Pierre Bourdieu e le lotte di classe

All’ONU John Kerry ha chiesto che in Siria gli aerei restassero “a terra” durante i soccorsi umanitari, credo senza molta speranza che i russi lo accettino. E chi lo farebbe applicare? Per distrarmi dall’attualità mentre si aspetta la contromossa di Putin, vado a vedere le notizie di Nature.

Mesi fa, la redazione aveva annunciato un’apertura alle scienze sociali, bell’esordio.
C’è una serie di articoli sulla disuguaglianza nel senso in cui Bourdieu la ridefiniva nella Distinzione: in termini di capitale economico, culturale e sociale, anni dopo una ricerca sul campo nell’Algeria francese e la propria uscita dalla classe dei suoi grazie all’accumulo di capitale culturale.

Poi i sociologi anglosassoni hanno semplificato le sue idee in CARs: “capital, assets and resources”. E di recente sono arrivati i dati economici raccolti da Thomas Piketty, Emmanuel Saez et al.

Adesso la sociologia è divisa tra due “tribù”, quella che definisce le classi per reddito e tipo di occupazione, con affinamenti basati sull’analisi di campioni della popolazione, scrive Mike Savage – racconta anche l’influenza dei vari protagonisti, ma secondo me ci vorrebbe una genealogia come quella dei matematici, in fieri ma illuminante! – e quella più eterodossa che studia i CARs con sondaggi on-line e data-mining di FaceBook o Google.

Giustamente, dice che per combattere l’ingiustizia sociale serve uno sforzo multidisciplinare, un’unione di antropologi, economisti, politologi, ma prima occorre un definizione comune di classe e delle caratteristiche misurabili per ciascuna.
Savage “porge un ramo d’ulivo” a entrambe le tribù, gli serve aiuto perché sta già combattendo:

the London School of Economics and Political Science’s (LSE) International Inequalities Institute, which I co-direct, received £64.4 million (US$86 million) in June to train leaders to combat inequality. This grant, from the private foundation Atlantic Philanthropies, is the largest in the history of the LSE.

Anche Elinor Ostrom, sociologa e unica donna ad aver ricevuto il Nobel per l’economia, formava leader alla gestione equa dei beni collettivi.

(Certi leader sono irriformabili, rif. in altre news il mafioso novantenne Don King, ex organizzatore di match di pugilato e uno dei rari afro-americani ad appoggiare Trump, invita le donne bianche a votare per lui, “l’unico gladiatore”…)

La disuguaglianza aumenta anche fra i ricercatori super-star e super-pagati, l’1%, e la manovalanza dei post-doc, dicono un editoriale; articoli di Corie Lock sulla tendenza per grandi aree geografiche; sulla ricerca che diventa un privilegio per ricchi; sulle barriere contro i poveri in Giappone, India (caste), Stati Uniti, Kenya (davvero la povertà non conta?), in Brasile (dove la scienza è ancora per bianchi nonostante in teoria non ci siano barriere), Gran Bretagna e Russia.

(L’Italia non c’è, d’altronde solo 74 mila persone hanno firmato l‘appello di Giorgio Parisi a salvare la ricerca dalla morte per tagli, compresi alla sismologia, la trasmissione Presa diretta dell’altra sera è servita a poco.)

Insomma tanti dati e idee per riflettere, dissentire, preoccuparsi.
Tanto più che nell’attualità Heidi Ledford racconta lo “scontro titanico”, con colpi ormai sotto la cintura, fra le ricchissime università di Berkeley e Harvard sui brevetti per la tecnica CRISPR-Cas9:

Overall, the rancour is unusual for two academic institutions, says Mark Summerfield, a patent lawyer at Watermark in Melbourne, Australia. At first, Summerfield rooted for the two sides to settle, as academics usually do. But then he saw the list of companies that had licensed the patents, and were footing many of the legal bills. “What is really behind this is not the academic institutions, it is the commercial interests,” he says. “That’s when I realized that they’re not going to come to an agreement. They’re going to fight it out until the bitter end.”

E nel frattempo si potrebbero scoprire enzimi batterici che “correggono” i geni difettosi meglio del Cas9, com’è successo durante il processo fra Cetus e Dupont sui brevetti per la reazione a catena della polimerasi… 

***

Domani sarebbe il fertility day… Per fortuna da mezzanotte ci saranno i premi IgNobel in streaming.

3 commenti

  1. F. Dyson, From Eros to Gaia http://andsol.blox.pl/resource/dyson.html
    “The game of status seeking, organized around committees, is played in roughly the
    same fashion in Africa and in America and in the Soviet Union. Perhaps the
    aptitude for this game is a part of our genetic inheritance, like the aptitude for
    speech and for music. The game has had profound consequences for science. In
    science, as in the quest for a village water supply, big projects bring enhanced
    status; small projects do not. In the competition for status, big projects usually win,
    whether or not they are scientifically justified. As the committees of academic
    professionals compete for power and influence, big science becomes more and
    more preponderant over small science. The large and fashionable squeezes out the
    small and unfashionable. The space shuttle squeezes out the modest and
    scientifically more useful expendable launcher. The Great Observatory squeezes
    out the Explorer. The centralized adduction system squeezes out the village well.
    Fortunately, the American academic system is pluralistic and chaotic enough that
    first-rate small science can still be done in spite of the committees. In odd corners,
    in out-of-the-way universities, and in obscure industrial laboratories, our Fulanis are
    still at work.”
    Nonostante tutto c’e’ speranza, perche’ la creatività e la libertà (di ricerca) non possono essere imbrigliate.

    1. neutrino,
      bella citazione, grazie! Imbrigliate no, perché in USA i Fulani trovano lavoro
      in out-of-the-way universities, and in obscure industrial laboratories
      but here they are “bleeding with a thousand cuts”.

  2. “Nonostante tutto c’e’ speranza, perche’ la creatività e la libertà (di ricerca) non possono essere imbrigliate.”
    Mah, a un certo punto la gente competente si stufa di stare “In odd corners,
    in out-of-the-way universities, and in obscure industrial laboratories”, considerando che grazie a http://www.nature.com/news/socio-economic-inequality-in-science-is-on-the-rise-1.20654 semplicemente non ce lo si può permettere di starci negli odd-corners.
    Freeman ce l’aveva il suo posto all’IAS, meritatissimo, ma adesso inizio a chiedermelo: oggi che bisogna fare per non guadgnare meno delle segretarie e lavorare meno di 60h la settimana a 40 anni?
    Perché perfino i prospetti miei non mi paiono così rosei facendo parte del 99% francamente, e a un certo punto la gente si stufa di fare la carne da cannone per la gloria altrui. Quindi a un certo punto, a furia di tirare la corda, chi rimane?
    Chi non aveva mai intenzione di lavorare 60h la settimana e usa la libertà per lavorarne 25, e chi non ha mai avuto la speranza di guadagnare più delle segretarie…

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