Uomini di poca fede nei fossili

Dal 2012, 350 org promuove su scala mondiale le campagne di disinvestimento nei combustibili fossili, nate con l’idea di applicare una “pressione morale” sui detentori di capitale azionario. Com’era successo per una campagna analoga contro l’apartheid in Sudafrica, anche se molto più rapidamente, hanno aderito per prime alcune chiese cristiane, seguite da università – dalle quali la campagna era partita nel 2011 – e fondazioni filantropiche.

Tutti enti senza scopo di lucro, facile. Ma la pressione morale ha un effetto sui mercati finanziari perché aumenta l’incertezza sui ritorni futuri. Sarà che né le quotazioni in borsa delle multinazionali del petrolio e del carbone né il prezzo della loro merce accennavano a risalire, a fine aprile 1.300 istituzioni con investimenti per oltre $14 mila miliardi si erano impegnate a disinvestire e lo stavano facendo.

Su 1.300, 350 sono “organizzazioni di fede”, 42 delle quali – metodiste, anglicane, cattoliche e buddiste – hanno chiesto ieri ai governi di finanziare una “ripresa verde dalla pandemia“:

  • Il gruppo include i gesuiti britannici con un portafoglio azionario di $517,5 milioni.

I gesuiti nel mondo sono meno di 16 mila, metà dei quali nel sud-est asiatico, in Europa meridionale, in USA e Canada. In Gran Bretagna, saranno qualche centinaio di cui tre manager incaricati di gestire gli investimenti. 
In febbraio avevano già venduto metà delle azioni BP, Shell e Total. Appena in tempo. I proventi si aggiungono ai circa $400 miliardi di investimenti “guidati dallo Spirito Santo“.

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Fino al 7 aprile, stimano la mitica Corinne Le Quéré et al. su Nature Climate Change

  • At their peak, emissions in individual countries decreased by –26% on average. […] Government actions and economic incentives postcrisis will likely influence the global CO2 emissions path for decades.

Per 69 paesi che contribuiscono al 97% delle emissioni, la riduzione media è di circa 17% e da 4 a 7% su tutto l’anno. Alla concentrazione atmosferica, le fa come Rosina…
Paper in open access, com. stampa CICERO con video di Glen Peters, altri grafici e pdf del paper da Matt Jones del Tyndall Centre, mappa delle emissioni anche dopo il 7 aprile da Corinne Le Quéré.

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Le ricerche sull’ospite intermediario del Sars Cov-2 sono guidate dallo spirito di Trump, ma non è detto che riescano a identificare l’animale che ce lo ha trasmesso per primo, scrive Smriti Mallapaty su Nature. Non solo perché agli esperti di zoonosi che lavorano in USA, il Potus ha vietato di collaborare con i colleghi cinesi, ma perché i contagiati umani contagiano facilmente altri mammiferi e vice versa.

Finora risulta che, il coronavirus dei pipistrelli essendo identico soltanto al 96%, il nostro ne sarebbe disceso circa 50 anni fa, un tempo abbastanza lungo per infettare svariate specie con le quali le popolazioni del sud-est asiatico sono in contatto, per es. i pangolini della Malesia.

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A.d.r.
Grazie della fiducia, ma ogni giorno arrivano circa 8-10 comunicati stampa che annunciano i risultati preliminari di uno dei 400 e passa esperimenti clinici con farmaci e vaccini contro la covid-19. Se dovessi leggerli e – se ne fossi capace – controllare se e da chi sono autorizzati, non basterebbero giornate di 48 ore…

Visto che oggi i media locali ne parlano perché i vaccini sono all’ordine del giorno dell’assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità, segnalo i com. stampa e/o preprint  delle BigPharma (le Small Pharma non hanno mezzi di produzione):

– nel trial di fase 1 (non tossicità, per semplificare), a dose bassa e media il vaccino contro il Sars Cov-2 di Moderna innescherebbe – se il com. stampa fosse credibile – in volontari con meno di 55 anni una produzione di anticorpi che si legano al virus simile a quella dei guariti dalla covid-19. Non innesca la produzione di anticorpi che neutralizzano il virus e se infettati i vaccinati restano contagiosi.
–  oltre al preprint deludente del vaccino Oxford-Astra Zeneca nei macachi che dicevo ieri – stesso problema di Moderna – quelli del vaccino SinoVac su vari animali sono usciti in un preprint, un progresso, ma sanno un po’ di propaganda del governo cinese;
– quelli del vaccino Sanofi-GSK sembrano promettenti al governo USA che esige una prelazione, ma anche la presidente di GSK aveva già escluso che si potesse produrre prima di un anno. Se non ci riescono due colossi unendo le forze, escluderei che Moderna riesca a produrre e distribuire 300 milioni di dosi entro fine anno come promesso da Trump ai suoi seguaci.

agg. 20/05 – rif. anche Ewan Callaway su Nature.
Oggi The Lancet ha smentito una delle molte falsità scritte ieri da Trump al direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità – ottenendo dall’assemblea dei paesi membri l’opposto di quello che sperava.

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“Perché servono modelli epidemiologici locali” e aggiornati durante un lockdown e una ripresa, scrivono Brian Castellani, sociologo, e Camilla Caiano, statistica, in un bell’articolo che spiega l’importanza del contesto in Gran Bretagna. Vale anche per gli altri posti del mondo dove il virus continua a fare vittime: Cina, Iran, Stati Uniti, Italia, Germania, Svezia
Tutti con due eccezioni.
In Nuova Zelanda sembra scomparso, i 4 “casi positivi” registrati ieri erano a bordo di una nave da crociera e sono stati rimpatriati. In Vietnam ci sono nuovi casi di contagi, ma finora non ci sono stati decessi. L’unico ricoverato in un’unità di cure intensive è un pilota inglese di 43 anni della Vietnam Airlines, al quale 160 volontari erano pronti a donare un polmone (è vietata la donazione da vivi).

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Non un vaccino, ma faute de mieux
Sempre ieri è uscita una notizia molto attesa riguardante i risultati intermedi del trial di fase II-III  – 4.600 partecipanti omosessuali e transgender maschi per tre anni, ce n’è un altro in corso per le donne – con il cabotegravir della GSK.
E’ un farmaco detto “PreP”, una profilassi contro l’HIV per chi ha uno o più partner sieropositivi. Ce ne sono altri, ma questo va iniettato soltanto ogni 8 settimane. Presuppone una medicina territoriale e una rete di monitoraggio – per garantirlo a chi ne ha bisogno – che in molti paesi non esistono. Però è stato così efficace che per motivi etici i ricercatori hanno deciso di proporlo al gruppo di controllo che riceveva il Prevada quotidiano, come scrive Dora su Hiv-Forum.

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