Declino degli insetti? Non nel mio cortile

Ieri pomeriggio, uno sciame d’api ha traslocato con un fracasso da elicottero nell’albero del bar-tabacchi sotto casa. Uno degli apicoltori che recuperano gli sciami doveva venire a prenderlo verso sera, ma era ripartito.

Una roba che (“erano milioni”…) s’era mai vista a memoria di vicinato, per consenso generale è merito dell’aria pulita.

Oggi Roel van Klink, Alessandro Gentile et al. pubblicano su Science una meta-analisi dei censimenti della biomassa artropodica: il declino è meno grave e globale di quanto suggeriva un’estrapolazione frettolosa. Da un lato trovano un declino dell’8,81% al decennio degli insetti terrestri, peggiore nelle aree non protette (i.e. agricole, i cortili non contano…) rispetto a stime attorno al 25%.
Dall’altro, trovano un aumento del 15% di quelli d’acqua dolce, in particolare nelle zone temperate e lo attribuiscono “probabilmente” alle leggi che limitano gli inquinanti. Recensione.

Coincidenza, questa settimana la Corte Suprema più polluter-friendly degli ultimi 50 anni ha giudicato illegale la norma con la quale – su ordine del Potus – l’Environmental Protection (sic) Agency statunitense lasciava gli impianti di depurazione scaricare liquami nei corsi d’acqua. La sentenza non è esattamente quella sperata dalle Hawaii che avevano intentato il processo contro l’EPA, ma obbliga tutta l’Unione a rispettare “gli intenti” del Clear Water Act e modifiche successive.

Le sentenze più rigorose emesse delle Corti d’appello federali dovrebbero restare a prova di Trump, insomma e meno male. I liquami finiscono nel mare che non è proprietà degli USA. One world one health…

Gretchen Vogel riassume meglio di me lo scetticismo sulla prevalenza di anticorpi per il coronavirus nelle persone testate in Germania, Paesi Bassi e USA:

  • molti scienziati mettono in dubbio l’accuratezza dei test e lamentano che vari gruppi di ricerca hanno annunciato risultati alla stampa invece di pubblicare preprint o paper i cui dati potevano essere esaminati. I critici diffidano anche perché alcuni di questi ricercatori sono noti per voler porre fine al più presto ai lockdown e altre misure di controllo, e sostengono che i dati di prevalenza danno loro ragione.

Fate passare, per favore?

Come il Potus che ha licenziato scienziati ed esperti dei suoi stessi comitati per sostituirli con ciarlatani complottisti e razzisti e insieme a loro suggerisce di iniettare o ingerire disinfettanti casalinghi contro il Sars Cov-2 (h/t Paolo C.), Bolsonaro vuol decimare sia i propri elettori che le minoranze dal colore sgradito.

S’è visto nei giorni scorsi con le fosse comuni scavate a Manaus. Al contempo lascia le BigAgro deforestare l’Amazzonia indisturbate – mancano solo le coperte infette con il vaiolo che Lord Amherst raccomandava di “donare” agli indiani per sterminarli.
Ignacio Amigo – “science reporter in Manaus” con il sostegno della fondazione Pulitzer – ha parlato con i leader e i medici di varie comunità indigene preoccupate perfino da intenzioni all’apparenza buone:

  • Il Congresso brasiliano ha approvato di recente aiuti emergenziali di 600 reais ($115) al mese a persona per le popolazioni più vulnerabili. Dovrebbero aiutare le comunità isolate ma si possono riscuotere soltanto nelle città, obbligando gli indigeni a lasciare il proprio villaggio e a rischiare il contagio. Per prevenirlo, la Fondazione indio nazionale raccomanderà alla gente di restare nella propria comunità il più a lungo possibile perché il denaro sarà a disposizione per 90 giorni. 

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Eric Stokstad ha chiesto a diversi fitogenetisti cosa pensano del paper di Fan-Qing Guo et al. uscito questa settimana su Nature Plants. Al posto dei mitocondri che producono l’energia necessaria ai processi chimici delle nostre cellule, le piante hanno dei cloroplasti che la producono per il circuito della fotosintesi (detto in parole ochesche).
Nell’A. thaliana, Fan-Qing Guo et al. ricercatori hanno rafforzato un loro gene – la “sub-unità” per una proteina – che ripara i danni del DNA e l’hanno trasferito nel tabacco e in una varietà di riso:

  • abbiamo trovato che l’aggiunta di origine nucleare della proteina D1 stimola significativamente la crescita della pianta transgenica aumentando il tasso netto di assimilazione della CO2 con conseguente aumento della biomassa e la resa dei chicchi.

Nell’A. thaliana i risultati sono stati notevoli – d’altronde quella sub-unità è sua, dice un fitogenetista a Stokstad. Nel tabacco un po’ meno e nel riso mica tanto: forse l’8-10% di resa in più rispetto a quello non transgenico quando a Shanghai la temperatura restava attorno a 36 °C per 18 giorni (nel paper le precipitazioni non sono indicate).

In Cina oggi, ci sono già periodi con una temperatura superiore e per il riso conta soprattutto quella notturna durante la crescita. Dato l’aumento previsto sia delle temperature  che della popolazione, sarebbe un bel progresso.
Ma perché non rafforzare direttamente il gene omologo del riso invece di attaccarci un pezzo estraneo?