Il "rapporto speciale" e l'economia

Ieri sera è uscito

Global Warming of 1.5°C, an IPCC special report on the impacts of global warming of 1.5°C above pre-industrial levels and related global greenhouse gas emission pathways, in the context of strengthening the global response to the threat of climate change, sustainable development, and efforts to eradicate poverty.

Sarebbe il “nome completo” dell’opera, mai visto un titolo peggiore… Per fortuna, nel comunicato stampa viene chiamato amichevolmente

Global Warming of 1.5ºC

 A chi ha già altri motivi per pensare che il mondo non sia messo benissimo, conviene leggere solo il “Summary for decision-makers” senza guardare troppo i grafici. E’ la parte approvata dai politici e tende a glissare sui problemi più spinosi.
A chi ha fretta, suggerisco le FAQ anche per abituarsi alle sigle, e gli “Headlight Statements” che riassumono l’esito dei vari modelli per noi del vulgum pecus.

Supersintesi: è possibile limitare il risc. globale a +1,5 °C entro il 2100, senza causare troppi danni ai poveri né rinunciare a ogni confort moderno, a condizione di smetterla subito di procrastinare.
Se la temperatura aumenta di 2 °C, gli ecosistemi sui quali contiamo per sopravvivere cambiano a tal punto che diventa difficile garantire la sicurezza alimentare per 9 miliardi di persone.
Sì, è probabile che sia già tardi e che la temperatura globale superi +1,5 °C verso metà del secolo.

Don’t panic
Si potrà sottrarre CO2 all’atmosfera piantando foreste, il rimedio con maggiori benefici per la popolazione e per l’ambiente. Oppure con

chemical processes to capture CO2 from the air and store it away on very long timescales. In a process known as Direct Air Carbon Capture and Storage (DACCS), CO2 is extracted directly from the air and stored in geological formations deep underground. Converting waste plant material into a charcoal-like substance called biochar and burying it in soil can also be used to store carbon away from the atmosphere for decades to centuries.

Ho letto solo dei pezzi qua e là, non fidatevi troppo della mia impressione. Detto questo, mi sembra il primo rapporto che cerca davvero di coniugare gli interventi strettamente legati alla riduzione del rischio idrogeologico ed economico (mitigazione e adattamento) e parecchi scopi dello sviluppo sostenibile.
Ne vien fuori un certo ottimismo che la situazione attuale – a cominciare dalle migrazioni di massa in Africa, America Latina, Asia ed Europa – non sembra giustificare.
Ce n’est qu’un début. Due “GW of 1.5 °C” su livello del mare e fusione dei ghiacci, agricoltura e land use in generale dovrebbero uscire l’anno prossimo.
Rif. una sintesi molto più competente di Gavin Schmidt su Real Climate; fra i molti articoli sul tema del Guardian, “We have 12 years to limit climate change catastrophe, warns UN” di Jonathan Watts (nonostante il titolo assurdo); Bob Derwin e Phil McKenna – sugli altri inquinanti –  di Inside Climate News; “37 things you need to know“, Climate Home News
Se ne leggo altri “sostanziosi”, li aggiungo.

***

Il premio in onore di Alfred Nobel per l’economia è stato assegnato a

William D. Nordhaus “for integrating climate change into long-run macroeconomic analysis” and Paul M. Romer “for integrating technological innovations into long-run macroeconomic analysis.”

Si completano bene.
Nordhaus è una celebrità (ho letto articoli suoi perfino io!), anche per come rintuzza i negaioli. E’ stato uno dei primi a stimare, con grande ottimismo, un “costo del carbonio”, e a costruire modelli econo-climatici – delle varianti di Integrated Assesment Models, chiamati DICE (Dynamic Integrated Climate-Economy) e RICE (Regional Int. Clim-Econ) – che un giorno forse diventeranno via via più realistici.

All’inizio andava per tentativi ed errori: quando era criticato dai climatologi se la prendeva, poi ci ripensava. Sugli esiti, è più pessimista di Romer, secondo le sue proiezioni non si riesce a contenere il GW entro i 2 °C, sarebbe già tanto entro i 2,5 °C.
Di Paul Romer – che mi sta simpatico per una questione di statistica –  non ho letto nessun paper, rimando al suo sito; a Tyler Cowen su “Marginal Revolution”; Kevin Bryan di “A fine theorem” che ricorda il saggio di Tobin e Nordhaus dalle previsioni azzeccate secondo me (l’esaurimento dei combustibili fossili previsto dal Club di Roma non c’è stato, per il clima il problema è che ne restano troppi da bruciare).

Esther Duflo Abhijit Banerjee, no eh?

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A proposito di fisica e bulli, Athene Donald dell’univ. di Cambridge, racconta la propria esperienza sul Guardian. Abstract: prof, non faccia l’onda…

3 commenti

  1. “a condizione di smetterla subito di procrastinare.”
    e della fondamentale procrastinazione della procreazione ? se ne parla?

  2. Veramente per avere probabilità accettabili di stare al di sotto dei 2,5 gradi a fine secolo occorrerebbero misure globali che attualmente sono pure potenzialità aristoteliche.
    Se gli impegni volontari (il che vuol dire: non è affatto certo che verranno mantenuti) sottoscritti dalle varie nazioni a Parigi verranno rispettati, si prevedono (vedi ad es. il sito di Carbon tracker) oltre 3 gradi di aumento

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