Le Oche nel biochar

Cari orecchietti di radiopop,

dopo un’errata corrige e prima delle notizie della settimana – avete visto il volo del primo aereo a vento ionico al MIT? –  Michele Salvan e Giacomo Morelli, membri del comitato scientifico ochesco e studenti di Scienze agrarie alla Statale di Milano, spiegano una nuova ricerca sul biochar.

Quella carbonella che si ottiene bruciando biomassa animale o vegetale ci è stata propinata per un decennio come la soluzione miracolosa che avrebbe sfamato l’umanità, salvandola nel contempo dal degrado ambientale e dalla crisi climatica.
Mmmouais…., come dicono alla Sorbona.

Nonostante lo scetticismo, conserviamo qualche speranza.

Lunedì scorso era la giornata mondiale dei gabinetti e due settimane prima Bill Gates andava all’Expo “Reinventing the toilet” di Pechino, per presentare i modelli finanziati dalla sua Fondazione, partecipare alla “toilet revolution” lanciata  dal presidente Xi Jinping, e magari concordare una produzione di massa che ne abbassi il costo da 500 a 50 dollari cadauno.

Il più high-tech va a energia solare e, guarda caso, il suo prodotto finale è un biochar ricco di fertilizzanti, derivato da una fonte che più rinnovabile non si può. Tra altri pregi, cattura più CO2 di altri biochar perché è molto poroso.
(Chissà se i mattoncini defecati dai vonbati sono altrettanto fertilizzanti.)

Risultati immagini per biochar

Foto: UC Davis Biochar database

Ma c’è biochar e biochar. L’efficacia e la sostenibilità dipendono da quale, dove e come viene usato, da qui tanti esperimenti che escono sulle riviste specializzate. Fra le pubblicazioni recenti mandate da Michele per introdurre l’argomento:

Abbiamo esitato a lungo. Alla fine abbiamo scelto l’ultima, più adatta alla stagione, e perché non siamo riuscite a capire come mai, all’università della Finlandia orientale fosse necessario simulare la neve che si scioglie su un prato erboso…

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