Chaise longue

Su Nature Geoscience, il gruppo coordinato da Myles Allen – con Reto Knutti, l’amico di Steph che preferisce anche lui l’analogia della sdraio a quella della sedia a rotelle, Drew Shindell del GISS, Alexander Otto di Oxford e altra bella gente – pubblica una ricerca che rianalizza i modelli in funzione dei vincoli posti dal bilancio energetico. Il risultato limita la “risposta transitoria del clima” tra +0,9 e 1,2 °C – corretto da Steph – e la sua sensitività a un raddoppio della CO2 atmosferica tra +1,2 e 3,9 °C – best estimate in mezzo – e riduce la probabilità di raggiungere i +5-6 °C entro i 50-100 anni.
Nel contesto dell’ Oklahoma però (vedi analisi, h/t Paolo C) , vien da pensare che “l’accumulo di energia in atmosfera” non cambia solo la temperatura.

Nella news di Oxford, tutti ripetono quello che scrive Stefano Caserini da Climalteranti e Ugo Bardi sul Fatto, dove “geoscience” rintuzza i globalcoolisti.

Iperattivi per contrastare il calo delle truppe, a quanto sembra dire l’indagine IPSOS presentata ieri  al primo seminario Bocconi sulla governance dei beni comuni e i rischi. Nella UE, gli italiani sono i più convinti dei rischi del risc glob. Forse perché li sommano a quelli idrogeologici dovuti a condoni e più cemento per tutti. Ottimisti, pensano che per il clima si troverà una soluzione. 

Guarda caso, ce n’è qualcuna nel nuovo numero –  in open access – di Climatic  Change sulle tecnologie per le “emissioni negative” a cura di Robert Socolow, famoso per gli “stabilization wedges“, e di Massimo Tavoni del CMCC. Niente di Roger Pielke Jr, che non sia più una star?

A proposito di rischio, c’è uno studio sul Sagarmata National Park (Everest e dintorni) presentato al congresso dell’AGU da Sudeep Thakuri, un dottorando dell’università di Milano, insieme a Carlo Smiraglia et al.

To evaluate the temperature and precipitation patterns in the area, Thakuri and his colleagues have been analyzing hydro-meteorological data from the Nepal Climate Observatory stations and Nepal’s Department of Hydrology and Meteorology. The researchers found that the Everest region has undergone a 0.6 degree Celsius (1.08 degrees Fahrenheit) increase in temperature and 100 millimeter (3.9 inches) decrease in precipitation during the pre-monsoon and winter months since 1992…

Se la tendenza delle precipitazioni è questa, bisogna rifare tutti i progetti delle dighe.

The glacier surface area had loss of 14.3±5.9 % (0.27 % yr-1) from 396.2 km2 to 339.5 km2 in 1958 to 2011 with the loss by 0.12 % yr-1 in 1958-75 and 0.70 % yr-1 in recent years

Grassetto mio per quelli che il riscaldamento s’è fermato 15 anni fa.

LOL garantito o rimborsato
Da Oggi Scienza proseguono  (e s’allungano) i commenti del dott. Calamita – quello della spirulina che cura la malaria in 5 ore e l’AIDS in 5 giorni – che non ha tempo per rispondere ai giornalisti.

11 commenti

  1. Davvero sconcertante, oltre che ignorante nel merito, la risatina di blade runner sulla conta dei morti.
    Sui tornado è difficile dire qualcosa sia per le caratteristiche intrinseche del fenomeno sia per la sostanziale carenza di serie temporali affidabili. Già è difficile con gli eventi estremi in genere, figuriamoci con l’estremo degli estremi.

  2. @oca
    Otto et al. : quelli sono i valori attesi per la risposta termica all’equilibrio. Per quella in transiente si parla di 0,9-2° C (best-
    fit points of maximum likelihood di 1,3° C).

  3. @Steph
    grazie, aggiunto with due credit.
    @Riccardo
    DFTT.
    Per i tornado pensavo alle previsioni meteo, poi l’articolo segnalato da Paolo C. mi ha chiarito le idee. O meglio mi sono venute domande sul wind shear dampening, sul modello europeo per Sandy ecc. ma saranno per un’altra volta.

  4. Anche Pasini ha dedicato un post al tornado, e sembra sulla scia dell’articolo del Guardian:
    Ci sono elementi qualitativi che portano a fare alcune considerazioni di rischio futuro, ma anche qui, se si identificano trend che portano ad effetti opposti, non siamo ancora in grado di pesare quantitativamente quale di questi effetti possa essere predominante. Ad esempio, sappiamo che l’atmosfera che conduce alla formazione dei tornado è caratterizzata a larga scala da un valore molto elevato della cosiddetta CAPE (convective available potential energy) e da alti valori di wind shear verticale. Ora, il riscaldamento globale in atto porta ad aumentare i valori di temperatura e di umidità, e così anche quelli della CAPE, per cui potrebbero formarsi più tornado. Attenzione, però, perché, a causa del sovrariscaldamento del Polo Nord, la differenza di temperatura tra Equatore e Polo sta diminuendo e potrebbe diminuire ancora, e con questo diminuirebbero anche i valori di wind shear verticale, che è proporzionale a questa differenza (si veda, ad esempio, qui). Questo influsso andrebbe allora nel senso di diminuire la probabilità di formazione dei tornado.
    http://pasini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/05/22/tornado-quale-futuro/

    1. Paolo C.
      Appunto, anche il wind shear del Guardian mi ricordava qualcosa che avevo letto su Sandy e le onde di Rossby. Se lo ritrovo lo mando a Antonello e a Steph (e li interrogo!).

  5. Tornado:
    . la prima cosa da dire è che non esistono ancora robuste statistiche che possano permettere di ricavare un trend significativo su un eventuale aumento della frequenza, tantomeno – se non vado errato – sulla loro intensità, vuoi per la “densità” della serie temporale, vuoi per gli evidenti e inevitabili biases che accompagnano qualsiasi ricostruzione che parte dagli effetti e dai danni causati (che andrebbero scorporati dalle analisi), dovuti al progressivo uso sempre più massiccio del suolo, con l’urbanizzazione e l’accumulo di beni e infrastrutture (di ogni tipologia e vulnerabilità) in luoghi anche a forte rischio.
    . la seconda cosa è quello che già ha detto Pasini e che condivido: non esistono stime quantitative e modellistiche dell’evoluzione futura di questi fenomeni, in termini di frequenza e intensità. Ci sono però elementi qualitativi che portano a fare alcune considerazioni di rischio futuro, ma non senza difficoltà di interpretazione.
    . la terza cosa da dire è sempre la solita: lo sbilancio radiativo e l’aumento delle T atmosferiche e oceaniche portano ad avere maggior energia a disposizione in atmosfera (più caldo, più umidità) e nel caso specifico la cosa è appunto riscontrabile (e verificabile) nell’andamento del CAPE. Questo può cambiare il modo in cui qualsiasi evento meteorologico estremo si manifesta.
    . la quarta cosa da dire è che per i tornado così come per i cicloni tropicali determinante risulta essere appunto il wind shear verticale (WSV). Ma mentre un aumento del WSV tende a favorire la formazione dei tornado, inibisce però quella dei cicloni tropicali. Aumenterà o diminuirà con i cambiamenti climatici previsti?
    Ci sono divergenze e qui l’incertezza regna un po’ più sovrana che altrove. Non è che si navighi a vista, ma l’idea è che mentre alcune simulazioni (che tengono conto di alcuni aspetti fisici ma meno di altri), come detto, prevedono una diminuzione del WSV – per es. in ragione di gradienti latitudinali ridotti – , altre simulazioni vedono un irrobustimento relativo del WSV. Soprattutto, in questo secondo caso, dipende anche dalla localizzazione geografica. Su alcune porzioni di oceano tropicale (Atlantico, Pacifico orientale) il WSV, in queste simulazioni (che tengono conto di un previsto indebolimento della circolazione di Walker del Pacifico, ma anche in questo caso non mancano incertezze, a riguardo), è visto rafforzarsi.
    Da notare che molt di questi modelli (per es. la media d’ensemble multi-model contenute nell’AR4 per lo scenario A1B) vedono un rafforzamento del WSV nelle regioni boreali subtropicali fra dicembre e giugno, quindi anche nel periodo primaverile, quello più soggetto ai tornado sulle pianure meridionali degli USA.
    . la quinta cosa che si può dire è che l’eventuale rallentamento di creste e avallamenti delle onde di Rossby andrebbe (in teoria) a favorire – se ci si trova dalla parte “giusta” – la penetrazione di un ingrediente importante, il jetstream, in zone più soggette a mix deleteri fra aria caldo-umida e aria fredda, come appunto quelle tipiche della formazione di tornado.
    Insomma: hard work in progress.

  6. @ Riccardo Reitano
    è evidente anche a un bambino che la risatina non è nei confronti dei morti,
    ma piuttosto verso i vostri astrusi e non dimostrabili teoremi.
    Come al solito voi troll istituzionalizzati, non perdete occasione per manipolare,
    screditare, additare e a volte irridire qualunque considerazione di chi non la pensa come voi.
    E’ il comportamento di chi, di fronte ad una chiara dimostrazione antagonista,
    non ha argomenti validi da contrapporre.
    Alla frutta, siete. 😉
    Cordiali saluti

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