Privilegi un po' più piccoli

Non so la vostra, ma la mia decrescita da pandemia non è infelice, solo un po’ frustrante. Avrei contribuito volentieri di più alla raccolta fondi per aiutare l’ospedale di Atessa, immagino l’ansia di Serena Tucci con i parenti bloccati in Abruzzo e lei in Usa… Ho calcolato a spanne il risparmio forzato sui libri, sulle cene e così via, cerco di tenerne un po’ da parte perché “non si sa mai” e mi sento una formica previdente.
Esagero, una cicala meno spensierata, ecco.

Dal mio balcone mi vedono solo i dirimpettai e per loro è meglio se non canto. Ma quando mi dicono che quelli “in prima linea” non hanno bisogno di “sceneggiate” ma soltanto di più dispositivi di protezione e di turni meno disumani, so che non è vero: serve tutto e subito.

Dont acte…
Per tutti quelli che sostengono Action Aid, un privilegio è che dai posti dove l’adozione a distanza di un bambino aiuta quelli di un intero villaggio, un’Ong di contadine assistita per pochi anni cresce da sola oltre la sua comunità, una scuola ricostruita dopo il tifone è di nuovo piena – arrivano mail di incoraggiamento e di consigli. E migliaia di “non siete soli”, “tutto andrà bene, guardate noi”, “forza Italia” (eh già!)”, “contate su di noi” (oh sì…).

Arrivano in tante forme e lingue, uno smartphone si trova sempre, e non solo ad Action Aid. Manca il tempo allo staff per spiegare il contesto, c’è un embarras de richesse da distribuire quando ci sarà tempo per metterci le informazioni indispensabili. Nel frattempo faccio passare, ma se usate i social, penso che ne abbiate già visti e che vi avranno fatto sorridere. O venire una lacrimuccia…

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Se è giovedì, è Nature, ma il privilegio dell’abbonamento è revocato per tutti gli articoli che riguardano la pandemia, quindi niente O’s digest. Idem per Science, trasformata anch’essa in quotidiano. Segnalo invece un aggiornamento di Joseph Wu et al. su Nature Medicine – attenzione, stima! – perché anche se riguarda solo Wuhan tra il 9 gennaio e il 29 febbraio ne esce un dato che migliora la valutazione delle probabilità:

  • per l’insieme dei casi sintomatici, il rischio di letalità  (la probabilità di morire dopo aver sviluppato i sintomi) della COVID-19 a Wuhan era dell’1,4% (0,9–2,1%), che è sostanzialmente inferiore alla stima grezza o “naif” del rischio.

Rispetto ai 48.557 casi sintomatici rilevati nella città, 2.169 decessi sono molto meno di quelli stimati in precedenza – con parecchia differenza tra le fasce di età, come al solito. Insieme a tasso di contagio, numero di test effettuati per ogni mille abitanti e altri parametri che si conoscono già, questa proporzione vincola il rapporto tra infezioni confermate, da curare, e quelle ignote: la massa critica dei portatori asintomatici o con una lieve e breve “influenza”.

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Tornando in Lombardia, trovo interessante la discussione da Climalteranti sull’effetto del coronavirus nella lotta allo smog e al riscaldamento globale. Come Antonio, trovo che

  • In questo momento non abbiamo bisogno di chi si mette a giocare al piccolo epidemiologo.

Meglio ascoltare e leggere quelli grandi.

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Per la lotta allo smog e al risc. glob. ho letto questo paper che verifica con un esperimento di laboratorio la “sicurezza ambientale” del sistema di cattura della CO2 emessa da una centrale a carbone tedesca. Il sistema sembra un po’ insensato non fosse che per il costo energetico. Bisogna “lavare” i fumi tossici con acqua di mare, toglierne la CO2 facendola scorrere a tutta birra sul un letto di calcare (“weathering”), diluirla con acqua fresca perché si è alcalinizzata e riversarla in mare.
Sarebbe da far recensire Hortensio a.k.a. Nasturzio che trovava già stravagante il progetto europeo Carbfix

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Garbage In Garbage Out?
Sempre grazie a un Climalteranti, son capitata su un comunicato stampa dell’università di Amburgo che racconta un modo per stabilizzare il permafrost diverso dall’esperimento pubblicato su Scientific Reports al quale rimanda. Sulla qualità della rivista ho già dato.
Premessa. Vicino a Chersky nel nord est della Siberia, nel 1996 Zimov padre e figlio si son fatti un Parco del Pleistocene: 2000 ettari di “rewilding”, di ritorno alla natura primordiale come la immaginano visitatori e donatori. Ci hanno portato yak, renne, bisonti europei (una razza bastarda perché i polacchi si son tenuti stretti gli ultimi rimasti), buoi muschiati, pecore islandesi, cavalli ecc. Tutti ben accuditi e nutriti.
Se potessero, gli Zimov ci aggiungerebbero dei mammut.
Com. stampa:

  • Come i cavalli possono salvare il permafrost. Grande potenziale di una nuova strategia di mitigazione.

Olé!

  • Gli esperimenti a lungo termine condotti in Russia mostrano che quando 100 animali sono tenuti in un’area di 1 km2, riducono di metà l’altezza della copertura nevosa. Christian Beer e i suoi colleghi volevano determinare l’effetto che potrebbe produrre sull’insieme del permafrost artico. L’influenza degli animali, almeno in teoria, potrebbe bastare a mitigare l’intenso riscaldamento dell’atmosfera e fermare lo scongelamento del permafrost? 

Come no!

  • Il nostro modello mostra che con branchi di animali [nel 2090-2099] il terreno si scalderebbe di 2,1 °C circa, il 44% in meno, e sarebbe abbastanza per preservare l’80% del permafrost attuale.

Sotto il bottone “Donate”, la Zimov & Son è ancora più ottimista.

Su Scientific Reports invece, Beer et al. scrivono di aver misurato le temperature della neve in uno dei pascoli recintati di dimensione ignota e con un numero ignoto di animali (vengono spostati perché la vegetazione possa ricrescere, quindi i sensori sono stati messi a varie profondità dello strato nevoso in un recinto vuoto) – da luglio 2012 a luglio 2013, e da luglio 2011 a  maggio 2013 in una zona non pascolata distante 10 km.
Mi pare un tantino audace estrapolare le temperature di un anno nella neve di un recinto a quella dell’intero permafrost artico brucato nel 2090, ipotizzando per esempio che nella natura primordiale ci fossero 114 mammut/km2. O un abbassamento medio del livello di neve dovuto al calpestio di un animale ipotetico dal peso medio ipotetico anch’esso.
Ma trovo addirittura temerario ignorare da oggi a fine secolo l’effetto del liquame fumante prodotto in media giornaliera da 114 mammut-equivalenti in 1 km2 di permafrost…

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Era un esempio buffo di Gigo, quelli documentati da Leonid Schneider, Elisabeth Bik e altri nettascienza riguardano falsificatori seriali di dati che usano cronisti creduloni per vantare un ennesimo miracolo, l’ultimo per curare la Covid-19. Dei Panzironi, insomma, ma con credenziali accademiche.

Spedirli a casa in quarantena per anni, no?

2 commenti

    1. Paolo C.,
      Come mai?, vien da chiedersi.
      Sarà pubblicità pagata. Forse anche il viaggio del cronista, ma quello è normale. Ci sono molti posti dove ho potuto andare solo così: la base di lancio di satelliti, il tunnel del CERN durante la costruzione del LHC o una riserva naturale non ancora aperta.
      E’ un po’ come essere invitata all’anteprima di un spettacolo, si può parlare con tutta la troupe e girare dietro le quinte prima e dopo.

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