A gentile richiesta


Fonte.

Su Repubblica tv, Matteo Marini presenta un video:

Un attacco veemente e, alla fine, devastante: visti al microscopio gli effetti del virus della malaria fanno impressione.

Bramo un commento ocasapientesco sul “virus”, scrive Obbligatorio sotto il post precedente.
– Fa impressione.

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Sarei interessato a sapere la Vostra opinione sulla “fusione fredda”, scrivono roberto b. e altri.
– Ne ho una, ma su chi la ritiene dimostrata. Spiacente.

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Omeopatacche, segue
Sulla Stampa, la redazione e/o il professor Alberto Magnetti dell’università di Torino ha restituito ai legittimi proprietari la metà dell’articolo dell’8 gennaio che era stata rubata, ma (dis)Informasalus non restituisce un bel niente.
Dobbiamo difendere dai ladri la nostra proprietà intellettuale sotto licenza “Creative Commons”? si domanda Oggi Scienza.
– Se qualcuno paga lo stipendio di un antifurto a tempo pieno, senz’altro.

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Senza richiesta
Mentre cerco invano un commento redazionale che avvisa i lettori del prof. Magnetti delle modifiche al suo testo, ne trovo uno del prof. Magnetti in persona. Il 21 gennaio segnala agli scettici sempre numerosi che:

una rivista prestigiosa come l’INTERNATIONAL JOURNAL OF ONCOLOGY nel febbraio 2010 (36 number 2 – 395-403) ha pubblicato un lavoro dei ricercatori dell’Anderson Cancer Center dell’Università di Houston del Texas USA che dimostra gli elevati effetti citotossici di vari rimedi omeopatici ultradiluiti.

Quanto a prestigio, è una rivista predona con un impact factor di 2,44, metà di quello dell’IJCC dalla reputazione non brillante. Il lavoro è

uno studio in vitro per determinare se i prodotti prescritti da una clinica in India hanno effetto su cellule cancerogene del seno.

Su due tipi di cellule tumorali, l’effetto determinato oscilla tra variabile e minimo, ed è nullo sulle cellule sane a conferma dell’innocuità dell’omeopatia, non so se sia un vantaggio nel caso di un tumore al seno. L’efficacia è incerta, per esempio

Le attività citotossiche dei rimedi omeopatici dipendono dal background genetico delle cellule cancerogene trattate.

Background che gli autori non hanno provato a stabilire.

Ridotti così i modesti risultati che precedono, li ritengono lo stesso sufficienti a richiedere “ulteriori ricerche”. Magari nel lab del primo autore Moshe Frankel, una dépendance della sua azienda. La quale vuol introdurre in USA “i prodotti prescritti da una clinica in India”. La quale, ma che combinazione, appartiene agli autori Prasanta Banerji & Figlio, pure titolari della fondazione omonima. E ulteriori ricerche per scoprire le cartelle cliniche dei pazienti “salvati” dal “protocollo ayurvedico-omeopatico Banerji”,  no?

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La frode di Andrew Wakefield, part II
Com’era il suo business plan? chiede un’amica (vedi part I).
– E’ uscito sul BMJ del 12 gennaio. Dopo la pubblicazione sul Lancet della “scoperta” che il vaccino trivalente causa l’autismo, Wakefield e soci in affari riprendono subito i negoziati con i dirigenti del Royal Free Hospital su come spartire i proventi dei brevetti (al momento uno, per gli altri Wakefield ha belle speranze) per vaccini sostitutivi e soprattutto per i test diagnostici, più redditizi a breve e meno costosi da sviluppare.

Nel dépliant “privato e confidenziale” distribuito ai possibili investitori, si legge

il mercato iniziale per la diagnostica sarà incentivato dalle analisi per pazienti con enterocolite autistica, richieste in procedimenti giudiziari sia in Gran Bretagna che negli USA. (…) Viene stimato che nel terzo anno di attività, le entrate per test diagnostici arriveranno a 3,3 milioni di sterline, e a 28 milioni quando saranno a regime i test a sostegno di protocolli terapeutici.

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La frode di Andrew Wakefield, part III

Metto il finale, anche se a Vale’ non interessa. Sul BMJ del 19, l’ultima puntata riguarda il comportamento del direttore del Lancet, Richard Horton, e dei dirigenti del Royal Free Hospital una volta informati sui falsi. Nel 2004, “Andrew Wakefield arriva negli uffici del Lancet” ancora prima che Brian Deer ne sia uscito e da quel momento tutti gli interessati denunciano Deer come un persecutore e nessuno indaga sugli esperimenti di Wakefield.

Fra gli editoriali sconfortati, “Come gli attivisti e i media spacciano cattiva scienza” racconta il successo della propaganda di Wakefield presso gli attivisti che la alimentano tuttora, compresi i 1.500 clienti dell’avvocato Barr, finanziatore delle “ricerche” di Wakefield, in un processo contro BigPharma che forse sperano di vincere nonostante tutto. Per Douglas Opel et al. ci sono troppe mele marce nella ricerca clinica.

Sembra anche a me, ma non mi occupo di medicina.