Il colore del New Deal – O's digest

L’Economist dedica la copertina, l’editoriale di apertura e il “briefing” all’aumento della produzione di petrolio previsto da ExxonMobil e consorelle. Titolone “Crude Awakening – ExxonMobil and the oil industry are making a bet that could end up wrecking the climate”.
Non ci si può fidare dei petrolieri, conclude l’editoriale, quindi deve pensarci la politica. L’esempio negativo è la tassa di Macron sul diesel con conseguente rivolta dei gilets jaunes; quello positivo è la carbon tax di Trudeau ridistribuita con uno sconto fiscale per i redditi più bassi e un aumento del prelievo sulle aziende che consumano più combustibili fossili. (Una soluzione simile a quella preferita da Jim Hansen; un dividendo uguale per tutti è stato appena proposto dal Wall Street Journal…)

In “Brave new deal – A bold new plan to tackle climate change ignores economic orthodoxy”, Free Exchange analizza il Green New Deal proposto da Alexandria Octavio-Cortez e altri congressisti democratici e repubblicani. Il suo difetto principale, per i difensori del libero mercato come l’Economist, sta nel fatto che ignora la carbon tax raccomandata dagli economisti e perfino da Exxon Mobil. Come il New Deal di Roosevelt, quello Green prevede invece investimenti pubblici in infrastrutture – fatiscenti in USA perché risalgono agli anni Trenta – ed educazione.

Il secondo difetto è che questi investimenti non sarebbero sottoposti a un’analisi di costi e benefici, ma non è vero. Ce ne sono a dozzine per singoli stati e per l’intero paese, e nessuna dimostra che infrastrutture più efficienti e l’educazione danneggino l’economia. (Dal giugno 2017, un mese sì e uno no Trump annuncia una “Infrastructure Week“, ormai diventata una “barzelletta”.)

Secondo i proponenti del Green New Deal – nonché decine di climatologi e premi Nobel per l’economia come Paul Krugman e Josef Stiglitz – conclude Free Exchange

  • Climate change is not a market glitch to be fixed through pricing, but part of a dire social crisis. It is hard to judge such arguments without decades of hindsight. But they seem to be winning, raising the possibility that, for the moment, economists have lost the chance to lead the fight against climate change.

In realtà, il Green New Deal riguarda anche il diritto all’aria e all’acqua pulita garantito da apposite leggi dai tempi di Nixon e mai fatte rispettare, non solo la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Inoltre sono quarant’anni che Exxon Mobil et al. scommettono sulla disinformazione per difendere il proprio diritto di inquinare l’ambiente e danneggiare la salute della popolazione.

Con l’aiuto dell’Economist che fino al 2008 propagandava le tesi di Lomborg e del cosiddetto Consenso di Copenaghen secondo i quali bisogna estrarre più petrolio e carbone per aiutare i paesi in via di sviluppo a “uscire dalla povertà”, tra l’altro.

Guarda caso, sono proprio i paesi dove l’elettricità da energie rinnovabili ha superato quella da combustibili fossili perché costa meno. Un successo del libero mercato, no?
Costa meno anche nel South Australia dove oltre un terzo dell’investimento iniziale (US$ 65,8 milioni) di un’azienda francese in batterie Tesla abbinate a un parco eolico è stato ripagato in meno di un anno di attività. Un successo della finanza globale, no?

Non so se sarà ripetibile, ma proprio in Australia l’ultima ondata di calore aveva costretto alcune centrali a carbone e gas a chiudere o a creare black-out.

E “l’ortodossia” non era uscita sconfitta dalla crisi del 2008, dal fallimento delle misure anti-deficit e della teoria del “trickle down“? L’ortodossia anti-keynesiana aveva torto ai tempi di Roosevelt che l’aveva aggirata con un deficit di “emergenza”. Perché fidarsene oggi se perfino stando all’Economist i danni economici causati dai cambiamenti climatici sono già un’emergenza?

Le proposte del Green New Deal fanno discutere in USA, dove pochi donatori condizionano le elezioni e le decisioni politiche, ma ce ne sono di simili anche nella UE, rif. per esempio queste  della European Environment Agency o il “Patto delle donne per l’ambiente e il clima” che verrà presentato prima delle elezioni europee. Forse sarebbe il caso di discuterne anche fuori dalle Ong?

Nel frattempo, la decarbonizzazione prosegue anche se troppo lentamente. In USA, le centrali a carbone chiudono. La Banca mondiale doveva finanziarne ancora una – l’ultima della serie – in Kosovo, ma ci ha rinunciato, la speranza è che la finanzi Trump, cioè i contribuenti americani. In Australia, scrive oggi Bianca Nogradi su Nature, il Tribunale per il territorio e l’ambiente del New South Wales ha rifiutato di autorizzare l’apertura di una nuova miniera:

  • It is the first time a new coal mine has been rejected in Australia, the world’s leading coal exporter, beca0use of the potential contribution to global warming.

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“Dopo sei anni e decine di milioni in spese legali”, scrive Sharon Begley su STAT, l’università della California a Berkeley ha vinto l’ultimo appello. L’Ufficio Brevetti statunitense ha riconosciuto la priorità della sua richiesta di brevetti per la tecnica CRISPR-Cas9. Le applicazioni comprendono quelle per le cellule eucariotiche dei brevetti concessi al Broad Institute – che farà ricorso? Sia l’università che il Broad – un centro dell’università Harvard e del MIT – avevano già concesso l’uso dei brevetti alle proprie start-up.

Dopo la scoperta del meccanismo CRISPR-Cas nei batteri dello yogurt, quando Emanuelle Charpentier era finanziata dalla Danone, le ricerche per adattarla ad altre cellule sono state pagate da enti pubblici. Viste le applicazioni potenzialmente miliardarie da parte di aziende biotech, immagino che sia irrilevante…

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Su Nature, a distanza di cinque giorni escono due appelli a una maggiore integrità scientifica mentre si moltiplicano le notizie di frodi, violazioni delle norme bioetiche e conflitti d’interesse. Stando a Retraction Watch (deprimente, ma meno di Leonid Schneider!) prevalgono tuttora nel settore biomed, seguito da vicino dalla chimica e dalla fisica dei materiali.

Per le frodi e la violazione delle norme bioetiche, il primo paese è la Cina, rif. anche Derek Lowe sul blog “In the pipeline” di Science. Lowe aveva anche scritto “Nationalist medicine? What crap is that?” sull’interferenza politica nella ricerca – non solo in Cina e in Ungheria, aggiungo io.

Per BigPharma, rendono di più i fondi versati ai direttori di laboratori “accademici” che sono anche editor di importanti riviste biomed, stimano Victoria Wong et al. su PLoS One, con una certa cautela. E’ possibile stimarlo per gli Stati Uniti perché da cinque anni esiste il registro Open Payments stabilito dalla legge sulla trasparenza. Esisterebbe anche nell’Unione Europea dal 2017, ma ogni paese rispetta la legge a modo suo.

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Bellezza e poesia nel nano-pattume
Da For better science, Smut Clyde invita ad ammirare i falsi in 16 articoli di Sudheer Khan, un fisico indiano già noto ai lettori di Retraction Watch, e in 23 di Ali Fakhri, un chimico iraniano che gli fa concorrenza. Come scrive Leonid:

  • Smut Clyde always manages to find beauty and poetry in nano-garbage. 

N.B. Quegli articoli non sono usciti su riviste spennapolli.

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Piano S
Come previsto, entro l’8 febbraio università, enti di ricerca, associazioni scientifiche, singoli ricercatori, editori non profit ecc. hanno mandato al gruppo cOAlition S il proprio parere su come realizzare il piano di Robert-Jan Smits (e dell’editore Frontiers) per l’open access nella UE.
Trovate i link a quelli pubblici nei tweet di Richard Poynter che segnala anche un articolo di Lise Janicke-Hinchcliffe uscito oggi da Scholarly Kitchen:

Deve aver letto ininterrottamente da venerdì. Complimenti, prof! Identifica sette temi, avvertendo che ce ne sono molti altri. Il primo è che tutti si dichiarano favorevoli all’open access,

  • This quickly became so obvious that I started paying more attention to how the rhetorical move was made in each document, transitioning from a statement of the support for the goal of open access to the critique that was about to be made of the mechanisms detailed in implementation guidance. The nature of that rhetorical move often set up the overall tone of the particular response as more positive or more negative.

Gli altri sei temi criticano come verrebbe imposto.

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Sempre a proposito di economia e di agro-ecologia, i media riprendono dal Guardian di ieri la notizia di questa rassegna di due entomologi australiani. Stimano che la massa degli insetti cala del 2,5% all’anno, e che il 40% è a rischio di estinzione nei prossimi decenni (corretto – h/t R.) Cause: distruzione degli habitat a volte dovuta ai cambiamenti climatici; agricoltura intensiva e insetticidi. Si documentano cali ed estinzioni da almeno un decennio e non succede nulla. Ormai si sa che molti insetti sono indispensabili per l’agricoltura, la sopravvivenza degli uccelli, l’equilibrio degli ecosistemi.

Tra l’altro le misure di conservazione costano poco, riducono l’inquinamento e possono pure aumentare le rese.

E’ come se Rachel Carson non avesse mai scritto Primavera silenziosa.

9 commenti

  1. Hello and thank you for your kind words about my piece. I indeed have been reading intensely! Best, Lisa
    lisahinchliffe.com

  2. Quali sarebbero i Paesi in via di sviluppo in cui la produzione di EE da fonti rinnovabili avrebbe superato quella da fonti fossili?
    Cina ed India (per citare le Nazioni che hanno fatto oltrepassare negli ultimi decenni la soglia della povertà a milioni di loro cittadini) ad esempio anche se investono ogni anno diverse decine di miliardi di $ in eolico e fotovoltaico sono assai lontane a raggiungere la produzione delle loro centrali a carbone.
    Sulla preoccupante e massiccia perdita di biodiversità in tutto il pianeta anche degli insetti, non vedo come non possa far altro che continuare. Non tanto perchè coleotteri e ditteri e nemmeno i lepidotteri, sono incapaci di intenerire l’ opinione pubblica come i panda o i cuccioli di foca, ma perchè la causa principale dello sterminio in atto è la diffusione dell’ agricoltura, a sua volta dovuta alla crescita esplosiva di una specie di bipede che non è un’ oca per quanto di definisca sapiens.
    E per piacere evitiamo li citare come potenziale rimedio l’ agricoltura bucolica, pardon biologica, dato che avrebbe bisogno con rese mediamente inferiori rispetto a quella tradizionale di circa il 20% di devastare milioni di ettari aggiuntivi di ecosistemi naturali per poter sfamare anche la sola (si fa per dire) popolazione odierna.

    1. Lisa Janicke Hinchliffe,
      splendid work, I hope you had good coffee to help you survive.

      alberto,
      Quali sarebbero i Paesi in via di sviluppo in cui la produzione di EE da fonti rinnovabili avrebbe superato quella da fonti fossili?
      tantissimi.
      E per piacere evitiamo li citare come potenziale rimedio l’ agricoltura bucolica, pardon biologica
      non mi sembra che qualcuno l’abbia citata.

  3. Ah già dimenticavo l’ idroelettrico che in quasi tutti i Paesi in cui la produzione di EE è maggioritaria costituisce la quota parte nettamente prevalente.
    Peccato che sia visto come una minaccia (a parte il tanto lodato ma costoso ed in fondo irrilevante mini-idroelettrico) da tanti ambientalisti modernisti che non sanno fare i conti con gli svantaggi delle tecnologie che non li mandano in sollucchero.
    Per fortuna qui la santissima agricoltura biologica non è stata citata in questo caso; era nell’ articolo del Guardian che se ne parlava con la solita sviolinatura di moda.

    1. alberto,
      idroelettrico, geotermico, biomasse, solare, eolico, c’è di tutto.
      Quale sarebbe la sviolinata del Guardian all’agricoltura biologica?

    1. alberto,
      ha dimenticato quello che aveva scritto? Glielo ricopio
      Per fortuna qui la santissima agricoltura biologica non è stata citata in questo caso; era nell’ articolo del Guardian che se ne parlava con la solita sviolinatura di moda.
      Quale sarebbe la sviolinatura nell’articolo del Guardian che ho citato?

      1. alberto,
        Basta leggere gli articoli del Guardian sul tema; sono smaccatamente bucolici.
        lei ha appena dimostrato il contrario, non trovando alcuna “sviolinata” per l’agricoltura biologica nell’articolo che ho citato. Infatti, basta leggere il Guardian sul tema per rendersi conto che la linea editoriale non “esalta il bio”
        Organic farming is not always best for the environment
        Why GM is the natural solution for future farming
        Can we feed 10 billion people on organica farming alone? (risposta:no)
        altri esempi a richiesta.

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