Incertezze

Nelle news di Nature, Heidi Ledford parla dei molti farmaci somministrati contro la covid-19 per ridurre l’infiammazione, ma che deprimono il sistema immunitario quando il paziente ha più bisogno delle sue difese. Le domande senza risposta – quando iniziare un trattamento? sostituirlo? combinarlo? – aumentano insieme agli studi osservativi.
Poi ho letto notizie incoraggianti.

Per il momento il Sars-CoV-2 accumula circa 25,9 mutazioni all’anno – stimate su 1,2 mila genomi sequenziati da fine dicembre a oggi. L’incertezza cala con ogni mille in più e ce ne sono altri 5-6 mila da analizzare. Se guardate i colori sul diagramma, vedrete che la collaborazione dei ricercatori è planetaria e sta crescendo.
Non era successo nemmeno con l’HIV, che ci sia una nuova internazionale più altruista dell’old boys’ network?

La notizia incoraggiante è che il tasso di mutazione è circa un quinto di quello dei virus dell’influenza stagionale. Non è detto che nel fare il giro del mondo resti stabile, ovviamente, ma dà il tempo di aggiustare i vaccini studiati in vitro contro la Sars e quelli nuovi, di cominciare dei trial di fase I (non tossicità).

Di studiare meglio i suoi meccanismi infettivi – se sono lenti, in media l’incubazione dura quanti giorni? E in quanti si riproduce e dove, il virus, in quei giorni? E magari di identificare i diversi farmaci da somministrare nelle varie fasi della malattia.

Tra l’altro il genoma è un unico filamento di Rna con i geni in fila (sembrano staccati perché ci va la scritta!), non pezzi da copia-incollare dopo che sono stati amplificati dalla PCR. Quindi anche per il tasso di mutazione, l’incertezza dovrebbe essere minore rispetto ai virus dell’influenza.

E i vaccini contro l’influenza si producono tra aprile e settembre, tra la fine di un’epidemia e l’inizio della successiva con un virus mutato. Forse non c’è da sperarci per quest’anno, tutti dicono che ci vogliono come minimo dai 12 ai 18 mesi per la produzione di massa di un vaccino nuovo. E’ molto più complicato che ritagliare mascherine in un rullo di carta.

Stephen Mayhew e i suoi colleghi contano i “candidati” vaccini più velocemente dell’Organizzazione mondiale della sanità che ha pubblicato l’ultima tabella il 16 marzo. Ieri, scrivono, c’erano

  •  115 vaccine candidates of which 78 are confirmed as active and 37 are unconfirmed (development status cannot be determined from publicly available or proprietary information sources). 

Di quelli attivi, 73 sono in fase pre-clinica (di solito indica test in corso su animali o su 2 o 3 volontari), e per altri cinque (tabella I) il trial di fase I è già iniziato. La stragrande maggioranza di quelli attivi sono sviluppati da BigPharma, il resto da centri di ricerca, e quelli già trial da cinque aziende neonate o sconosciute, tre delle quali in Cina – incertezza tanta, finora la qualità non è stata il loro forte.

Poi c’è il problema della quantità. Nel caso di Ebola, l’epidemia era circoscritta, la curva declinava rapidamente, i trial dei vaccini sono finiti prima di aver reclutato tutti i volontari previsti – anche perché uno era così efficace che non sarebbe stato etico somministrare un placebo al personale medico e ai contatti dei pazienti. Uno contro il Sars-CoV-19 servirebbe a miliardi di persone. Forse a tutte. Anche quelle che hanno anticorpi oggi potrebbero avere livelli troppo bassi per essere immuni. E ancora non è possibile escludere una reinfezione.

Roxanne Khamsi chiede “Se arriva un vaccino, sarà possibile produrne abbastanza?” e come di regola nell’editoria, se c’è un punto interrogativo nel titolo la risposta è no.

Non solo per gli standard di qualità dei componenti e dei substrati, ma perché le aziende capaci di raggiungere quantità simili sono pochissime: quelle dei vaccini trivalenti e contro l’influenza stagionale. E nonostante gli sforzi della fondazione Gates, dell’Oms, delle Ong, non esiste un compratore unico che li distribuisca equamente a un prezzo sostenibile.

Potrebbe succedere come per le mascherine o i ventilatori negli Stati Uniti: i paesi più ricchi faranno incetta e li metteranno all’asta o li useranno per ricattare i paesi poveri. Nel caso dell’influenza i paesi del sud-est asiatico hanno formato un consorzio e lo hanno proposto come modello. L’assemblea dell’Oms doveva discuterne tra un mese…

*

Sempre su NatureAlison Abbott racconta le ingloriose dimissioni di Mauro Ferrari causate dal suo assenteismo, dai suoi conflitti d’interesse e dal suo gusto per i fatti “alternativi, con il solito aplomb, ma in un paragrafo cruciale, inserisce:

Mentre in quella statunitense era noto proprio per i conflitti d’interesse.

***

Le altre incertezze sono sui tempi di una ripresa economica e le scelte tremende che i governi dovranno fare. Da settimane è il tema dell’Economist, gratuito se vi registrate, con molte analisi e reportage quotidiani, e un’attenzione che pochi giornali econo-finanziari hanno per i diritti umani.

Attualmente il “consenso” fra gli economisti è che i poveri diventeranno più poveri e lo resteranno a lungo – come dice il rapporto Oxfam “Dignity, not Destitution“- e che i paesi ricchi dovranno adottare un welfare di tipo social-democratico, i cui costi saranno pagati dalle giovani generazioni.

Per ora continuo a leggere le riviste scientifiche, quelle di economia sono deprimenti. E poi le occasioni di ridere ci sono ancora. Proprio oggi il passante insonne Carlo Bianchi ha raccomandato il lungo, inevitabilmente lungo pianto greco che il Gentile dr. Mariutti ha versato discretamente sul proprio sito.

Perché Mario Tozzi e Roberto Danovaro non lo cucinino di nuovo a lasagna o perché il redattore di Econopoly s’è accorto dei grafici taroccati?

5 commenti

    1. C. Bianchi,
      il grafico originale è questo,
      https://en.wikipedia.org/wiki/History_of_tuberculosis#/media/File:Tuberculosis_in_the_USA_1861-2014.png
      Non solo la fonte non è citata e il titolo è falsificato per impedire di sapere a quale paese si riferisce, ma la curva contraddice la frase sopra. In USA la tubercolosi inizia a calare decenni prima dell’industrializzazione e della distruzione ambientale quando aumentano la scolarizzazione e l’igiene personale e pubblica.

  1. Oggi su Rai Radi 3 a Tutta la città ne parla, si è parlato del rapporto fra ambiente natura e pandemia, erano invitati Telmo Pievani, Federica Gasbarro, Mario Tozzi ed il Mariuttano insopportabilmente livoroso Pierluigi Battista, trattato in maniera fin troppo accondiscendete dal pur ottimo conduttore. Per farla breve, Dopo le solite sparate sulle sorti radiose del attuale modello di sviluppo, che ci ha dato la plastica, le autostrade e la ricerca scientifica medica portata avanti principalmente dalle industrie farmaceutiche, ha spiegato che il virus si è trasmesso solo perché i cinesi fanno i wet market. Comunque i suoi interventi da Mari Tozzi e Telmo Pievani sono stati completamente cucinati a lasagna, come dici cara oca. La puntata merita un ascolto, si trova sul sito di radio 3.
    Saluti Vittorio

  2. Sento ora la trasmissione. Battista viscido, serpentino, repellente. E stato lui a tirare in ballo il cambiamento climatico, per dire che non c’entra. Di questo ha paura, lui e la sua parte. Vedo su Twitter che è un estimatore di Luciano Pellicani, quello che ha portato le narrazioni dell’ultradestra nel cerchio magico della pseudosinistra craxiana.

    1. Grazie, Vittorio, la ascolterò ma tempo sia tempo sprecato. Battista è un Italiano parolaio che solo vuol dimostrarsi degno figlio di suo padre.

      Alberto Guidi,
      Di questo ha paura, lui e la sua parte.
      Speriamo… nel senso che sarebbe ora.

I commenti sono chiusi.