O's digest da ferie

In vacanza, perdo l’abitudine di segnarmi le letture sui temi che mi interessano e forse anche altri. Segue rassegna in disordine cronologico, con pochi appunti per chi collabora con un’Ong, per esempio salto le celebrazioni per il cinquantenario della missione Apollo 11.
Ieri l’OMS ha dichiarato lo stato di emergenza per l’epidemia di Ebola nella R.D. del Congo – reclamato dalle Ong ancora prima delle elezioni. Consentirà di raccogliere fondi dai paesi donatori, però non accelera la produzione di vaccini e i fondi per la logistica non servono a niente finché il personale sanitario locale e straniero continua a rischiare la vita. Rif. Amy Maxmen su Nature e i reportage sulla colonna di sinistra.

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Duo Chan et al., resto su Nature, correggono le serie delle anomalie, la variazione delle temperature misurate nell’Oceano atlantico meridionale, leggermente sovrastimate fino agli anni ’20, e nel Pacifico meridionale sottostimate fino a poco prima degli anni ’20 e molto di più dal 1929 al 1945 (molto nel senso di un massimo di  – 0,6 °C). Adesso il riscaldamento è più sincronizzato, ma in totale, l’aumento globale non è granché.
In un bel commento sul metodo usato e perché, Zeke Hausfather segnala altre correzioni recenti, compresa una alla veneranda serie Hadley-Met Office britannico, erede dell’ancor più veneranda serie dell’Inghilterra centrale. Adesso comprende i dati delle boe Copernicus, e si chiama serie  HASST.4.0.0.0 – non me lo ricorderò mai – ma negli anni ’90 divergicchia ancora da quella della NOAA.

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Ogni tanto parlo dei tentativi di sterminare le zanzare portatrici del plasmodio o di virus patogeni. Da quanto scrivono Zhiyong Xi e il suo gruppo, non servono zanzare geneticamente modificate:

  • Millions of factory-reared adult males [Aedes albopictus, zanzara tigre] with an artificial triple-Wolbachia infection were released, with prior pupal irradiation of the released mosquitoes to prevent unintentionally released triply infected females from successfully reproducing in the field. 

Il “campo” erano due isole su un fiume del Guangzhou, e la Wolbachia era quella che infetta la zanzara Culex pipiens. Xi et al hanno combinato due sistemi noti (sterilizzazione + infezione) riuscendo però a “industrializzare” la produzione della loro “fabbrica” per rilasciare 160 mila maschi a settimana. E’ un esperimento su piccola scala, dice Peter Armbuster, resta da vedere cosa succede in una grande metropoli. Senz’altro, però il tasso di punture per abitante è sceso fino al 96,6%:

Surveyed support for the releases in the local communities, where residents were initially sceptical or indifferent to the trial, increased from 13% to 54%.

Ingrati: 46%…

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Il paper di Katerina Harvati et al. è emozionante. In museo di Atene, avevano visto pezzi di crani Homo abbandonati lì da quarant’anni senza nemmeno provare a datarli talmente sembravano banali. Alcuni sono risultati di un H. sapiens arrivato in una cava di Apidima, nel sud della Grecia, circa 210 mila anni fa. Gli altri di un neanderthal vissuto nello stesso posto – al piano di sopra, per così dire – circa 40 mila anni dopo.
Com’era arrivato in Grecia quell’Homo s. prima della prima “uscita dall’Africa”? Non sarà mica partito da solo? Veniva dal Golfo Persico, da Israele dove sembrano essere sostanti in tanti? Insomma quelle datazioni pongono un sacco di domande. Il commento di Eric Delson va benissimo, ma secondo me Giorgio Manzi ci avrebbe messo più “feeling”.

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Su Science, Erik Stokstad racconta che

  • Late last week, the Colombian Agricultural Institute (ICA) in Bogotá confirmed that four [banana] plantations in northern Colombia have been quarantined because of suspected infection with Fusarium wilt tropical race 4 (TR4)

Da confermare quando a Wageningen avranno sequenziato il genoma della maledetta muffa. Tra un paio di mesi si saprà se è arrivata dall’Australia, che ha estirpato un paio di anni fa le sue poche piantagioni (i fungicidi non servono) o dall’Indonesia dove i braccianti son finiti in miseria, rimettendoci anche la casa…
Se viene confermata, è una brutta notizia. Il Fusarium oxysporum tropicale è un parente stretto di quello studiato nei paesi attorno al Mediterraneo dal fitopatologo Quirico Migheli all’università di Sassari. Qui distrugge di tutto, dalle palme da datteri al basilico passando dal frumento. Per le banane, il problema in più è che la Cavendish – che sa di poco – è il cultivar egemone e la Colombia sta in mezzo ai paesi esportatori.

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Su Nature di oggi, Joeri Rogelj et al. dell’Imperial College e dello IIASA propongono anche loro un insieme di indicatori  – cinque in questo caso – “per stimare” e vedere se viene rispettato il budget rimanente del carbonio nonché gli “obiettivi climatici stringenti” per i paesi che hanno firmato l’Accordo di Parigi.
Ottimisti, sperano che il loro sistema

  • may help to reconcile differences between estimates of the remaining carbon budget and may provide a basis for reducing uncertainty in the range of future estimates.

Com. stampa IIASA
Da collegare alla Worldview di Jessica Espey, la direttrice di Trends, esasperata perché i governi che quattro anni fa hanno approvato gli Obiettivi dell’Onu per lo sviluppo sostenibile non si sono ancora dati “sistemi di monitoraggio competenti”, quindi non ci sono dati sugli interventi che funzionano o meno.
Certi governi dei paesi ricchi si sono messi a fare la guerra alle Ong, di sicuro preferiscono che i risultati non si sappiano. E i principali produttori/consumatori di combustibili fossili, che interesse avrebbero a monitorare il budget del carbonio?