Eni sta alla sostenibilità come… – II puntata

… Rocco Siffredi alla castità giovanile, suggeriva un lettore appena saputo che l’azienda avrebbe formato i docenti delle scuole dell’obbligo ad insegnare “il cambiamento climatico, l’efficienza energetica, i rifiuti e le bonifiche ambientali”.
Su Valori un reportage di Rosy Battaglia – no relation, bravissima – dimostra quanto sia appropriata l’analogia con un elenco dei disastri combinati dall’Eni in Italia e nel resto del mondo. Le proteste contro la decisione dell’Associazione nazionale dei presidi non si sono fermate, scrive:

  • Contro il patto ENI-presidi si stanno mobilitando i giuristi del team «Legalità per il clima», guidata da Michele Carducci, professore ordinario di Diritto climatico dell’Università del Salento. Insieme ai legali Raffaele Cesari e Luca Saltalamacchia sta predisponendo, con il sostegno anche dei Teachers for Future italiani, una diffida alla stessa ENI, che verrà indirizzata al Ministero e all’ANP, ispirata alla Convenzione di Aahrus.

Sembra una buona idea, ma forse la diffida andrà indirizzata a più ministeri?
Dal 2017, il “documento guida” della convenzione UE sulla giustizia ambientale, stabilisce come “individui e associazioni possono contestare presso le corti nazionali decisioni, atti e omissioni da parte di autorità pubbliche relative a leggi ambientali dell’UE”. Come c’è scritto sul sito aziendale, “il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha il controllo di fatto in Eni SpA” e ogni tanto pare metterci lo zampone un ministro degli Interni.
A proposito…
Forse nella speranza di un ritorno al governo di Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia, con l’ex ministro nella veste di presidente del consiglio, anche Il Giornale ha dato spazio alle vecchie bufale sul clima di Franco “Heartland” Battaglia, il chouchou di Berlusconi, dell’antico Uberto Crescenti e di Nicola “Heartland” Scafetta. Con lieve sadismo, ne ha dato ancora di più alle loro frustrazioni perché né gli scienziati né le massime cariche dello stato vogliono parlare con loro.
La somiglianza con l’articolo di Libero che citavo ieri fa pensare che i tre avessero finalmente convocato la conferenza stampa stipulata con il promotore della”Dichiarazione europea“, e che si siano presentati Roberto Vivaldelli del Giornale e Piero Senaldi di Libero, ma non l’agente Betulla della Verità.
(h/t Climalteranti per entrambe le segnalazioni)
In semi-related news (BBC e CNN): il vento ha abbattuto pezzi del muro fatto ricostruire da Trump lungo la frontiera tra California e Messico, al costo di $12,5 milione/km.

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BAU
In un “commento” su Nature di oggi, Zeke Hausfather e Glen Peters affrontano il tema – dibattuto su twitter da mesi – dello scenario economico “Representative Concentration Pathway 8.5″ detto dagli amici Arressipì 8.5. Comparso per la prima volta nel IV rapporto IPCC come “worst case scenario” rispetto ad altri tre, ipotizza uno sviluppo basato su un uso crescente del carbone, senza alcun intervento per limitare le emissioni di gas serra fino al 2100, e porta a un aumento della temperatura globale di 5 °C rispetto all’Ottocento.
Non va chiamato “Business As Usual”, scrivono, e nemmeno il suo attuale sostituto, perché è quello meno probabile. Siamo avviati verso +3 °C o  un grado in più (accid… come nell’Artico), ma +2 °C è ancora fattibile:

  • Dai fisici ai modellisti degli impatti climatici ai comunicatori e ai decisori possibili, dobbiamo tutti quanti smettere di presentare lo scenario peggiore come il più probabile. Esagerare la probabilità di impatti climatici estremi può far sembrare la mitigazione più difficile di quanto sia in realtà. Questo potrebbe portare al disfattismo perché il problema viene percepito come fuori controllo e irrisolvibile. Cosa importante, potrebbe risultare in un pianificazione sbagliata, mente una gamma più realistica di scenari quali punti di riferimento (base-line) rafforzerà la valutazione del rischio climatico. 

Nella categoria “comunicatori”, prometto di non farlo mai più.
Risultati immagini per james hansen model 1988

Fonte: J. Geophysical Research, 20 agosto 1988

L’avevo chiamato BAU per analogia con lo scenario di emissioni intermedio B usato da James Hansen in un modello pubblicato nel 1988. Sapevo che era un Gedankenexperiment, ma aveva azzeccato la concentrazione atmosferica di gas serra e l’aumento della temperatura se alcuni gas serra non fossero stati banditi dal Protocollo di Montreal a partire dal 1990.
Commento di Michael Mann. Fra le retroazioni del ciclo del carbonio non rispecchiate negli scenari, cita il rilascio di metano dal permafrost e in Australia gli incendi che hanno emesso più del doppio della CO2 rilasciata in un anno da tutte le attività del paese.
Agg. 31/10, rif. anche Gavin Schmidt sintetico da Real Climate; Ken Rice da aTTP; il collettivo di Climate Nexus

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Nei paper, Paul Loubeyre et al. descrivono come hanno ottenuto “probabilmente” idrogeno metallizzato. Bello, ma non ancora la pistola fumante quindi la gara continua (Roald Hoffmann e il suo amico Neil Ashcroft non partecipano più, sono in pensione anche loro).

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ADR
Stamattina a Radiopop, Vittorio Agnoletto ha fatto un’informazione efficace, trovo. Ha paragonato il tasso di mortalità dei tre coronavirus noti finora (SARS circa 10%, MERS circa 30%, polmonite di Wuhan circa 3%),e  ricordato le migliaia di morti dovute ad ogni influenza stagionale in Europa.
Un orecchietto mi scrive che gli sembrano troppe “per un’influenza normale”, forse non è il solo, “cosa dici?”. Di fidarsi di Vittorio che di epidemiologia ne sa molto più di me e magari di leggere l’articolo del prof. Pier Luigi Lopalco. Scrive che nella UE, anche l’influenza normale è considerata una “emergenza sanitaria” perché causa tra 15 e 70 mila morti in eccesso. La variazione dipende dal tipo di virus. Sono stime ottenute incrociando statistiche e nei paesi UE, le statistiche sono piuttosto accurate.

3 commenti

  1. Concordo con Michael Mann, occhio ai “carbon cycle feedbacks”:
    We have seen a sobering example of the importance of these feedback mechanisms here in Australia where I am currently on sabbatical. In the catastrophic fires that have engulfed the continent (which were exacerbated and amplified by unprecedented heat and drought made possibly by climate change), roughly twice as much carbon escaped into the atmosphere as was produced by all of fossil fuel burning in Australia over the last year.
    These sorts of amplifying “carbon cycle” feedback mechanisms (and this is just one example–there are many others including, for example, the potential release of frozen methane in the Arctic with warming) are not accounted for in the simple sorts of projections that Hausfather and others are using here. It is very likely that these feedback mechanisms will add substantially to the warming over the next century.
    Combine that with the fact that the most recent (“CMIP6”) IPCC climate models seem to be showing the potential for considerably greater warming than the previous generation (“CMIP5”) of IPCC models, and in my view, it is very difficult to rule out warming in excess of 4C under “business-as-usual” climate policies. Only with very strong mitigation efforts and rapid reduction of carbon emissions can we avoid such a scenario with a high degree of confidence.
    Finally, let’s not forget that even a 3C warmer world would be catastrophic. Here in Australia, we’re already seeing the catastrophic impacts of less than half that much planetary warming.
    Most of this critical context has been lost in the recent discussion.

  2. @Paolo C.
    Non vale… mi sto ancora riprendendo dalla lettura del paper di Lenton uscito ieri, quello con i 300 TPs…

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