"Non è sorprendente, purtroppo"

A proposito dell’aumento dei livelli di diossina attorno all’Ilva/Arcelor Mittal,  sabato il Ministero dell’Ambiente ha detto che ”

  • i dati rilevati dalle centraline diffusi da associazioni ambientaliste e da Angelo Bonelli dei Verdi risultano parzialmente diversi e non sono confrontabili, oltre a non essere stati validati dall’Arpa.

Dal grafico dell’Arpa pubblicato ieri da Luciano Manna i dati risultano molto simili.

Oggi l’Environmental Integrity Project, pubblica un’analisi dei dati 2018 per oltre 4600 pozzi di monitoraggio delle falde attorno alle discariche di ceneri di 265 centrali a carbone, i tre quarti di quelle in funzione negli USA, i cui proprietari devono fare monitoraggi. Le altre centrali sono esenti o avevano chiuso le discariche prima che la “Coal Ash Rule” dell’EPA entrasse in vigore nel 2015.

Nel luglio scorso Andrew Wheeler, il lobbista del carbone nominato in luglio da Trump a capo dell’EPA e confermato la settimana scorsa dal Senato, l’ha in parte soppressa con una decisione bloccata dal tribunale di Washington. “Non è sorprendente, purtroppo,” si legge nel com. stampa dell’EIP, ma dai dati aziendali risulta che

  • vicino a 242 centrali le acque di falsa contenevano livelli pericolosi di uno o più inquinanti, compreso l’arsenico … e il litio.

Le discariche sono progettate male:

  • meno del 5% sono impermeabilizzate per impedire ai contaminanti di percolare e il 59% è costruito sotto il livello dell’acqua o entro 1,5 metri da esso.

Stando alle rilevazioni delle dieci centrali più inquinanti, nelle falde e nei corsi d’acqua percola di tutto: cobalto, selenio, cadmio, radio, molibdeno ecc. Attorno alla centrale di New Castle, vicino a Pittsburgh (in fase di conversione)

  • i livelli d’arsenico nella falda sono 372 volte quelli considerati sicuri nell’acqua potabile.

Rif. anche The Guardian

***

Alla manifestazione – grandiosa! – di sabato a Milano, non ho trovato gli amici di Action Aid ma altri con studenti e figli che vogliono scioperare per il clima il 15 marzo. Gli articoli sotto sono da aggiungere alla bibliografia sugli impatti riguardanti l’agricoltura e le risorse alimentari.

Su Science di venerdì Christopher Free et al. stimano in 4,1 % tra il 1930 e il 2010 il declino medio – causato dal riscaldamento degli oceani – della produttività e quindi della “pesca sostenibile” per 235 popolazioni di 124 specie di pesci, in 38 ecoregioni. In nove popolazioni, la produttività è aumentata, ma il calo è stato molto maggiore del 4,1% per le specie più redditizie.
Ce n’è un altro in open access, con parecchi assunti da discutere sullo sviluppo economico e dei consumi di 9-10 miliardi di abitanti verso metà secolo su Science Advances. Un gruppo di ricercatori canadesi stima i benefici, per la biomassa delle specie più redditizie, del rispetto dell’Accordo di Parigi. Utilizzano un “insieme di modelli del clima e degli ecosistemi marini ed economici”, quindi è piuttosto complicato, ma in sostanza dice che con una gestione accorta della pesca il declino si può ribaltare.
Rispetto allo scenario intermedio – calo delle emissioni e +3,5 °C entro fine secolo – quello di +1,5 °C

  • prevede un aumento del pescato sostenibile globale [in base alla media 2001-2010] per le specie più redditizie di 7,3% all’anno o 3,3 milioni di tonnellate; circa il 90% dell’aumento avverrebbe nelle acque territoriali dei paesi in via di sviluppo.

Nel mercato globale, i vantaggi economici variano molto, per es. l’Europa ci rimette, la Russia soprattutto. Fra i Tropici sono maggiori perché il mercato globale influisce poco su quello locale. Sempre che le barriere coralline, attorno alle quali le specie sono più abbondanti, sopravvivano sia al caldo che alla pesca alla dinamite.

*

Nel caso delle barriere coralline vicine alla riva, scrivono Eva McLure et al. su Diversity, le specie pescabili diminuiscono di più rispetto a quelle delle barriere più distanti, per colpa dell’inquinamento che si aggiunge al caldo e agli “eventi meteo” resi più estremi dai cambiamenti climatici.

*

L’acidificazione degli oceani dovuta alle emissioni di CO2 è detta “il gemello cattivo” del riscaldamento globale. Su Scientific Reports, Alexander Lowe et al. hanno usato i dati raccolti ogni mese per 25 anni su pH, temperatura, ossigeno, salinità ecc. in 83 siti di carotaggio. Sono distribuiti negli estuari dello stato del Washington, che sarebbero rappresentativi degli ecosistemi costieri mondiali. (Non mi sembra.)
L’acidificazione varia con le stagioni, ma è sempre maggiore di quella dovuta alla sola concentrazione atmosferica di CO2. Secondo loro,

  • l’acidificazione globale degli oceani è modulata da cambiamenti locali nel metabolismo netto dell’ecosistema, indicato dalla saturazione dell’ossigeno disciolto.

Con il caldo si espandono le zone marine in cui l’ossigeno scarseggia proprio mentre alla maggior parte degli organismi ne serve di più – però le meduse si trovano bene e sono quasi tutte commestibili

3 commenti

  1. E’ interessante la catalisi dell’anidride carbonica con il cerio, se esiste la possibilità di ridurre l’energia di attivazione della reazione di conversione al carbonio allo stato solido con un catalizzatore, ed un campo elettrostatico, allora potrebbe essere possibile un utilizzo su larga scala (pensavo ai camini delle centrali a carbone)
    C’è il blog di Baez su Azimuth
    https://johncarlosbaez.wordpress.com/2019/03/02/negative-carbon-emissions/
    che sta esplorando la possibilità di usare scrubber per la concentrare l’anidride carbonica nell’aria.
    Sta esplorando, grazie al finanziamento di Bryan Johnson, le tecnologie per ridurre il cambiamento climatico
    https://johncarlosbaez.wordpress.com/2019/02/13/exploring-new-technologies/

I commenti sono chiusi.