non importa. I cittadini di Flint lo sapevano, forse non fino a che punto. Dopo aver tagliato le tasse per il “business”, il Comune è sprofondato nei debiti. Per risparmiare, dal 2014 in poi non solo ha erogato acqua “potabile” al piombo presa direttamente dal fiume, ma ci ha aggiunto meno cloro di quanto previsto dalle norme federali, per cui è aumentata anche la concentrazione di patogeni. Dall’articolo di David Schultz su Science:

Residents also suffered the third largest outbreak of Legionnaires’ disease in U.S. history, with at least 87 people infected and 12 dead. Now, a new study adds support to the idea that a drop in chlorine levels in the water supply may have sparked the epidemic.

Oltre al danno la beffa: pena multe via via più salate, gli abitanti di Flint pagano tuttora sia il “servizio” di erogazione dell’acqua al piombo che l’acqua potabile del supermercato…

Fra le fonte di informazione che contraddicono le sue sbruffonate, il Potus ha deciso di sopprimere l’ufficio statistico di Puerto Rico, così alle elezioni di novembre un portoricano residente in un altro stato non saprà a quanti parenti mancano ancora la luce e l’elettricità, per esempio. O le ripercussioni del dazio imposto sulla produzione bio-tech dell’isola con la “riforma fiscale” approvata a dicembre.

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Nature anticipa l’editoriale di domani, “Restore justice in Turkey” dove la libertà di espressione non c’è più per nessuno. Dallo stile e dall’attenzione ai diritti umani, mi sembra scritto da Alison Abbott:

Peace is a dangerous cause to fight for in Turkey right now. In the latest blow to academics, 11 members of the Turkish Medical Association, including its president, Rasit Tükel, were arrested in early-morning raids last week. Their crime? Using the slogan that war is a matter of public health, the association had called for a halt to the Turkish army’s cross-border assault on military units of Syrian Kurds, launched on 20 January to international consternation.

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Immacolate concezioni, passim
Ripresa da molti quotidiani pur di mandare in bestia i creazionisti, per Nature la notizia è un paper di Nature Eco&Evo sulla sequenza annotata del genoma triploide della Procambarus fallax virginalis, la gamberona marmorizzata discendente – forse – dall’unione tra una Procambarus fallax e un Procambarus ignoto circa 30 anni fa. Da allora si clona con una tale fitness darwiniana da proliferare non solo negli acquari ma nelle acque dolci dalla Svezia agli USA e dal Madagascar e al Giappone.

Geneticamente, le verginali sono identiche eppure così adattabili da colonizzare gli ecosistemi alle latitudini più diverse, con maggior successo degli autoctoni bisex…

Com. stampa del Centro per la ricerca sul cancro di Heidelberg dove la Pff. verginalis viene studiata come “animale modello” per la proliferazione delle cellule tumorali.