Prima, consiglio di dare un’occhiata alle Spurious correlations di Tyler Vigen.
Nella rubrica a radiopop su cosa non “c’è scritto nel DNA”, ho detto che non conviene fidarsi dei test per l’obesità comune. Meglio dar retta alle ricerche di Stefano Zapperi et al. del Centro per i biosistemi e la complessità alla Statale. Alla fine si è parlato un po’ di corsa degli studi sulla genetica e quindi “l’ereditarietà dell’intelligenza” di Robert Plomin.
Giustamente, secondo me, Stefano ritiene che siano riduzionistici: non tengono conto della complessità di una caratteristica dalle definizioni che continuano a variare e a contraddirsi.
Continua ad aumentare anche il numero dei geni (loci genetici sugli alleli, cerco di semplificare…) che contribuirebbero all'”indice di intelligenza” di Plomin, un Q.I. che somma “abilità di imparare, ragionare e risolvere problemi”. Non la capacità di associare concetti e osservazioni disparate, porre domande nuove, scoprire un problema, capire che non ha una soluzione ma tante dipendenti dal contesto o nessuna ecc. ecc.
Oggi i geni “implicati” nell’intelligenza sarebbero 1.041, su un totale di 20-22 mila. Ciascuno codifica in media per 10 proteine, espresse o meno a seconda delle cellule e del tessuto in cui queste si trovano. Sono pleiotropici nel senso che si “attivano” di concerto con altri e che si “regolano” a vicenda; ne abbiamo un numero variabile di copie il che cambia pure la quantità della proteina espressa…
… the devil is in the details.
L’ambizione di Plomin è di dimostrare che un maggior livello della proteina x causa un maggior livello di intelligenza (1). Per la BGI-Cognitive Genomics, una società cinese mezza-governativa di cui è consulente (2) – alla quale aveva fornito le sequenze del DNA di 1600 genietti americani della matematica con un IQ superiore a 150 – era meglio se erano più intelligenti gli Han di tibetani, uighur e altre etnie inferiori, caucasico-americane comprese.
La vedo un po’ dura. Tre anni fa Plomin sembrava rendersene conto, grassetto mio:
GWA studies have shown that there are no large effect sizes in the population, which implies that the heritability of intelligence is caused by thousands of DNA variants, many of these effects are likely to be infinitesimal or even idiosyncratic. Nonetheless, GCTA [Genome-wide Complex Trait Analysis] has shown that additive effects of common SNPs can theoretically account for at least half of the heritability of intelligence, which means that a brute force approach using ever larger samples will identify some of these genes. In addition, whole-genome sequencing will identify DNA variants of any kind anywhere in the genome, not just common SNPs.
Ma proprio in quell’articolo, si fida dei “punteggi poligenici” per l’intelligenza che estrapola con “la forza bruta” dai GWAs, i molto criticati studi di associazione sull’intero genoma, e dai GCTA ancora più criticati che ne derivano.
Nonostante il campione enorme di gemelli omozigoti che rendono significative le correlazioni (il 50% della loro intelligenza sarebbe ereditata, rispetto al 10% fra i non gemelli…) finisce per addizionare associazioni e correlazioni più o meno probabili, “teoriche” come dice lui, tra capre e cavoli. E poi salta sempre fuori che certe capre sono fringuelli e certi cavoli petunie.
Nel 2016 i geni correlati all’intelligenza con la forza bruta erano 52, più 74 correlati agli anni di scolarizzazione che è un elemento dell’indice di Plomin, poi quasi 500 correlati all’intelligenza perché partecipano allo sviluppo fetale di alcune aree del cervello. Per una legge di Moore, diventeranno così numerosi da comprendere mezzo genoma?
In gennaio Plomin ha fatto questa “predizione“:
MIT Technology Review found that genetic IQ assessments are already being offered by websites that provide information to people who’ve previously had their DNA measured by 23andMe or Ancestry.com
Users of GenePlaza, for example, can upload their 23andMe data and pay $4 extra to access an “Intelligence App,” which rates their DNA using data from the big 2017 study on IQ genes. It shows users where their genes place them on a bell curve from lower to higher IQ. A similar calculation is available from DNA Land.
Fortune telling indeed, tanto vale andare dalla cartomante.
(1) Ambizione della psichiatria molecolare e genomica. Per alcuni tratti, la molecola c’è e un eccesso (squilibrio) ha effetti misurabili negli animali: ormoni dello stress, neurotrasmettitori del circuito della ricompensa, della propensione al rischio ecc. E si possono attivare/disattivare i geni per il loro recettore nei topi, per esempio, e osservare come ne cambia il comportamento.
(2) Non so se lo sia tuttora. I risultati dello studio BGI-Cognitive Genomics sul DNA dei 1600 e di 500 ragazzini cinesi altrettanto geniali dovevano uscire entro il 2014 ma il sito della società non è più accessibile. Del lab di genetica cognitiva resta solo questo.
p.s. Da quando gli studi sull’intelligenza ereditaria esistono, le loro correlazioni spurie alimentano il razzismo “scientifico” – come si vede in questo commento e seguenti.