"Like a detective novel"

Su Science, Linda Nordling riassume l’inchiesta di tre ricercatori della Nelson Mandela School of Medicine all’Università del KwaZulu-Natal. Hanno ricostruito il percorso del Sars Cov-2 in cinque reparti dell’ospedale privato St. Augustine, nel suo centro per la dialisi e in una casa di riposo per anziani nello stresso quartiere di Durban.

Il 9 marzo, un signore tornato di recente da un viaggio in Europa entra nel pronto soccorso che comunica con la rianimazione dove un’anziana signora era ricoverata per un infarto. Sono visitati dallo stesso medico. Lui ha sintomi di bronchite, niente febbre, viene mandato a casa.
Il resto “si legge come un giallo”, scrive Linda N. (nel suo racconto, nel rapporto dei ricercatori mica tanto).

  • Otto settimane dopo, 19 pazienti e 80 membri del personale ospedaliero erano stati infettati e 15 pazienti erano morti, metà dei decessi avvenuti nella provincia del KwaZulu-Natal fino a quel giorno. 

L’analisi uscita il 15 maggio – aggiornata al 22 maggio nel com. stampa – è la più approfondita uscita finora sulla diffusione nosocomiale. I virus sequenziati (9 di pazienti, 9 di curanti) appartenevano al clade europeo A2a e le differenze erano pochissime:

  • Questo suggerisce che tutti i casi sono originati da una singola introduzione e che i pazienti infettano di rado altri pazienti. Invece il virus era sparso nell’ospedale dal personale e sulle superfici delle attrezzature mediche. 

Il contagio seguiva anche i pazienti spostati da un reparto all’altro, ma il virus si diffondeva per contatto con le goccioline espettorate, non viaggiava nell’aria da solo come un aerosol (grassetto aggiunto, rif. commenti sotto). Invece

  • non sembrano essere avvenute infezioni nell’unità di cure intensive riservata alla covid-19, apparentemente la più rischiosa dell’ospedale. Forse perché i pazienti ammessi sono meno contagiosi o perché il personale è più diligente nel prevenire l’infezione. 

Morale: stetoscopi, termometri, visiere, occhiali, camici, lettighe, carrelli e quanto c’è sopra vanno sterilizzati tra un paziente e l’altro, guanti e mascherine usate una sola volta – come per Ebola. Agg. 26/05: le mascherine N95 si possono disinfettare come descritto in questo paper – h/t Mattia.

*

Medbunker spiega perché, salvo patologie preesistenti, la mascherina non è pericolosa, nel mio quartiere ne sembrano tutti convinti. Gli studi che ho visto finora (rassegna di quelli precedenti) dicono che se è indossata bene e senza toccarne il filtro, indossarla riduce il rischio di contagio soprattutto negli ambienti chiusi. L’esperimento con i criceti è in attesa di pubblicazione uscito su Clinical Infectious Diseases.

*

Dopo lo studio retrospettivo uscito venerdì sul Lancet, l’Oms ha sospeso temporaneamente i trial “Solidarity” con clorochina e idrossiclorochina per precauzione, mentre rivede i dati.

7 commenti

  1. “il virus si diffondeva per contatto, non viaggiando nell’aria come un aerosol”
    Cioè, una delle poche cose date per certe fin dall’inizio (un virus a trasmissione aerobica) sarebbe scorretta? O magari nel luogo della ricerca i dispositivi di protezione c’erano fin da subito, e il Sars-Cov passava per quello principalmente per contatto?

    1. Cimpy,
      resta corretta, mi son spiegata male io. Sono le goccioline che viaggiano nell’aria, una volta cadute su un oggetto bisogna toccarlo per trasportare il virus altrove. Da qui le raccomandazioni di lavarsi spesso le mani, non toccarsi la faccia, mantenere le distanze ecc.
      nel luogo della ricerca i dispositivi di protezione c’erano fin da subito
      C’erano nell’UCI, negli altri reparti no.

      Grazie Mattia, l’ho aggiunto sopra.

  2. Buongiorno, riguardo all’uso e riuso delle mascherine lascio come spunto un interessante articolo uscito il 5 maggio su ACS Nano che descrive le tecniche più sicure per la disinfezione di N95. Come disinfettarle e quante cicli di dissezione sopportano prima di perdere le loro caratteristiche filtranti sono i temi trattati nell’articolo.
    Come dicono gli stessi autori, bene saperlo in caso di scarsa disponibilità nel reperire nuove tali mascherine. Ovviamente, come tutti i paper COVID-19 related anche questo è open-access.
    un caro saluto
    https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acsnano.0c03597

  3. Anche a me questa frase
    “il virus si diffondeva per contatto, non viaggiando nell’aria come un aerosol”
    mi aveva lasciato perplesso per cui sono andato a prendermi l’articolo originale per capirci qualcosa. Se non sbaglio non è stato revisionato e qualcosa non era ben chiara.
    Se non ho capito male il senso era che per aerosol intendevano particelle in grado di viaggiare per decine di metri trasportate dall’aria (magari nelle tubazioni degli impianti climatizzatori centralizzati), mentre il contagio da droplets c’è stato eccome. L’articolo parla anche di sanificazioni che, sembra, non sono bastate perché tra gli infettati c’erano anche alcuni inconsapevoli di esserlo.

  4. Ho letto l’abstract dell’articolo sul riciclo delle mascherine: 5 min a 70°C e il tessuto non sembra danneggiarsi per parecchi cicli. E l’elastico?

    1. Infatti mi ero spiegata male, zoomx, il virus si era trasmesso dentro le goccioline.
      Di solito una mascherina N95 (respirator) ha nastri di cotone aggiustabili perché stia al suo posto, ce n’è anche uno che la ferma sul naso.

I commenti sono chiusi.