Confusioni globali (con quiz)

Stefano Dalla Casa è ammirato dalle esternazioni di Gilberto Corbellini del CNR (rif. commento sotto) e Alberto Mingardi del Bruno Leonilobby simili contro la strategia “Dalla fattoria alla forchetta” proposta dalla Commissione europea nel quadro del Green Deal. Dopo una pandemia, in mezzo a una piaga di locuste devastante e all’inizio di una crisi economica mondiale, sarebbe così idiota da voler

  • aumentare la produzione agricola locale, la sicurezza alimentare (e i posti di lavoro),
  • ridurre l’inquinamento da erbicidi e insetticidi, gli sprechi e le frodi
  • ampliare la lotta integrata ai patogeni e altre pratiche già usate in agricoltura “bio”, “eco” e altrimenti “sostenibile”

Ma che obiettivi risibili e assurdi!

  • Circola molto, in questa “fase due” ancora sospesa fra lo shock del lockdown e le miserie della decrescita, l’idea che il Coronavirus sia una sorta di vendetta della natura per il nostro “sfruttamento intensivo”.

Ma quale sfruttamento!

  • Noi ci limitiamo a ricordare che fra le ipotesi più accreditate sull’origine di questa pandemia ci sono le compravendite di animali selvatici in Cina, per usi legati alla medicina tradizionale cinese. Il massimo del bio.

Quiz

Al CNR e all’Istituto Bruno Leoni, credono che

  • sterminare altre specie e distruggerne gli habitat non sia “sfruttamento intensivo”
  • il Parlamento europeo sia il CC del PCC e legiferi sulle compravendite cinesi
  • gli agricoltori UE esportino animali selvatici in Cina
  • le sostanze animali e vegetali per usi legati alla medicina tradizionale europea non siano “il massimo del bio”
  • ?

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Confusione globale – II
Lo studio retrospettivo di Mandeep Mehra, Sapan Desai, Frank Ruschitzka e Amrit Patel, sui rischi della clorochina o idrossiclorochina, associate o meno a un antibiotico, per 14.888 pazienti su 96 mila ricoverati per covid-19 in tutto il mondo, è uscito il 22 maggio sul Lancet. Il 25 maggio, l’Organizzazione mondiale della sanità sospendeva i trial in corso “in attesa di una verifica” dei dati sulla sicurezza di clorochina o idrossiclorochina a dosi superiori a quelle somministrate finora contro la malaria e altre patologie.
Dopo una serie di critiche, il 29 maggio è uscita una correzione, ma per scoprirla occorre cercare nei “related articles” (in fondo alla colonna di sinistra) perché il Lancet non la segnala. Restano le incongruità elencate da James Watson (un omonimo) e dai co-firmatari in una lettera aperta in cui chiedono la pubblicazione dei dati grezzi, anonimizzati.

Appartengono alla Surgisphere Corporation di Sapan Desai, uno dei quattro autori. Sarà lui a decidere se condividerli con i ricercatori che gli manderanno proposte, ha detto a Heidi Ledford di Nature, che lamentava la “confusione globale” creata dagli annunci e dai paper pro e contro l’uso dei due farmaci.

La creano anche quelli sull’efficacia del remdesivir, ma lo studio del 22 maggio ha un problema in più: la reputazione dubbia di Surgisphere, del Lancet e di troppe riviste scientifiche.

Creata nel dicembre scorso, Surgisphere è una piccola start-up che ne raggruppa altre dai nomi vari con lo stesso titolare e gli stessi cinque dipendenti, addetti principalmente al marketing. Vendono agli ospedali software per analizzare gli esiti di interventi clinici e rivendicano un premio che non hanno mai ricevuto.

Con dati altrettanto improbabili, il 1 maggio Mehra, Desai, Patel et al. avevano pubblicato sul NEJM uno studio retrospettivo meno ambizioso. Era il primo articolo aziendale a superare la peer-review, ma ora sembra una pubblicità occulta per un imbroglio palese…

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Confusione globale – III
Le contro-indicazioni dell’idrossiclorochina sono note da decenni, è meno noto che Giulio Tarro la prescrive con allegra disinvoltura a chiunque si diagnostichi sintomi da covid-19 e capiti sul sito della fondazione Nenni:

  • Nei casi meno gravi, una compressa al giorno. Nei casi più gravi, due o tre compresse al giorno a seconda della gravità, da associarsi all’azitromicina almeno per una settimana.

Il sedicente pluricandidato al Nobel per non aver contribuito alla scoperta del vaccino anti-polio, crede che il caldo faccia scomparire il virus e che si diffonda ora in Brasile perché farebbe freddo come in Lombardia d’inverno. Crede pure che PubMed sia una rivista scientifica, e gli basta un singolo caso in Cina di non trasmissione del Sars Cov-2 da parte di un portatore asintomatico a escludere ogni evidenza del contrario e quindi l’utilità delle mascherine salvo durante incontri con sintomatici espettoranti e starnutenti.
Secondo lui infatti, “dialoghiamo normalmente” con altre persone

  • ad una distanza di circa 20 cm – come del resto è scritto in ogni manuale di microbiologia – [alla quale] non avviene alcun tipo di contagio.

Forse dovrebbe ricominciare a uscire di casa? h/t un tweet di radioprozac che non ritrovo.

*

“Confusione globale” – IV
Dallo spennapolli Frontiers, Luciano Mutti e altri clienti abituali tra cui Antonio Giordano si sono comprati una “opinione” da dimenticare sulla covid-19 se non fosse per l’ipotesi di un sistema immunitario HLA – il più polimorfo che ci sia! – geneticamente diverso nei meridionali (fortunati) e nei settentrionali (sfortunati). Spiegherebbe l’elevata mortalità nelle regioni del nord Italia e i rari decessi nelle altre.
Convinto che non ci siano mai state migrazioni da sud a nord, matrimoni misti e prole altrettanto mista, Antonio Giordano crede che

  • i geni responsabili della protezione immunitaria hanno una serie di debolezze che sono concentrate maggiormente nelle popolazioni del Nord Italia

anche se in Veneto come in Campania i decessi sono uno su dieci “casi”. D’altronde crede pure che

  • le polveri sottili [siano] veri e propri “carriers” del virus e che lo mantengano in vita a lungo nell’ambiente.

14 commenti

  1. Ma il Lancet non era una rivista quotata? Vabbè che ha pubblicato la truffa di Wakefield e ci ha messo un po’ per ritrattarla ma vuole proprio rovinare la sua credibilità?

    1. Stefano,
      grazie, l’avevo dimenticato, metto un rimando sopra.

      Richard Horton ha difeso l’articolo di Wakefield et al. per quasi 12 anni, non ritratta quelli di Macchiarini nonostante le richieste del Karolinska (dopo inchieste della magistratura), e nasconde le correzioni nella rubrica “Department of Errors” (anche in caso di falsificazioni deliberate) invece di aggiungerle o almeno segnalarle in cima al testo originale…

  2. Cara Sylvie, fra centinaia di ottimi post che hai scritto, la prima parte di questo è deprimente. Tu e altri ve la prendete qui con gli autori di un articolo e un’organizzazione a cui sono collegati, dando un cattivo esempio di attacco ad personam (e ad istitutionem, se si potrà dire così) e buttando là poi un cicino di sarcasmo (in termini poco comprensibili, almeno a me), senza entrare nel merito dell’argomento centrale proposto: che l’incoraggiamento europeo dei processi di produzione cosiddetti “biologici” (“organic”) non tiene per nulla conto dei fatti accertati, e ripetutamente pubblicati in riviste peer-reviewed, sulla scarsa resa dell’agricoltura “bio”, non compensata da vantaggi nutrizionali e con contraddizioni chemofobiche e biotecno-fobiche – come anche ieri ci ricordava Bressanini: https://www.corriere.it/cronache/20_giugno_01/dario-bressanini-mi-odiano-perche-cuocio-pasta-fuoco-spento-22db3478-a438-11ea-b19d-c124828d4b5b.shtml
    Con l’aggiunta che dal cosiddetto “biologico” (più che altro un meme ingannevole) si può facilmente scivolare negli esoterismi del “biodinamico”, tuttora oggetto di un progetto di legge che potrebbe favorire in Italia tali fantasie metafisicoidi (ma collegate a robusti interessi commerciali): v. https://www.setanet.it/wp-content/uploads/2020/02/200224-CS-ScienzaBiodinamica1.pdf

    1. non so tu, Giovanni, ma trovo deprimente che il capo di un istituto anti-scienza e un dirigente del CNR si schierino contro pratiche che loro chiamano “bio”, meno dannose per il clima e per l’ambiente, e quindi per la nostra salute.
      Come ai tempi di Rachel Carson, chiunque proponga un uso “saggio” dei pesticidi viene accusato di voler tornare al Medioevo. In questo caso, con falsità deliberate visto che le firma un professore di storia della medicina. Per esempio:
      per evitare che assieme con noi viaggino anche gli agenti patogeni (lo facevano già da prima, ma l’abbiamo scoperto di recente).
      Nel VI secolo d. C. Grégoire de Tours racconta la peste che sbarca nei porti insieme a marinai e mercanti, come gli altri cronisti dell’epoca…
      fino a quando esisteranno in Oriente insane commistioni tra alimenti agricoli, medicinali e animali selvatici, non saremo sicuri.
      Scritto da chi non ha mai detto nulla contro l’insegnamento della medicina tradizionale cinese al CNR e alla Sapienza, non ti deprime? Difendi quell’articolo un po’ razzista perché credi anche tu che le zoonosi vengano unicamente dall'”Oriente” e siano causate unicamente da quelle “insane commistioni”?
      Non ti dice niente “mucca pazza”? Davvero non sai che ci becchiamo zoonosi da cinghiali, pesci e molluschi “selvatici” e non solo dagli animali d’allevamento e da compagnia?
      se nel mondo prevalesse il biologico per sfamare la popolazione umana nel 2050 dovremmo trasformare in terreno agricolo gran parte dei santuari ecologici.
      Vecchia bufala. Si produce cibo in eccedenza tant’è circa un terzo viene buttato via. Mi fermo qua, credo di aver reso l’idea…
      Farm to Fork non risolve i problemi della PAC che sovvenziona tuttora i “robusti interessi commerciali”: la sovra-produzione, le monoculture, gli allevamenti intensivi e le loro zoonosi.
      Con l’aggiunta che dal cosiddetto “biologico” (più che altro un meme ingannevole) si può facilmente scivolare negli esoterismi del “biodinamico”
      Per la proposta di legge ferma in Senato, ho già dato. Mi puoi citare una frase di Farm to Fork che parla di “biological agriculture”?
      sulla scarsa resa dell’agricoltura “bio”
      Non so cosa intendi con agricoltura “bio”, noi usiamo agro-ecologia perché sono almeno 20 anni che le ricerche in agronomia tengono conto del contesto ambientale e umano.
      E – scusa se mi ripeto – il problema non è la scarsa resa delle varie forme di agricoltura, ma la distribuzione iniqua dei loro prodotti e la distruzione delle eccedenze.

  3. Ecco un esempio di come a volte la confusione tenda a crescere spontaneamente.
    Già l’ associazione illogica tra la politica agricola europea ed il giustamente famoso SARS-CoV-2 non sembra essere altro che una commistione impropria. Peccato che sia il post che il botta e risposta al commento dello stesso più che diminuire la confusione la alimentino disperdendola per vie traverse.
    Se proprio si vuole trovare una consolazione non rimane che constatare come si tratti di una confusione a livello assai localizzato mentre in tutto il vasto mondo continua a valere in moltissimi ambiti una delle massime di un passato sostenitore della medicina tradizionale cinese “grande è la confusione sotto il cielo”.

  4. Alla risposta di Sylvie, mi permetto di aggiungere una cosa. I due autori e i loro fan, che sono consumati (per questo si ricorda da dove vengono) parlano del bio un po’ come Berlusconi parlava dei comunisti, per agitare un vessillo rosso. Il punto è che per rendere l’agricoltura più sostenibile servono delle regole, come servono se vogliamo risolvere i cambiamenti climatici che il loro think tank ha sempre negato.
    Sono queste nuove regole che, in quanto tali, non vanno bene. Come si evince dal loro testo, l’unica cosa in grado di farli imbestialire di più delle regole sono gli (orrore) investimenti pubblici. Questo è l’unico motivo per intervenire sulla questione con un pezzo di opinione come quello.
    Poi possiamo anche credere che le più grandi minacce per l’agricoltura europea siano lo spettro del biologico e dell’antiscienza (i cittadini mostrano grave “ritardo mentale”, secondo Corbellini), e che per questo moriremo tutti di fame mentre gli stregoni del biodinamico ballano alla luna. A ognuno le sue narrazioni, ma si farebbe a meno del bollino della scienza su queste chiamate alle armi nel segno della deregolamentazione. A questo proposito fa bene Sylvie a ricordare Carson, visto che sappiamo bene da dove soffia il revisionismo, anche su di lei.

    1. alfredo,
      Stefano mette i puntini sulle i che avevo omesso perché sarebbe stato come spiegare ai lettori che a Genova c’è il mare. Sanno già che per l’IBL & Co. ridurre l’inquinamento ci porterà alla catastrofe economica, mica vanno in confusione se leggono in un articolo dell’IBL & Co. che un’agricoltura meno inquinante ci farà morire di fame.
      Se mi dice quali frasi della mia risposta a Giovanni “più che diminuire la confusione la alimentino disperdendola per vie traverse”, posso provare a spiegarmi più chiaramente.

      Sono d’accordo con te, Stefano. Per questo trovo strano che Giovanni difenda i “mercanti di dubbi”.

  5. Quale frase preferisce?
    Al di là del fatto che pare che non si accorga che questo modo di argomentare tagliuzzando il discorso dei suoi interlocutori, in questo caso Giovanni, e sentenzia dovi contro pezzetto per pezzetto è una tecnica spesso usata ad esempio dai negazionisti climatici che genera di solito lunghi e confusi battibecchi.

  6. Non ci siamo proprio. Il replicare che “il problema è un altro”, es. lo spreco di cibo (problema verissimo) non è un modo corretto di discutere. Meno ancora lo è ripetere che l’istituto a cui gli autori sono collegati promuove politiche sbagliatissime: per qual che conta, lo penso anch’io, ma questo NON è il punto qui. Io richiamo l’attenzione su un tema specifico, e su questo voglio insistere.
    [Sylvie] pratiche che loro [Corbellini et al.] chiamano “bio”, meno dannose per il clima e per l’ambiente
    “Bio” se lo sono inventati i sostenitori del “bio”, non i loro critici. “Meno dannose”? Ammesso – e niente affatto concesso – che questo sia vero sull’unità di misura messa a coltura (es. 1 ettaro), il problema è che per ottenere la stessa quantità di prodotto occorre molta più terra http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0308521X1100182X : quindi il risultato di un forte ampliamento di questi metodi sarebbe pesantissimo per clima e ambiente. http://www.annualreviews.org/doi/abs/10.1146/annurev-resource-100517-023252
    Viene poi solitamente ignorato il catastrofico effetto economico che avrebbe la forte riduzione delle rese sul portafoglio dei consumatori (a fronte di nessun vantaggio: http://www.lshtm.ac.uk/newsevents/news/2009/organicfood.html): non vediamo già ora che i prodotti “bio” costano parecchio di più?
    Quindi io non “difendo i mercanti di dubbi”, bensì “attacco i mercanti di (false) certezze”.
    [Sylvie] Mi puoi citare una frase di Farm to Fork che parla di “biological agriculture”?
    Come ricordavo nel mio primo commento – credendo di scansare l’equivoco linguistico – quello che in italiano (bizzarramente) si chiama “biologico”, in inglese è “organic”. Uno degli obiettivi di Farm to Fork è esplicitamente “reaching 25% of agricultural land under organic farming by 2030”. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/QANDA_20_885
    Sylvie, in questo caso ti sei gravemente lost in translation?! 🙁
    C’è di peggio, perché il PRIMO obiettivo di Farm to Fork è “a reduction by 50% of the use and risk of chemical pesticides”. Perché solo pesticidi “chimici” (termine scorrettamente impiegato per dire “sintetici”), e non TUTTI i pesticidi? In coltivazioni “biologiche”, ad es., si usa il solfato di rame, dannosissimo, per il rifiuto dogmatico di altri rimedi che non sono “naturali”. L’Europa contrabbanda un concetto assai scorretto.
    Peggio: i “pesticidi”, usando un termine più adeguato, sono fitofarmaci, medicine per le colture. Che diremmo di un grande impegno europeo a dimezzare l’uso delle medicine (per esseri umani) – così, indiscriminatamente? Chi e su che basi dice che si usa il doppio di prodotti per la protezione delle colture di quanto sarebbe necessario? Questi prodotti COSTANO, in soldi e lavoro: si crede che gli agricoltori siano scemi? Perché non si opera una corretta distinzione tra 1. uso e 2. abuso di (qualsiasi) sostanza? Su questi punti fondamentali, Farm to Fork ha un’impostazione arbitraria e dogmatica.
    Non voglio abusare della pazienza tua e dei lettori discutendo del problematico concetto di “agroecologia”, ma se farai un post sull’argomento magari direi qualcosina.

    1. Giovanni,
      Perché solo pesticidi “chimici”
      possiamo usare le parole che vogliamo, anche “bio” se non ci vien da ridere, ma i documenti C.E. devono usare quelle – concordate anche se problematiche – delle norme internazionali o nessuno capirebbe più niente. Per questo ti chiedevo un esempio tratto da Farm to Fork.
      Per dire, “organic” è il termine del Codex alimentarius FAO/WHO; “agroecology” è quello FAO per le pratiche conformi all’obiettivo 2.4 dell’ONU (sustainable food and agriculture); “chemical pesticides” e “microbial, botanical and semiochemical pesticides” sono quelli del codice FAO/OMS per la loro gestione.
      Su questi punti fondamentali, Farm to Fork ha un’impostazione arbitraria e dogmatica.
      Perché? Non detta soluzioni né vieta alcunché, certi chemical pesticides restano obbligatori.
      Chi e su che basi dice che si usa il doppio di prodotti per la protezione delle colture di quanto sarebbe necessario?
      Non lo so chi lo dice. So che c’è un abuso di pesticidi e fertilizzanti (così come c’è un abuso di antibiotici e altri farmaci in medicina umana e veterinaria) e che è possibile ridurne del 50% “l’uso e i rischi” perché succede già con le miscele di microbi e funghi, (soil biodiversity restoration). Poi ci sono i mezzi più tradizionali come le rotazioni, biologici “macro” come i lombrichi ecc.
      Nella UE la superficie agricola cala del 3% all’anno da decenni, forse portare quella organica dall’8 al 25% sarebbe un recupero di quella abbandonata? Se è inquinata da nitrati o degradata, ci sono metodi organici per renderla produttiva.
      Insieme alla riduzione della lunghezza della filiera, degli sprechi e delle frodi, il prezzo dei prodotti non calerebbe per semplice economia di scala?
      Il risultato di un forte ampliamento di questi metodi sarebbe pesantissimo per clima e ambiente.
      Dipende, è davvero questione di contesto. Per es. l’agricoltura “conservativa”, altro nome dell’agroecology, usa specie arboree a mo’ di siepi per fermare l’erosione, conservare l’umidità nel terreno, fissare azoto e carbonio. Sono metodi organici in senso stretto. Per dirla con il rapporto IPCC sull’uso del suolo:
      Desirable outcomes will depend on locally appropriate policies and governance systems.
      Con tutti i suoi difetti, la PAC sovvenziona già le pratiche organiche di agricoltori che contrastano il degrado ambientale, monitorano territori a rischio idrogeologico e… non ricordo il terzo requisito. Ma…
      “il problema è un altro”
      Proprio così. La PAC e le altre politiche agricole non rendono meno iniquo l’accesso alle risorse alimentari. La produzione mondiale aumenta tuttora più velocemente della popolazione, eppure gli affamati, denutriti e malnutriti sono tornati ad aumentare anch’essi. Non succedeva più da decenni.
      ma questo NON è il punto qui.
      E’ proprio qui il punto. E anche secondo te, penso, perché non è colpa del “bio”, ma dei cambiamenti climatici negati dal Bruno Leoni e dei conflitti per le risorse energetiche il cui sfruttamento viene caldeggiato dal Bruno Leoni.

  7. Ma se gli agricoltori usano già la quantità ottimale di pesticidi, stabilita dalle forze di mercato, mi chiedo perché ci diamo tanta pena anche col riscaldamento globale. I combustibili fossili costano soldi e lavoro, non siamo scemi, quindi è ridicolo proporre ambiziosi tagli per ridurre l’utilizzo. Comunque, per i pochi che avessero voglia di andare oltre il comunicato stampa bolscevico e antiscientifico della Ue, qui si trova tutto il materiale relativo alla strategia
    https://ec.europa.eu/food/farm2fork_en#:~:text=The%20Farm%20to%20Fork%20Strategy%20is%20at%20the%20heart%20of,if%20they%20are%20not%20sustainable.

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