Singolare ingannevole

Dagli anni Sessanta, “riscaldamento globale” era usato, insieme a “clima modificato inavvertitamente”, per descrivere l’effetto serra delle nostre emissioni di CO2 equiv. Ma queste non modificano solo la temperatura e – salvo ricerca specifica – nella letteratura prevale “cambiamento climatico“. Termine preferito dai bigoilisti: sottintende che il clima cambia da sempre, le nostre emissioni non ci fanno un baffo.

Ups, abbiamo sfondato anzitempo i 400 ppm di CO2 atmosferica

April 2014:     401.30 ppm 
April 2013:     398.35 ppm 
Last updated: May 5, 2014

In Italia si usa cambiamenti climatici al plurale e mi sembra più giusto, anche se è difficile collegarci fenomeni come l’acidificazione degli oceani o gli effetti epidemiologici.

Oggi esce il National Climate Assessment, a ribadire che non esiste alcun clima nazionale. E’ un altro mostro – 1.300 pagine e rotti – in preparazione da oltre un anno. Per fortuna, i punti chiave sono illustrati qui e riassunti a pp. 8-10 (link alla bozza). Il testo definitivo sarà messo sul sito entro oggi, dopo la conf. stampa del POTUS insieme a 8 star dei bollettini meteo televisivi.

Ci sarà Joe “Big Denier” Bastardi?

La buona notizia è che la “growing season” si allunga. Siccome aumentano picchi di caldo, siccità e alluvioni proprio negli stati come la California, le rese agricole non migliorano mica. Per il resto, gli impatti sono crescenti dal 1980 e il decennio scorso è stato il più caldo mai registrato, in barba alla “pausa” iniziata nel 1998.

Prevedo una furia ricorsiva sul tema “nel nord-est degli USA son cinque mesi che fa più freddo del solito”.

(In tema: Gavin Schmidt è il protagonista di un cartone su “climate science and advocacy”; per i suoi 40 anni, la rivista Geophysical Research Letters regala i 40 paper più importanti, tra cui la mazza da hockey di Mann, Bradley e Hughes 1999…)

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Gli stakhanovisti del Postdam Institute for Climate Research (PIK) pubblicano due ricerche sui “cambiamenti climatici locali”, anche se la scala è ancora enorme.
Il primo su Global Change Biology è un tentativo di ridurre le incertezze locali insite nei modelli globali. Identifica le zone più a rischio nell’Africa subsahariana per quanto riguarda la sicurezza alimentare, dal com. stampa:

“We found three regions to be amongst those most at risk in a couple of decades: parts of Sudan and Ethiopia, the countries surrounding lake Victoria in central Africa, and the very southeast of the continent, including most notably parts of South Africa,  Mozambique, Zimbabwe,” says lead-author Christoph Müller.

La Nigeria e le foreste del Congo sono meno a rischio, ma contribuiscono poco alla sicurezza alimentare, morale: pioverà sul bagnato. Le Ong umanitarie possono chiedere il paper al “corresponding author”, di solito è molto contento di mandarlo gratis, fornire spiegazioni, aggiungere dati che nel paper non ci stavano ecc.

Il secondo su Nature Climate Change è un modello di evoluzione della Penisola Antartica, costruito con nuovi dati sulla lubrificazione da sotto del ghiaccio che dal bacino di Wilkes scorre pian piano in mare. La stabilità della calotta è minore di quella prevista, e gli autori la paragonano a una bottiglia inclinata, chiusa da un piccolo “tappo” di banchisa tuttora ancorata alla roccia del fondale.

Se l’oceano non si scalda abbastanza da farlo saltare, si prevede che da qui a fine secolo lo scioglimento della calotta antartica contribuirà ad alzare il livello globale del mare di 16 cm soltanto. Salvo sorprese ci vorranno millenni, ma quando salterà il tappo… (com. stampa)

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La correzione dei refusi del V rapporto Ipcc è diventata molto più efficiente. Stefano Caserini di Climalteranti ne ha segnalato uno in una figura del primo volume: nel giro di una settimana gli autori lo hanno controllato e l’errata corrige è stato aggiornato.

Gli 11 “Argomenti degli scettici” tirati fuori da Roy Spencer sono smentiti dai dati.

Altra furia ricorsiva

Avevo raccontato la mandria di bufale (più accuse non giustificate, e minacce di querela, denunce ecc.) mandata dall’economista Richard Tol contro i malvagi dell’Ipcc che non tenevano conto dell’effetto positivo di un risc. glob. di 2,2°C sull’economia pubblicato da Richard Tol nel 2009, l’unico su 14 ritenuto valido insieme a uno superato (del 2000…) da Richard Tol nel suo contributo al vol. 3 del V rapporto Ipcc.

Dopo la lettura di quell’articolo suscitata dalle sue sfuriate e la scoperta dei numerosi errori citati come “il consenso degli economisti” da Ridley, Lomborg et al. sul Wall Street Journal e altri media ultraliberisti, Richard Tol è stato costretto a pubblicare una correzione in cui attribuisce a “gremlins” la sostituzione dei segni + con segni nei propri calcoli.

Però senza cambiarne il risultato:
The parameters of the impact curves are not statistically significantly different from one another
Già. Come si vede a occhio nudo da Stickman’s corral, tutti i vantaggi scompaiono e com’è costretto a scrivere Tol:

unlike the original curve (Tol 2009, Figure 1) in which there were net benefits of climate change associated with warming below about 2°C, in the corrected and updated curve (Figure 2), impacts are always negative

LOL generale dal Lagomorfo a Then There is Physics.

7 commenti

  1. Per il 2014 le prime volte oltre i 400 ppm sono 3:
    1. primo mese in media
    2. primo mese in cui tutti i giorni sono sopra
    3. primo superamento avvenuto in marzo (l’anno scorso, in prima assoluta, era maggio)
    wow come siamo bravi … 😛

  2. Selective citation is tempting.
    The revised numbers show two things.
    The initial impacts are revised downwards, but not significantly so. This is irrelevant because we can only affect climate change in the longer term.
    The impacts of larger climate change are revised upwards. This is relevant for policy.
    The revised numbers thus reduce the alarm about climate change, rather than increase it.

    1. Thanks prof. Tol, but links provide the context of the selected citations and my point was that it is not
      pretty damn obvious that there are positive impacts of climate change

  3. So, even following Prof. Tol, no overall benefit whatsoever from climate change. Never. Hopefully no one will dare to quote the short term benefits of climate change anymore.
    Now he says that the corrected data plus a few more data points show less dramatic losses in the long term. From fig. 1 and 2 of the correction it’s easy to see that up to a warming of 3 °C (fig. 1 doesn’t go beyond this) there’s barely any difference. Apart from the 2 °C agreed threshold, AR5-WG1, fig. 12.5 and table 12.2, says that if we follow the BAU trajectory (roughly RCP8.5) we will hit 3 °C of warming somewhere around 2075. Hence, no significant difference for about the next 60 years. I would love in if our policy makers could really base their decisions (and economists know enough and be confident on the accuracy of their models) on such a long time frame. Please alert me should this happen.
    In the end we’re still at the “go ahead with mitigation and adapt to what we can not manage to mitigate”. What could possibly go wrong?

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