Contro il metodo detto galileiano

Nature di oggi illustra bene quello che diceva una volta Riccardo Reitano: non è vero (vado a memoria) che i dati prevalgono sempre sulla teoria. A volte succede il contrario, la teoria indica che i dati sono sbagliati, insufficienti, raccolti o interpretati male. Idem per le leggi di conservazione.

Per noi cronisti, sempre contenti di festeggiare gli scienziati che ribaltano qualche “dogma”, è difficile capire l’affidabilità o la rilevanza dei dati. Anche perché ogni giorno escono articoli che li correggono con metodi di cui sappiamo, io almeno, poco o nulla.

Messe le mani avanti, vado con gli esempi.

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Un pezzo della carota antartica WAIS-DICP

Bernhard Bereiter, un post-doc dell’EMPA e dell’università di Berna, et al. ricostruiscono la temperatura media di tutti gli oceani da 24 mila anni a questa parte in base al tasso di argon, xeno e kripton nella carota lunga 3,4 km estratta in Antartide occidentale dal WAIS Divide Ice Core Project.
Secondo loro, ottengono una precisione molto maggiore rispetto alle ricostruzioni basate su altre fonti vicarie (proxy). Trovano un aumento di 2,57 +/- 0,24 °C durante l’uscita dall’ultima grande glaciazione, tra 20 e 10 mila anni fa. :

the mean global ocean temperature is closely correlated with Antarctic temperature and has no lead or lag with atmospheric CO2, thereby confirming the important role of Southern Hemisphere climate in global climate trends. We also reveal an enigmatic 700-year warming during the early Younger Dryas period (about 12,000 years ago) that surpasses estimates of modern ocean heat uptake.

(grassetto mio). I dati del Dryas recente derivano soprattutto da carote groenlandesi, e il progetto WAIS serve a tappare il buco.

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Del secondo esempio parlano parecchi giornali, non mi dilungo. Víctor Moreno-Mayar e un gruppo di paleogenetisti hanno sequenziato il genoma di una neonata vissuta per sei settimane soltanto 11.500 anni fa, in Alaska. È imparentata ma diversa – “intermedia” – sia ai pionieri siberiani che agli indiani d’America e per gli autori conferma la teoria di un’unica migrazione dalla Siberia all’Alaska lungo il “ponte sullo stretto di Bering” 34 mila anni fa e di una divergenza dai primi Beringiani 20 mila anni fa.

Non è detto. Dal Guardian

David Reich, a geneticist at Harvard University, said the work boosted the case for a single migration into Alaska, but did not rule out alternatives involving multiple waves of migration. He added that he was unconvinced that the ancient Beringian group split from the ancestors of other Native Americans 20,000 years ago, because even tiny errors in scientists’ data can lead to radically different split times for evolutionary lineages. “While the 19,000-21,000 year date would have important implications if true and may very well be right, I am not convinced that there is compelling evidence that the initial split date is that old,” he said.

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Il terzo è un contro-esempio.

Saima Shahid et al. coordinati da Jim Westwood del Virginia Tech e Michael Axtell della Penn State, hanno scoperto l’effetto dei “regolatori genici” che passano da una pianta parassitaria alla sua vittima. La cuscuta dei campi – una sorta di convolvolo che predilige menta, timo, pomodori, fagioli, fave, piselli, trifoglio, erba medica (omissis) ed erbacce – trasferisce dei segmenti molto lunghi di micro-Rna nell’Arabidopsis thaliana, nel tabacco e probabilmente nelle altre piante sulle quali cresce. Modificano l’Rna-messaggero e le proteine per le quali codifica: il risultato è di disattivare alcuni geni che fermano la produzione di proteine in caso di attacco e così privano di cibo l’invasora.

Niente di sconvolgente o di definitivo: non è chiaro se i segmenti di micro-Rna sono fatti “su misura” a seconda delle prede o rientrano in un armamentario fisso in un determinato ecosistema, per dire. Ma questa volta sono i dati a correggere/completare la teoria, tanto più sommati alle precedenti scoperte di Westwood, Axtell et al. su come specie diverse si scambiano Rna-messaggero e le parassite si appropriano di geni dalla “preda” e glieli ritorcono contro.

In natura, la preda evolve meccanismi di difesa per selezione naturale, ma da millenni le piante alimentari sono selezionate artificialmente per rendere di più, non per combattere le predatrici…

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L’editoriale elogia la ricerca di base e poi annuncia tre nuove riviste del gruppo Nature, dedicate alla scienza applicata che giova alla società:

Next week, we launch Nature SustainabilityNature Electronics and Nature Catalysis. […] Journals that target societal issues typically grapple with an unusual issue for academic publishers: how to assess the significance of research that claims potential utility outside academia.

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Sul Guardian, Richard Grant chiama i ricercatori a mobilitarsi contro le frodi scientifiche perché “Scientific misconduct is more than just an academic problem – it has repercussions for real people”. Con “gente in carne e ossa” si riferisce ai ricercatori onesti, ma secondo me ha ripercussioni molto più gravi sui pazienti, i volontari in esperimenti clinici e i contribuenti in generale.

Divertente commento di Richard (no relation) Wolffe sulla rissa Trump-Bannon dopo la pubblicazione di estratti da Fire and Fury di Michael Wolff. La famiglia del Potus fa del suo meglio per aiutarlo: Eric Trump ha informato i seguaci che Twitter lo invita a seguire i capi del Deep State: Hillary Clinton, Barack Obama ed Ellen DeGeneres, la conduttrice di un tv-show sentimentale.

More hilarity ensues.