Immaginazione

Editori predoni e bufalari citano spesso la frase di Einstein, “l’immaginazione è più importante della conoscenza” mentre copiano sui colleghi con totale mancanza di immaginazione, come quelli della Photon Foundation per esempio.
Che siano consapevoli di esserne sprovvisti?

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A proposito di immaginazione e di chimica verde, in chiusura della settimana europea della carta, la Confederazione europea dell’industria cartiera ha premiato la soluzione, tra quelle proposte da due “squadre” in competizione, più valida per l’ambiente: la riduzione della CO2, la realizzazione in tempi brevi,  il “valore aggiunto” sia come risparmio che nel recuperare sostanze per altri usi industriali ecc.

Rapporto completo.
I problemi e costi principali sono l’acqua e l’energia. La soluzione vincitrice libera il legno della lignina usando, al posto di macinatura o cottura con sostanze chimiche, dei “deep eutectic solvents”. I primi sono stati scoperti una decina di anni fa e non credo che siano già usati in altre industrie.

Molti restano da identificare (rassegnarassegna) anche se ne escono di continuo. Le piante sottoposte a stress da caldo o da gelo, per esempio, sembrano produrne una varietà impressionante:

(they) open the way to produce pulp at low temperatures and at atmospheric pressure. Using DES, any type of biomass could be dissolved into lignin, cellulose and hemicellulose with minimal energy, emissions and residues. They could also be used to recover cellulose from waste and dissolve ink residues in recovered paper.

Le altre proposte non mi sembrano da buttare, ma questa è valida più in generale perché ha il vantaggio della “biomimesi”: i DES sono stati collaudati in natura per milioni di anni.  L’altra cosa interessante, trovo, è che un oligopolio decida di condividere le conoscenze e le pubblichi con una buona divulgazione, mentre i papers di chimica, soprattutto industriale, non sono quasi mai  in open access…

Ogni tanto “green chemistry” e “bioeconomy” mi san tanto di “green washing”, ma questo mi sembra più convincente. Le cartiere sono in crisi e buttano risorse che potrebbero vendere. Non fosse che per motivi economici, conviene loro praticare le tre R di “recupero, riuso, riciclo”.

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4.10 > The amount of litter in the oceans is constantly increasing. Much of it degrades very slowly. Plastic bottles and nylon fishing line are particularly durable. Although many plastics break down into smaller fragments, it will take decades or even centuries (estimated timescales) for them to disappear completely. ©?maribus (after South Carolina Sea Grant Consortium, South Carolina Department of Health & Environmental Control; Ocean and Coastal Resource Management, Centers for Ocean Sciences Education Excellence Southeast; NOAA 2008)

fonte  e formato leggibile

Not Green

I frammenti di plastica inquinano le spiagge e la superficie del mare, quello si sapeva, ma anche i fondali dei laghi alpini e le profondità marine intossicando i vermi. Come dappertutto, la catena trofica ne risente.

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Da seguire

Il Nonhuman Rights Project sta intentando processi in diversi tribunali dello stato di New York, per far riconoscere a quattro scimpanzé lo status di “persona legale”, h/t Science insider. I documenti sono sul sito del NhRP.

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Se dopo la geniale e compianta Betty, qualcuno avesse ancora dubbi sulle facoltà intellettuali dei corvidi, evolutasi in assenza di neocorteccia, è uscito un paper di Lena Veit e Andreas Nieder che la confermaCom. stampa dell’università di Tubinga.
E non lo dico perché nel documentario di stasera segnalato da Giancarlo, i corvi salvano la vita delle oche…

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Da Nature Climate Change
– lo studio di Amanda Bates et al. conferma che nelle barriere coralline tropicali, le riserve marine dove la pesca è vietata del tutto, il mix di specie resta abbastanza vario da resistere al risc. glob.
– lo scioglimento della banchisa artica magari aumenta le emissioni di metano (discussione dell’ultimo paper della Shakhova da Real Climate), ma con il risc. glob. la tundra da arida diventa umida, le piante crescono e quindi assorbono carbonio. Questa volta non è un modello, ma un’analisi dell’aria e dei suoli di M. Lupescu et al

Here we show, using measurements of tundra–atmosphere C fluxes and soil C sources (14C) at a long-term climate change experiment in northwest Greenland, that warming decreased the summer CO2 sink strength of semi-deserts by up to 55%. In contrast, warming combined with wetting increased the CO2 sink strength by an order of magnitude. Further, wetting while relocating recently assimilated plant C into the deep soil decreased old C loss compared with the warming-only treatment. Consequently, the High Arctic has the potential to remain a strong C sink even as the rest of the permafrost region transitions to a net C source as a result of future global warming.

A condizione che la tundra non si incendi durante le ondate di caldo, come in Siberia quest’anno e l’anno scorso.

– un classico “tout se tient” di un trio berlinese sul perché tra il 2001 e il 2011 il ghiacciao Zhadang in Tibet a volte fondeva molto e a volte meno: dipende dai monsoni che per il 73% dipendono dai venti di ponente prevalenti alle medie latitudini. Dieter  Scherer et al. sono fra i pochi autorizzati dai cinesi a fare ricerca sul campo.

Watching the dens

Christopher Monckton, terzo visconte di Brenchley dalla rosa saracinesca e AGW denier in chief è stato licenziato dall’UKIP.

James Taylor – dell’Heartland Institute pagato da BigOil per mentire sui cambiamenti climatici – si guadagna lo stipendio dicendo che non c’è alcun consenso e che

a malapena la metà dei meteorologi crede che il clima si riscaldi e gli essere umani ne siano la causa principale

In realtà, del proprio sondaggio l’American Meteorological Society scrive:

Climate science experts who publish mostly on climate change, and climate scientists who publish mostly on other topics, were the two groups most likely to be convinced that humans have contributed to global warming, with 93% of each group indicating their concurrence. The two groups least likely to be convinced of this were the non-publishing climate scientists and non-publishing meteorologists / atmospheric scientists, at 65% and 59%, respectively. In the middle were the two groups of publishing meteorologists/atmospheric scientists at 79% and 78%, respectively.

Dettagli sulle bufale di Taylor qui.
E se può consolare, ci sono sciachimisti anche in Francia.