Effetto selva

Su una chat intitolata “Oca 4”, un signore si rivolge disperatamente all’oca, avvisa un lettore premuroso (?). Il signore la diffama da anni, l’oca preferiva ignorarlo. Questa volta però, denuncia gli strafalcioni sulle foreste che l’idiota avrebbe commesso da Climalteranti dove frequenterebbe degli analfabeti e darebbe spazio a un cretino.
La sciagurata spera di ricambiare il giudizio lusinghiero con questo florilegio.

  • Su OggiScienza [la cretina] ha perfino scritto che lo scioglimento del permafrost dà uno scarso contributo alla presenza di metano in atmosfera. 

Tradito dalla memoria? Link alla fonte.

  • (Ci vuoi spiegare perché hai voluto tradurci l’articolo di Stefan Rahmstorf? Deve far parte della tua iperattività e del tuo desiderio di essere onnipresente).

Volentieri. Stefan Rahmstorf sa di cosa parla e lo scrive bene. Climalteranti è un collettivo di ricercatori che decidono insieme cosa pubblicare. Chi vuole contribuisce al testo in base alle proprie competenza. L’oca lo fa da otto anni.

  • Le cose non stanno come descritto.

Venerdì scorso su Science, la descrizione delle “cose” è stata confermata e ampliata da cinquanta e passa espertiIl signore ne ha solo sentito parlare dal Gentile dr. Mariutti? O l’ha letta senza capire che si riferisce alla “superficie disponibile” su cui piantare “foresta continua” per sfruttarne il potenziale di catturare CO2?

  • Gli alberi trasformano l’energia radiante del Sole che impatta sulle foglie in energia chimica conservata in molecole organiche di varia natura e complessità.

E a Genova c’è il mare.

  • In base al secondo principio della termodinamica, tale trasformazione coinvolge solo una frazione dell’energia assorbita. L’energia non trasformata residua viene impiegata in massima parte a evaporare attraverso gli stomi delle foglie una frazione dell’acqua assorbita dalle radici. 

Il signore ha dimenticato la lezione di termodinamica per dummies che impartiva al creazionista e fusionista freddo Uberto Mastromatteo.

Applicare il secondo principio della termodinamica a una foglia – o a una pianta – significa confonderla con un sistema isolato (effetto Dolomiti neo-creazioniste) e credere che non esista altro principio all’infuori di esso e del Creatore. Ma il primo principio dice, per esempio, che quando una foglia ormai sfinita cade, la sua ultima energia si conserva. E’ trasformata in cibo dai microbi del suolo – il quale si scalda (effetto compost: in cucina o sul balcone, una pattumiera dell’umido fa da scaldino).

  • Una foresta è pertanto un sistema che cresce a spesa di energia solare, che viene sottratta al riscaldamento dell’ambiente.

E a ri-Genova c’è il mare.

  • Invece il testo descrive erroneamente la foresta come una sorta di telo verde dotato di albedo ridotto che assorbe energia e scalda l’ambiente.

Né il testo né l’articolo di Science al quale si riferisce “descrive la foresta”.

La legge di Brandolini essendo spietata, rimando chi vuol farsi un’idea del mondo reale alle pagine 6-12 di un rapporto europeo del 2010. Sui vari biomi è un po’ datato – rif. nota in fondo. Chi ha tempo può leggere il Rapporto speciale IPCC su cambiamento climatico e uso del suolo (effetto mattone) uscito in agosto. O almeno il capitolo 2. O almeno le sezioni 2.4-2.5.

Abstract
Il “paradosso” delle foreste è che di giorno raffreddano l’aria sottostante e scaldano l’aria circostante (effetto meteo). Al contempo rilasciano aerosol che contribuiscono alla formazione di nubi (effetto meteo-climatico, lievemente più freddo che caldo). Se catturano più CO2 di quanta ne rilasciano, temperano il caldo globale (effetto climatico).

L’effetto selva dipende in primis dall’evapo-traspirazione e dall’albedo che dipendono da stagione, latitudine, elevazione,  precipitazioni (effetto omissis), dal suolo che dipende dalle specie vegetali, animali e microbiche presenti nel bioma che dipende da clima, sfruttam… (effetto omissis bis).

Le foreste tropicali stabilizzano la temperatura locale tutto l’anno (effetto termostato), ma emettono metano equivalente a 1,4 gigatonnellate di CO2/anno più di quanta ne catturano (+ effetto incendio). Si pensava che, salvo d’inverno, le foreste temperate raffreddassero, adesso “dipende”. Quelle boreali scaldano localmente e globalmente (effetto albedo) – rif. nota

  • E’ stata una buona scelta affidarsi a SR? Sarà esperto di qualcosa, non certo di botanica. Il problema è tuo, che ti fai prendere da improvvisi slanci amorosi (Stefan Rahmstorf), accompagnati da altrettanto improvvisi slanci di scherno (il Gentile Dr Mariutti).

Il signore è un chimico nucleare. Il Gentile dr. Mariutti è un laureato in storia antica con un master in geopolitica. Stefan Rahmstorf è l’oceanografo e climatologo che dirige il laboratorio di Analisi del Sistema Terrestre al PIK, dove ecologi, climatologi et al. elaborano modelli di interazioni tra evoluzione del clima e degli ecosistemi.

  • Poi l’albedo diminuisce, il permafrost si spappola, il rischio di incendi aumenta… No free lunch. [Link alla fonte]
  • No free lunch per te, ormai sei fissata. Devi metterti in testa che una foresta raffredda l’ambiente perché il fogliame non è una copertura di plastica verde a basso albedo, ma un laboratorio vivente dove l’energia luminosa viene assorbita e trasformata in energia chimica, con un residuo di energia non trasformabile (2° principio) che si traduce in evaporazione di acqua. Se ti mettono in testa che le foreste scaldano l’ambiente, è meglio che cambi frequentazioni. 

Il signore non si mette in testa che il fogliame, essendo un laboratorio vivente, scambia energia trasformabile con il proprio ambiente (effetto Dolomiti creazioniste bis).
Tra processi biochimici e meccanici (effetto frangi-vento), gli alberi producono calore latente oltre al calore sensibile (effetto compost salva-biodiversità: la peccatrice molla sotto un frassino il neonato nella speranza che il gelo notturno lo assideri dolcemente, invece una belva se lo mangia vivo.)

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Nota per chi non ha mai letto questo blog

Come sanno anche i bambini dei Fridays for Future, il riscaldamento dell’Artico è il doppio di quello globale.

Quando l’albedo dei suoli innevati e ghiacciati diminuisce, il permafrost fonde e rilascia metano che è un gas serra più potente ma meno persistente della CO2, e la temperatura aumenta (effetto foresta boreale). E’ l’amplificazione polare del cambiamento climatico prevista da Manabe e Wetherald nel 1975, confermata da misure e osservazioni pubblicate a partire dal 1969.

Sulle foreste temperate c’erano incertezze nel rapporto del 2010 e ci sono tuttora. Nel frattempo sono piovuti dati satellitari (effetto catinelle – è l’ultimo, promesso), i modelli sono migliorati e l’effetto selva dipende ancora di più dal contesto. Così in un articolo del 2017  le foreste temperate piantate nel nord-est della Cina contribuiscono al raffreddamento locale, e in uno del 2019 quelle piantate in Europa al riscaldamento globale.

Aggiunto il 26/10 – Bell’articolo dell’Internazionale sui volontari, esperti di arboricoltura compresi, che ricreano un bosco a Sappada, dov’era stato distrutto dalla tempesta Vaia (h/t Giulia Zornetta via radioprozac)

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O’s digest di Nature rimandato. Segnalo solo l’editoriale “Una precaria pietra miliare per la computazione quantistica“. Ridimensiona la campagna suprematista di Google e gli articoli che ha prodotto nei media.

3 commenti

    1. Non so cosa scrivono Oreskes et al. nel libro, ma nel caso dei rapporti IPCC, gli autori sanno già che se contiene certe affermazioni, serviranno trattative che faranno saltare la scadenza. O semplicemente non verrà approvato dai alcuni governi, com’è successo a dicembre.

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