Tangentopoli globale

Non succede solo a Roma, a Milano o all’ENI, se può consolare.

Un rapporto dell’OECD racconta come le multinazionali comprano dirigenti statali e privati per incrementare il business all’estero. Dal 1999, 41 paesi hanno sottoscritto una convenzione anti-bustarelle e approvato leggi per farla rispettare, ma dal tempo necessario per arrivare a una sanzione – consistente a volte, la Siemens aveva pagato una multa di $2,4 miliardi –  non sembra che, USA a parte forse, si siano dati il personale sufficiente per indagare sulle denunce.

Riassunto dal com. stampa

Bribes in the analysed cases equalled 10.9% of the total transaction value on average, and 34.5% of the profits – equal to USD 13.8 million per bribe. But given the complexity and concealed nature of corrupt transactions, this is without doubt the mere tip of the iceberg, says the OECD.
Bribes are generally paid to win contracts from state-owned or controlled companies in advanced economies, rather than in the developing world, and most bribe payers and takers are from wealthy countries.
The OECD Foreign Bribery Report analyses more than 400 cases worldwide involving companies or individuals from the 41 signatory countries to the OECD Anti-Bribery Convention who were involved in bribing foreign public officials. The cases took place between February 1999, when the Convention came into force, and June 2014.
Almost two-thirds of cases occurred in just four sectors: extractive (19%); construction (15%); transportation and storage (15%); and information and communication (10%).
Bribes were promised, offered or given most frequently to employees of state-owned enterprises (27%), followed by customs officials (11%), health officials (7%) and defence officials (6%). Heads of state and ministers were bribed in 5% of cases but received 11% of total bribes.
In most cases, bribes were paid to obtain public procurement contracts (57%), followed by clearance of customs procedures (12%). 6% of bribes were to gain preferential tax treatment.
In 41% of cases management-level employees paid or authorised the bribe, whereas the company CEO was involved in 12% of cases.
Intermediaries were involved in 3 out of 4 foreign bribery cases. These intermediaries were agents, such as local sales and marketing agents, distributors and brokers, in 41% of cases. Another 35% of intermediaries were corporate vehicles, such as subsidiary companies, companies located in offshore financial centres or tax havens, or companies established under the beneficial ownership of the public official who received the bribes.

L’Italia è in quarta posizione insieme alla Svizzera e alla Gran Bretagna, dopo USA, Germania e Corea del Sud, per il numero di condanne. A intascare bustarelle, sono in prevalenza dirigenti di aziende pubbliche e nel 40% dei casi funzionari statali dei paesi ricchi.

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L’OECD è un club di paesi ricchi; l’Indice della corruzione percepita 2014 pubblicato da Transparency International fornisce una mappa diversa:

More than two thirds of the 175 countries score below 50, on a scale from 0 (perceived to be highly corrupt) to 100 (perceived to be very clean). Denmark comes out on top in 2014 with a score of 92 while North Korea and Somalia share last place, scoring just eight.

The scores of several countries rose or fell by four points or more. The biggest falls were in Turkey (-5), Angola, China, Malawi and Rwanda (all -4). The biggest improvers were Côte d´Ivoire, Egypt, Saint Vincent and the Grenadines (+5), Afghanistan, Jordan, Mali and Swaziland (+4).
China’s score fell to 36 in 2014 from 40 in 2013, despite the fact the Chinese government launched an anti-corruption campaign targeting corrupt public officials. The government has recognized the need to follow officials who hide ill-gotten gains overseas. This January, leaked documents revealed 22,000 offshore clients from China and Hong Kong, including many of the country’s leaders.

Solo la Danimarca è very clean, seguita da Nuova Zelanda, paesi scandinavi e Canada, l’Italia è al 69° posto. L’Afghanistan avrà fatto qualche progresso, ma è al 172°.

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La corruzione è pagata dai poveri in molti modi. Il peggiore, trovo, è il senso di impotenza che induce – lo aveva dimostrato a contrario Elinor Ostrom, con gli studi sui beni comuni, gestiti con maggior equità ed efficacia quando le regole erano stabilite e applicate dalla comunità che ne beneficiava, e dopo di lei da Esther Duflo e il suo gruppo al Poverty Action Lab del MIT.

Quei lavori non si sono ancora fatti strada fino ai vertici dell’ONU, che si allineano tuttora sulle idee di Jeffrey Sachs, ma forse manca poco?

Il World Development Report 2015: Mind, society and behaviour della Banca mondiale sembra uscito dal Poverty Action Lab.

Perfino Action Aid sarebbe d’accordo con parecchie raccomandazioni per chi si occupa di alleviare la povertà: i poveri sono razionali, ma non possono fare scelte economiche sensate perché non hanno né i mezzi né le informazioni necessarie a procurarseli. La parte più interessante sono gli esperimenti. A volte basta davvero poco per modificare comportamenti autolesionisti, e finalmente sono protagoniste le persone e quello che fanno davvero, non quello che dovrebbero fare agenti razionali in base a qualche teoria mai dimostrata.

Il tutto condito con aneddoti storici, come nel capitolo sui cambiamenti climatici:

English settlers to the New World believed that the  climate of Newfoundland would be moderate, New England would be warm, and Virginia would be like southern Spain. They based these beliefs on the seemingly commonsense view that climate is much the same at any given latitude around the globe. What is striking is that these views persisted despite mounting evidence to the contrary. (…) 
Eventually, the English settlers did adjust their mental models about North American climate. The accumulation of scientific data, combined with personal experience, was undeniable. But the adjustment  was slow and costly, both in money and in lives lost. Mental models about climate do not change easily.

Capitolo segnalato agli amici di Climalteranti, Stefano Caserini in particolare, per l’abbondante bibliografia.

Diversamente dagli altri due rapporti, “Mind, society and behaviour” è una lettura gradevole. Il tono suadente, quasi insinuante è adeguato allo scopo: far cambiare i modelli mentali ai professionisti dello sviluppo. Devono convincersi che più della buona volontà servono interventi evidence-based.

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La destra per la quale i poveri sono degli scrocconi e i volontari delle Ong dei pericolosi comunisti non pare disposta a cambiare modello mentale sul clima, stando alla ricerca dei sociologi Lawrence Hamilton e Kei Saito, in open access (tabella riassuntiva).

No surprise:

On 8 out of 12 science- or environment-related questions, Tea Party supporters differ significantly from non–Tea Party Republicans. Tea Party supporters are less likely than non–Tea Party Republicans to trust scientists for information about environmental issues, accept human evolution, believe either the physical reality or the scientific consensus on anthropogenic climate change, or recognise trends in Arctic ice, glaciers, or CO2. Despite factual gaps, Tea Party supporters express greater confidence in their own understanding of climate change…

Alcuni repubblicani non Tea Party resistono ancora.

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Quelli che negano l’eccezionalità dei cambiamenti climatici in atto vanno chiamati “deniers” e non “skeptics”, scrivono un tantino esasperati i Fellows of the Committee for Skeptical Inquiry. Sarei per distinguere tra

  • neghisti dell’effetto serra dei gas serra
  • bigoilisti pagati per disinformare
  • globalcoolisti secondo i quali le temperature sono ferme da 8-10-16 anni o da 50 per cui il risc. glob. non c’è mai stato.
  • gomblottisti furiosi ricorsivi
  • gnurant
  • fusi e/o fissati

Altre categorie?

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Per esempio, in quale va messa il prof. Guido Visconti dalle idee stravaganti non solo sul clima, stando al sunto di questa sua Lectio Magistralis all’università di L’Aquila:

 All’inizio degli anni 2000 Paul Crutzen proponeva di chiamare l’epoca attuale Antropocene e da allora sono stati prodotti fiumi di pubblicazioni e utilizzate montagne di denaro  pubblico. In questo seminario viene esaminato il concetto di Antropocene nei suoi vari aspetti che  vanno dal significato della parola alla sua rilevanza per la ricerca scientifica.

Antropocene è una parola totalmente gratuita, per la quale si son spese solo parole altrettanto gratuite, proposta dal biologo Eugene Stoermer negli anni ’80, riprendendo l’idea di “era antropozoica” avanzata nell’Ottocento da Andrea Stoppani, come spiegato da Eugene Stoermer e Paul Crutzen su Global Change nel 2000.

L’etimologia della parola non è consistente con il significato di altre ere geologiche.

I geologi dicono il contrario.

L’ipotesi di base che l’Antropocene stia modellando il pianeta viene contestata perché trascura che le forze geologiche e i processi naturali seguitano ad operare sul pianeta e hanno la possibilità di obliterare ogni traccia lasciata dall’attività umana.

L’ipotesi di base è che l’attività umana lasci sul pianeta tracce fisiche, distinte da quelle dei processi naturali.

Le ragioni per introdurre questa classificazione sono esaminate concludendo che i segnali lasciati dall’epoca attuale saranno di una tale precisione o dettaglio da rendere inutile qualunque classificazione.

Esaminate da veggenti e/o crononauti, si presume.

Dal punto di vista politico si nota come l’Antropocene sia usato come base per dimostrare che la natura non esiste più per cui non ci sono più limiti al suo sfruttamento.

Chi ha detto “la natura non esiste più” alzi la mano.

D’altro canto all’Antropocene sono attribuiti tutti i cambiamenti dell’ambiente, trascurando il fatto che l’umanità non è l’unico fattore che influenza il cambiamento.

E’ una parola, accid., non le viene attribuito nulla. E di solito si impara a scuola che la geologia si occupa anche dei periodi precedenti all’evoluzione della specie umana (sarà mica creazionista?).

Infine, si nota che si accetta l’ipotesi di un Antropocene precoce (risalente all’inizio dell’agricoltura) solo una piccola frazione dell’olocene sopravvive.

E allora?
(h/t C. C.)

7 commenti

  1. Credo che sia necessaria almeno un’altra categoria di negazionisti, quella, ben sottolineata dal WDR 2015, di chi è condizionato politicamente o culturalmente. Quando Visconti parla di “montagne di denaro pubblico” sta usando una ben nota retorica populista, così quasi esplicitamente dichiarando la sua sostanziale motivazione politica sia che parli di Antropocene che di cambiamenti climatici.
    Sull’Antropocene, la discussione non è sul se la civiltà umana lascerà o meno tracce di sé, cosa che nessuno mette in discussione, ma se merita o meno l’attribuzione formale. Non entro nel merito, di certo è una utile convenzione che sta progressivamente prendendo piede anche in ambito scientifico. Poi, a seconda di come finirà la nostra civiltà e di chi eventualmente cercherà di ricostruire la storia del Pianeta, potrebbero anche decidere di chiamarla il Masochistocene o il Suicidiocene 🙂

    1. Riccardo,
      I tea-partiti? E Masocene suona meglio, trovo.
      Quella delle “montagne di denaro pubblico” è assurda, ho guardato 10-12 articoli di Crutzen et al. e non ho trovato un solo autore che citi un grant per parlare dell’uso appropriato o meno di Antropocene. Nell’insieme, un bel concentrato di falsità.

  2. E’ gnurant anche sul resto, ma per infilare una tale serie di castronerie (senza prendersi la briga di verificare) è evidente che siamo alle prese con un bias ideologico: si è rivolto a chi gli ha ‘raccontato la realtà’ nel modo in cui gli faceva piacere sentirsela raccontare. Una “narrativa vincente” – direbbe Bardi – che finirà per affossare la specie umana…

  3. Rubbia voleva sostenere il metano da clarati, tutto il resto per lui passava in secondo piano. Tranne la FF, di cui si rifiuta persino di parlare.

    1. CimPy,
      fa la réclame a un reattore che si baserà in parte su una sua vecchia idea – rif. post di oggi.
      Estrarre clatrati da sotto il fondale è pericoloso (esplodono) e costa la peau des fesses come si dice alla Sorbona. C’era stato un po’ di interesse l’anno scorso, ma visti i prezzi del metano
      Paolo C.
      sul clima la sua “fonte scientifica” è un allevatore australiano di bovine da latte, da premio più Scilipoti che Nobel.

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