Un ottimismo guardingo

Philosophical Transactions of the Royal Society B, in open access, è dedicato a “Cambiamento climatico ed ecosistemi: pericoli, opportunità e soluzioni” che è anche il titolo dell’editoriale, insieme riassunto dei problemi e guida alla lettura. Ogni tema è declinato in rassegne, “opinioni” e ricerche sul degrado attuale, e poi sulla fattibilità di “Nature-based Solutions” (NbS) dette anche “Nature Climate Solutions” (NCS) che potrebbero contribuire a mitigare i danni e/o ad adattare l’ambiente perché i suoi abitanti ne patiscano meno.

Viene la tentazione di saltare subito alla fine del Tema 3: Tipping positive change, la rassegna di Timothy Lenton, e per far prima alla sua conclusione. L’introduzione sul rischio di 300 e rotti punti di non ritorno dovuti al riscaldamento globale è così deprimente che Lenton scrive

  • Prima che il lettore si faccia prendere dal panico, andrebbe sottolineato che punti di non ritorno globali a cascata non possono essere la norma, altrimenti non saremmo qui a rifletterci: avrebbero estinto la vita molto tempo fa.

Dopo averlo rassicurato, per così dire, conclude:

  • L’ottimismo guardingo [guarded] espresso qui può essere temperato dall’esperienza passata: la nostra capacità di essere lungimiranti e rispondere collettivamente ai segnali di avvertimento è minima [26]. Forse possiamo sperare tutt’al più di essere più veloci nel correggere i nostri errori.

Mouais…
Sarebbe logico resistere alla tentazione e andare dai pericoli (tanti e concatenati), alle opportunità (più o meno afferrabili) e alle “soluzioni e applicazioni concrete” (con molti se e molti ma). Però va di moda l’illusione che piantare alberi equivalga a creare o ripristinare foreste e che bastino mille miliardi di alberi, piantati da qualunque parte del mondo, a catturare tanta CO2 atmosferica da tirarci fuori dalla crisi.

Così invece di seguire l’ordine deciso dai curatori — se non si conoscono i pericoli, opportunità e soluzioni sembrano campate per aria o wishful thinking – ho letto il paper “National mitigation potential for natural climate solutions in the Tropics“, avvisata da tweet dell’economista del “sistema Terra” Jonah Bush, uno dei numerosi autori, che avevo visto tramite Michael Mann via Seaver Wang (? la memoria non è più ecc.)

Alcuni autori avevano già stimato il potenziale di mitigazione naturale in diversi paesi del mondo – forse in tutti, ho guardato solo tre abstract delle ricerche in bibliografia… – ma questa volta si concentrano su quelli fra i Tropici perché è la zona

  • che ospita la maggioranza (61%) del potenziale globale di NCS

I 38 paesi con il maggior potenziale di compensare le proprie emissioni con le NCS sono per lo più piccoli, poveri e con governi inaffidabili. In un terzo ci sono conflitti politici anche armati, e in quelli subsahariani la popolazione aumenta velocemente insieme all’uso del suolo.
23 hanno comunque emissioni negative. Come nelle classifiche per l’elettricità da fonti rinnovabili, il Costa Rica è il più virtuoso: i suoi ecosistemi catturano più di quattro volte la CO2 emesse dalle attività umane.

Data la superficie, i paesi sui quali puntare almeno per la conservazione degli ecosistemi sono il Brasile dalle emissioni negative per un pelo, l’Indonesia, altro polmone verde devastato dagli incendi e dalla deforestazione, e la R.D. del Congo in guerra civile da decenni…

Sul suo blog, Jonah Bush spiega bene anche i risvolti economici del loro lavoro. Con un rapporto costi/benefici così favorevole in termini di PIL, le NCS gli sembrano soluzioni ovvie. Lo sono dai tempi del Protocollo di Kyoto infatti, ma

  • Attualmente per le NCS prevale il bisogno di finanziamenti, compresi nella forma di pagamenti basati sui risultati per ridurre la deforestazione (i.e. REDD+). Nel 2019, ci sono stati risultati importanti, comprese l’approvazione del California Tropical Forest Standard e l’introduzione di pagamenti basati sui risultati da parte del Green Climate Fund e in nuovi accordi con il Gabon, il Mozambico e il Ghana. Ma abbiamo anche visto un fallimento dei negoziatori dell’Onu sulle norme per il carbon trading internazionale.

Norme che aiuterebbero i paesi poveri non ancora virtuosi a diventarlo mentre ricevono in cambio fondi da investire, in un mondo ideale, nelle infrastrutture necessarie per uscire dalla povertà: educazione, delle ragazze in primis, pianificazione famigliare, sanità pubblica, energia rinnovabile ecc.

Alcuni accademici, italiani in particolare, deridono i “gender studies” forse – ottimismo guardingo… – senza sapere cosa siano. Nel caso volessero informarsi, ne è un esempio quello dell’IUCN uscito oggi. Trova una correlazione tra il degrado ambientale e l’aumento della violenza contro le donne. Com. stampa e articolo del Guardian. Sorpresona:

  • In most parts of the world, women are already disadvantaged and lack land rights and legal rights, so are vulnerable to exploitation. When the additional stresses caused by the climate crises bite, they are the first to be targeted. 

*

Su Nature Climate Change, a pagamento, Piers Forster et al. confrontano con il machine learning  >400 mila paper relativi al clima raccolti dal Web of Science con quelli valutati dai Gruppi II e III nei rapporti IPCC. Nei due più recenti, le scienze sociali – economia, medicina, diritto, scienze politiche ecc. – prima quasi ignorate, sono sovra-rappresentate mentre sono sotto-rappresentate “le conoscenze tecniche, rilevanti per le soluzioni, soprattutto in agricoltura e ingegneria”. Com. stampa.

Ci va un ottimismo tout court. La colpa è del boom di pubblicazioni “rilevanti” negli ultimi dieci anni, soprattutto in medicina. Nel com. stampa gli autori auspicano appositi rapporti IPCC, ma ci sono già quelli del Lancet per la medicina, della FAO per l’agricoltura e delle accademie, della Royal Society e di chissà quanti altri per l’ingegneria.

Questo è un paper per Steph ma latita dalla Befana. se lo sarà mica portato via?
Un gruppo coordinato da Simone Fatichi dell’ETH di Zurigo ha studiato “il paradosso della siccità” nelle Alpi durante l’ondata di calore del 2003, quando

  • in ampie zone delle Alpi l’evapotraspirazione [degli alberi e del resto della vegetazione] era superiore alla media malgrado le basse precipitazioni, accrescendo del 32% il deficit del deflusso dov’è più produttivo (1.300–3.000m sopra il livello del mare).

Nel loro modello, a fine secolo una temperatura di 3 °C in più corrisponde a circa il 3% in meno di precipitazioni (acqua azzurra), mentre raddoppia la media “dell’acqua verde” evaporata dalle piante. Con il caldo, i ghiacciai si sciolgono e gli alberi se la cavano attingendo alla loro “acqua blu” prima che scenda a valle e alimenti torrenti, ruscelli e fiumi. Dal com. stampa:

  • Quattro dei principali fiumi europei, il Reno, il Rodano, l’Inn e il Po nascono nelle Alpi. Insieme forniscono acqua a circa 170 milioni di persone e hanno un ruolo cruciale nella generazione di elettricità e in agricoltura. Una gran parte dell’Europa dipende pertanto dall’acqua blu delle Alpi, il che porta Fatichi a chiedere “ci possiamo davvero permettere che i volumi di quell’acqua declinino?” 

Pensando alle centrali nucleari raffreddate dal Reno, dal Rodano e affluenti, e all’agricoltura dalla Val Padana ai Paesi Bassi mi è passato l’ottimismo. Ma allora se fem, abbattiamo le foreste?

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Bufale cicloclimatiche
Scaricata dalla redazione e da due revisori perché non ha saputo calcolare la distanza della Terra dal Sole, la povera Valentiva Zharkova vorrebbe continuare a negare l’effetto serra dei gas serra pubblicando – a pagamento, presumo – una toppa di ben 13 pagine al suo ultimo acquisto su Scientific Reports. Da settembre è ferma in redazione o in peer-review; sospetto che la prof. Zharkova, la sua amica Popova e il prof. Shepherd sono de coccio. Il figlio forse meno, perché non ha firmato l’erratum-fiume.

aTTP nel suo aggiornamento ed Everett Sargent anche su PubPeer spiegano perché la toppa è peggiore del buco. Insieme ad altri ricercatori, hanno provato per sei mesi a farle capire che l’orbita terrestre ha sia un perielio che un afelio. Non ci sono riusciti, mi chiedo come lei abbia fatto a conseguire un dottorato in matematica e teoria solare.