La colla delle cozze, cont.

Insieme alla zampa del geco, quella colla  è un mio pallino, perché senza è difficile scrivere di chimica, fisica, ingegneria dei materiali e discipline biomimetiche varie, ritenute dalla stampa poco glamour.

Invece: è già stata ideata una pellicola “a zampa di geco” e messa sotto le scarpe ci farà ballare su muri e soffitti come Fred Astaire, oltre ad aiutare i soccorritori a spostarsi su superfici prima inaccessibili e altre cose utili.

Invece: la colla delle cozze, e dei balani e delle patelle e… ha proprietà quasi magiche. E’ istantanea, aderisce a superfici con una potenza tale che per romperne i legami chimici ci vuole Terminator, fa presa sul e nel bagnato, si scioglie in una frazione di secondo con l’aggiunta di un solo enzima, è indolore e inodore. Non inquina. La reversibilità del suo effetto vuol dire che è l’ideale per capsule sui denti, manifesti da attaccare al muro finché ci va e staccare senza portar via l’intonaco, lifting delle rughe in prova che se viene male si disfa…

Bon, ça va, s’è capito. E non sono l’unica entusiasta. Vedo sulla Technology Review del MIT che Phillip Messersmith della Northwestern University ha creato un polimero che la imita, la colla, e non gli mancano le idee su cosa farne.

Non perdetevi i filmati, quello dell’acqua che s’attacca alla superficie coperta con quel polimero soprattutto. Più glamour di così.

Genova
Vado questo pomeriggio al festival della scienza, alle 17.30 per i robot invitata fuori programma da Andrea Bonarini, un lume della FIRA, la federazione internazionale delle associazioni di robocalciatori, un sindacato di categoria, oltre che del Politecnico di Milano, penso che lascerà giocare anche me.

Altrimenti me la paga.

E stasera alle 21, da Marc Abrahams, il capo del comitato Ig Nobel a fare la claque. Altrimenti gliela pago.

Domani giro per mostre, “vedo gente”, seguo un po’ il convegno “scienza e società”, e domenica alle 11 con Tim Radford, un maestro, il giornalista scientifico del Guardian, Massimiano Bucchi di Observa ecc. si parla di comunicazione scientifica.

Se siete da quelle parti magari ci si conosce. Ci sono anche il 30 e l’1 mattina perché viene Jack Steinberger, un vecchio amico. Il fisico americano che ha rilanciato il Cern negli anni ’70. Da un po’ segue i dati dei climatologi, prima da scettico, oggi da preoccupato (per rettitudine, rigore, per tanti motivi è un grande, unico difetto tollera solo J.S. Bach, ma dico, e Mozart? e Mina e…).

Poi dal 3 al 5 faccio da prezzemolo.

Loro protestano e io mi lagno
Non è facile distinguere gli “Antartici” nella massa degli scontenti. Ieri hanno fatto un sit-in e consegnato un appello a Montecitorio, per salvare le ricerche in corso al polo Sud. Di nuovo alla canna del gas come due anni fa, per gli stessi motivi: disinteresse, incuria, lungaggini.

E’ incomprensibile, laggiù, data la logistica, i progetti sono a lungo termine, basati su accordi e turni con gruppi di altri paesi. I quali sono messi nei guai dalla precarietà sistematica delle collaborazioni con ricercatori italiani. Sarebbe più corretto dire “abbiamo finito i soldi, quindi noi si chiude. Qualcuno vuol riprendere le nostre basi, i nostri ricercatori? Cina? India? Avanti che li mettiamo all’asta”.

Così qualche euro si ricupera, e non si sprecano gli investimenti già fatti.
Destra-sinistra unite contro la scienza e meno ricerca per tutti. E’ così da 15 anni, dovrei esserci abituata.